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Informazione Corretta Rassegna Stampa
28.02.2011 IC 7 - Il commento di Giacomo Kahn
Dal 13/02/2011 al 19/02/2011

Testata: Informazione Corretta
Data: 28 febbraio 2011
Pagina: 1
Autore: Giacomo Kahn
Titolo: «Il commento di Giacomo Kahn»
Il commento di Giacomo Kahn


Giacomo Kahn

Mandare a casa i dittatori………e poi?

In questo semplice e drammatico interrogativo – per ora senza risposta - sembra sintetizzarsi la maggior parte delle analisi della principale stampa italiana. Alla cronaca dei primi giorni di rivolte che hanno incendiato le piazze di Tunisi, Cairo, Tripoli e Bengasi, si succedono ora i commenti, ma soprattutto le considerazioni generali su quali possibili scenari si succederanno.

Quale sarà l’esito di queste rivolte? Vedremo nascere sistemi politici realmente democratici e rappresentativi o assisteremo all’ennesimo cambio di regime - a volte monarchico, a volte espressione di uno stesso clan, a volte presidenziale - ma sempre frutto di un compromesso oligarchico e di potere ?

Lo ha scritto molto bene Fiamma Nirenstein (Il Giornale, 22 febbraio): “Il mondo arabo produce grandi speranze e grandi preoccupazioni, è assurdo e antistorico considerare che qualcosa sia buona in sé e per sé solo perché si muove”.

L’ottimismo di maniera che vede nelle rivoluzioni di piazza il sorgere di una nuova era è non solo illogico, ma tradisce soprattutto una superficialità di giudizio che rischia noi occidentali di ritrovarci poi incapaci non solo di capire il mondo arabo, ma soprattutto rischia di trovarci disarmati (culturalmente ma anche materialmente) davanti a possibili derive islamiste e terroristiche.

Una di queste sirene dal canto ammaliante è Ugo Tramballi (Il Sole 24 Ore, 26 febbraio) che vaticina e profetizza di “nuova forma di pan-arabismo reale.... I giovani che hanno innescato la scintilla su Facebook e Twitter parlano un linguaggio arabo universale. Ma il nuovo Nasser, il leader elettronico di questa rivoluzione pan-araba, non sono loro né i computer. Nasser oggi è al-Jazeera”.

Molto più concreti, realistici, persino apocalittici i commenti di quei giornalisti che hanno una conoscenza reale del mondo arabo all’interno del quale al nuovo fenomeno dei giovani internettiani si confronta invece il vecchio e inossidabile modello dei mullah, delle scuole coraniche, dell’integralismo religioso che chiede l’applicazione della sharia, che vuole punire con la morte le diversità sessuali, che non vuole una società con pari diritti e doveri, che sottomette le donne, che considera le altre fedi religiose come ‘infedeli’ e gli ebrei come ‘porci e scimmie’.

A questo mondo e a questi ‘valori’ si richiamano, ad esempio, i Fratelli Mussulmani in Egitto che sono autori, come ricorda Giulio Meotti (Il Foglio, 25 febbraio) di una serie di editti, tutt’altro che benevoli. “Nel 1980, la Fratellanza rese nota una fatwa che proibiva la costruzione di nuove chiese. Nel 1997, la Guida suprema Mustafa Mashhour affermò che i copti dovevano pagare la ‘jizya’, la tassa che il califfo imponeva alle minoranze ebraico-cristiane. Nel 2008, il Sindacato dei medici egiziani, controllato dai Fratelli musulmani, ha proibito persino i trapianti tra persone di ‘diverso credo o nazionalità’ – leggi cristiani e musulmani. E da anni i Fratelli musulmani si oppongono a qualsiasi modifica del codice egiziano che prevede la voce ‘religione’ nelle carte di identità”.

Pensare quindi che i moti delle piazze arabe siano nati solo da giovani assetati di libertà; che le proteste siano dilagate spontaneamente senza nessuna regia, è pericoloso, oltre che stupido.

Cosa succederà se il contagio delle rivolte arabe si allargherà ad altre capitali e arriverà in Arabia Saudita, si è chiesto Carlo Panella (Libero, 25 febbraio)? “La risposta non può che essere apocalittica. Perché l’Arabia Saudita è governata da un sistema feudale che non sa rispondere se non con la repressione più feroce alle tensioni politiche e quindi ne sarebbe sconvolto. Perché è la prima trincea all’espansione dell’influenza politica dell’Iran degli ayatollah, che – senza l’ostacolo di Ryad - potrebbero dilagare in Medio Oriente. Perché tutti gli emirati del Golfo (Kuwait incluso) devono la loro stabilità (parimenti feudale) a quella di Ryad. Quindi, se salta il regime saudita e si apre una fase di instabilità nell’intera penisola arabica sarà bene che ogni famiglia in occidente vada a far legna e si compri biciclette, perché nessuno potrà più garantire il flusso di un petrolio che per più del 50% viene estratto nell’area del Golfo”.

Anche se questo contagio non dovesse realizzarsi, appare evidente che il quadro di insieme, l’assetto strategico del Medio Oriente, ne uscirà completamente modificato. “Sono pressoché convinto – ha scritto Benny Morris  (Il Foglio, 24 febbraio) - che, quando le acque si ricalmeranno, com’è inevitabile, nel giro di uno, due o tre mesi risulterà chiaro che gli interessi occidentali e israeliani in medio oriente saranno stati minati, mentre quelli anti occidentali e anti israeliani si saranno rafforzati. Analogamente, apparirà altrettanto chiaro che i regimi che sono per natura e tradizione estremamente brutali e spietati, come quelli dell’Iran, della Siria e forse della Libia, saranno riusciti a superare la tempesta, mentre i regimi più moderati e più disposti ad accettare un processo di liberalizzazione saranno stati rovesciati oppure avranno dovuto concedere terreno e potere agli elementi anti occidentali e spesso islamisti presenti all’interno di ogni paese medio orientale”.

Se guardiamo alle statistiche c’è poco da essere ottimisti: degli oltre 50 stati mussulmani, di cui 20 arabi, l’unico stato in cui la democrazia funziona è la Turchia.

Diventa quindi molto utile leggere quanto dichiarò, quasi in termini profetici in una intervista alla Stampa (giugno 2006), il maggiore islamista e storico del Medio Oriente, Bernard Lewis.

“Nel XX secolo il mondo musulmano ha rincorso l'Occidente e la modernizzazione. Questa strada è stata battuta con le migliori intenzioni, ma ha finito per avere conseguenze davvero disastrose. Per fare un esempio, la potenza dei governanti locali è aumentata esponenzialmente. Questo ha fatto sì che anche i più banali autocrati di sceiccati da operetta conquistassero un potere effettivo superiore a quello che Solimano il Magnifico deteneva nel XVI secolo. La modernizzazione ha eliminato un gran numero delle limitazioni all'azione di governo di questi monarchi……. Il popolo musulmano è sempre più consapevole di quanto la situazione si sia deteriorata nel corso dell'ultimo secolo. La società islamica ha trovato due modi di reagire a questa situazione. Nel primo caso si afferma che la modernizzazione è stata inadeguata o distorta e che occorre una vera modernizzazione, che porti alla democrazia e alla libertà. In effetti, questa idea è sostenuta da un fronte molto più ampio di quello che ci si potrebbe aspettare. Ma vi è anche, e questa è la seconda reazione, chi afferma che tutti i problemi del mondo islamico discendono dal tentativo dissennato di copiare l'Occidente. In questo caso la soluzione proposta è quella di tornare al vero e autentico Islam delle origini. Questo tipo di musulmani ritiene che ogni valore occidentale sia peccaminoso e malvagio e che i riformisti siano i lacchè dell'Occidente. I sostenitori di questa concezione aderiscono a un'interpretazione particolarmente violenta e fanatica dell'Islam. ……Si tratta del credo dei Salafisti, degli Wahhabisti e di al-Qaida”.

Ecco il dilemma davanti al quale si trovano oggi le società arabe: conquistare spazi di libertà, di uguaglianza e di parità di diritti tra uomini e donne, con libero accesso alla formazione e all’educazione, con una severa e precisa separazione tra Stato e religione; o scivolare verso sistemi teocratici e integralisti sul modello iraniano. Un dilemma con il quale dovrà inevitabilmente fare i conti anche il mondo Occidentale.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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