Patetico, il pezzo di Michele Giorgio sul MANIFESTO di oggi, 26/02/2011, a pag.5. con il titolo " La rivolta del Maghreb scuote i palestinesi". Sfiora il ridicolo, perchè se c'è un fatto acclarato è l'estraneità del conflitto israelo-palestinese nelle rivolte contro i regimi autocratici arabi. Come avevano sempre sostenuto gli analisti di affari mediorientali non legati al carro ideologico anti-Usa e anti-Israele. Ma il quotidiano comunista di Rocca Cannuccia lo vuole vedere lo stesso. A quali livelli possono arrivare odio e fanatismo.
Ecco il pezzo:
Il 25 febbraio delle manifestazioni di protesta nel Nordafrica e in Medio Oriente, ad un mese esatto dall’inizio della «rivoluzione egiziana», non poteva non coinvolgere anche i palestinesi, finora soltanto sfiorati dal vento della rivolta araba. Ieri a Ramallah oltre mille palestinesi, in gran parte giovani non schierati con alcun partito, ed esponenti e attivisti della sinistra, hanno sfilato nelle strade del centro per chiedere la fine degli Accordi diOslo e, quindi, della cooperazione di sicurezza tra l’Anp di AbuMazen e Israele. Sono stati però scanditi slogan anche a sostegno della «riconciliazione » tra Fatah e Hamas e dell’unità tra Cisgiordania eGaza. Temi ben diversi da quelli al centro delle manifestazioni, organizzate dall’Anp contemporaneamente a Nablus e in altre città, che hanno visto migliaia di palestinesi protestare contro il veto posto dagli Stati Uniti, qualche giorno fa, a una proposta di risoluzione di condanna del Consiglio di Sicurezza dell’Onu nei confronti della colonizzazione israeliana. «Naturalmente anche noi ci opponiamo con forza all’occupazione e contestiamo le colonie israeliane ma, allo stesso tempo, pensiamo che non possiamo limitarci a qualche sporadica protesta contro gli Stati Uniti e la loro politica nella regione. Dobbiamo ricostruire l’unità palestinese e a dare una nuova energia al nostro popolo sotto occupazione israeliana», spiega Hassen Faraj, uno degli organizzatori della manifestazione di Ramallah. «Oggi (ieri) i giovani palestinesi di ogni orientamento, tutti insieme, hanno lanciato un segnale chiarissimo di ciò che vogliono e di ciò che faranno in futuro », aggiunge Faraj. Non siamo di fronte a un movimento di decine di migliaia di giovani palestinesi decisi ad abbattere regimi e dittatori nel nome di pane e libertà, come avvenuto in Tunisia ed Egitto. Ma tra i ragazzi palestinesi cresce forte l’esigenza di trovare politiche alternative per liberarsi dell’occupazione israeliana, il problema principale, e per rinnovare una classe politica inadeguata ad affrontare la sfida sempre più difficile per la libertà. E ciò vale non solo in Cisgiordania ma anche a Gaza dove all’inizio di gennaio un gruppo di giovani ha messo in rete un manifesto di protesta «contro tutto e tutti» che ha fatto il giro del mondo e al quale hanno poi fatto seguire un altro documento con proposte e richieste concrete rivolte ad Hamas e Fatah. «C’è un malessere diffuso tra i nostri ragazzi e i dirigenti politici di qualsiasi schieramento e partito, anche della sinistra, appaiono incapaci di comprenderlo», dice al manifesto Omar Barghouti, attivista palestinese divenuto un punto di riferimento per i gruppi di giovani che premono per un cambiamento profondo. «È qualcosa di nuovo che si è messo in moto e potenzialmente può coinvolgere tutti i palestinesi che non ce la fanno ad andare avanti in questa situazione », aggiunge Barghouti, che sottolinea l’importanza della forte richiesta - condivisa da una ampia porzione di palestinesi - di fine degli accordi di Oslo e dell’Anp nata nel 1994. Ma a Gaza non restano con le mani in mano. «Ci stiamo organizzando per proseguire le contestazioni (di Hamas e Fatah) – dice Ebaa Rezeq, 20 anni – se non cambia il modo di concepire il potere e la politica, non sarà possibile realizzare le nostre aspirazioni». Ebaa prevede una partecipazione giovanile massiccia alla manifestazione per l’unità dei palestinesi che si terrà a Gaza il 15 marzo, in contemporanea a quelle previste a Ramallah e in altre città della Cisgiordania. «Quel giorno manifesteranno anche tanti palestinesi in Israele e all’estero per affermare che siamo un solo popolo, unito ora come in passato», aggiunge la ragazza. Ieri era anche il 17esimo anniversario del massacro di 29 fedeli musulmani compiuto da un colono israeliano (Baruch Goldstein) nella Tomba dei Patriarchi di Hebron. Nella città cisgiordana sono scoppiati scontri fra l’esercito israeliano ed un migliaio di manifestanti palestinesi. Almeno quatto i feriti. I dimostranti, tra i quali attivisti stranieri e israeliani, hanno denunciato la chiusura permanente di Via Shuhada, una delle arterie commerciali di Hebron, per imposizione dei 500 coloni israeliani insediati nella città. A Rafah (Gaza), qualche ora prima, l’aviazione dello Stato ebraico aveva centrato un automobile palestinese ferendo due militanti di Hamas.
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