Tra i molti esperti di affari mediorientali, il SOLE24ORE di oggi, 26/02/2011, affida la cronaca degli ultimi avvenimenti a Farian Sabahi, che ne fa un riassuntino dal taglio scolastico. Una caduta professionale non da poco.
Rispetto alla Sabahi, Ugo Tramballi è una cima, anche se il suo ritratto di al-Jazeera, tutto un peana e un osanna, sarebbe stato più adatto ad un giornale di estrema sinistra (o estremissima destra) che non al giornale della Confindustria. Che dipendano da certi collaboratori il calo delle vendite ? Al posto di Gianni Riotta ci faremmo un pensierino.
Tramballi vede solo giovani guidati da facebook, fa salti di gioia per la libertà finalmente arrivata, e ringrazia al-Jazeera. Si vede che non ha mai visto quella Tv, non sa a chi appartiene e quale azione di propaganda svolge.
Ecco il suo articolo:
Quando parlava lui al Cairo fremevano dalla Tunisia allo Yemen. Nessun altro ha mai saputo dare carne e carattere alla vaga idea di pan-arabismo quanto Gamal Nasser. Prima di lui, per trovare qualcosa di così universalmente arabo sul piano politico, bisogna risalire ai califfati. L'idea era il socialismo e quella di un Terzo mondo che potesse diventare protagonista. Anche i partiti Bàath, Resurrezione, erano socialisti: ma non seppero mai uscire da una visione duramente ideologica e nazionale, in Siria e Iraq. Michel Aflak, il siriano che nel 1943 fondò il bàhatismo, era un intellettuale raffinato e visionario. Mancava tuttavia di quel tocco popolare, di quel linguaggio universalmente comprensibile che Nasser aveva. E che rimase intatto anche dopo il disastro della guerra del 1967. In fondo anche Nasser fallì. Dopo di lui il Medio Oriente ha continuato ad essere lontano da quella visione pan-araba ripetuta monotonamente dai suoi leader. Lontanissimo almeno fino all'inizio del 2011. Il messaggio partito da Tunisi, ripreso dal Cairo, trasformato in dramma a Tripoli e Manama, ascoltato a Sàana e Amman, è una nuova forma di pan-arabismo reale. Ogni paese avrà sviluppi diversi. Ma questo tam-tam che anche ieri, venerdì, si è ripetuto in mille piazze della regione, è pan-arabo. €I giovani che hanno innescato la scintilla su Facebook e Twitter parlano un linguaggio arabo universale. Ma il nuovo Nasser, il leader elettronico di questa rivoluzione pan-araba, non sono loro né i computer. Nasser oggi è al-Jazeera. Se le migliaia di ragazzi di Facebook sono diventati milioni è perché le loro gesta sono state raccontate e amplificate dalla prima televisione globale del mondo arabo. La stessa che aveva narrato tutte le ultime guerre mediorientali, per la prima volta da una prospettiva araba e non anglosassone. «Tutto questo rumore da una scatola di fiammiferi?», si era chiesto Mubarak quando andò in Qatar a visitare il quartier generale di al-Jazeera, allora poco più di quattro stanze e uno studio. Mubarak non poteva prevedere che sarebbe stato quel Nasser elettronico a spazzarlo via. Oggi la nuova sede di Doha è grande quanto la Lega Araba al Cairo ma conta molto di più.
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