" E il vincitore è… la Turchia? "
di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Laura Camis de Fonseca)
Manfred Gerstenfeld
Al momento la Turchia pare il paese che più si avvantaggia per l’instabilità del mondo islamico medio orientale e nordafricano. Non grazie a quello che ha fatto, ma grazie alla perdita di potere degli altri stati.
Tre sono gli stati più importanti del Medio Oriente per popolazione: la Turchia, l’Iran e l’Egitto, ognuno con circa 70-80 milioni di abitanti. L’Arabia Saudita ha un prodotto interno lordo pro capite molto maggiore, ma una popolazione molto più piccola, poco più di 25 milioni di abitanti.
Dopo la caduta di Mubarak occorreranno molti anni prima che in Egitto emerga un leader di rilievo internazionale. Nel frattempo l’Iran cerca di sfruttare il vuoto di potere per assumere un profilo più alto. Il mandare navi da guerra in Siria tramite il canale di Suez ne è un segno visibile. L’Iran spera anche di trarre beneficio dalla distrazione dell’Occidente nei suoi confronti, ora che nel mondo islamico ci sono tanti altri problemi. Però l’Iran deve anche affrontare nuove proteste interne.
Per la Turchia la situazione in Iran presenta due possibili scenari. Nel primo Ahmadinejad rimane al potere, ma è indebolito. In questo caso la Turchia ha l’occasione di aumentare le esportazioni all’Iran, viste le sanzioni imposte dall’Occidente. Nel secondo scenario il regime dei mullah cade. Ci potrebbero essere disordini in Iran, che però non disturberebbero molto la Turchia, i cui centri di potere sono ben lontani dal confine. L’Iran come concorrente per l’egemonia sul Medio Oriente verrebbe a cadere.
Potrebbe sorgere un nuovo tipo di ‘impero ottomano’: non più un impero coloniale ma un ambito d’egemonia turca. Il Ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu è un accademico che promuove il neo-osmanismo come una specie di Commonwealth turco-musulmano. Il declino di altri paesi della regione cambierebbe i giochi per chi ha bisogno protezione. Se cade il regime iraniano non soltanto Hamas – che ha già buoni rapporti con la Turchia – ma molti altri paesi e gruppi, Hezbollah incluso, dovrebbero rivolgersi alla Turchia per assistenza e guida.
Anche rispetto all’Occidente la situazione della Turchia si è rafforzata, grazie al suo essere stabile in una regione instabile. Come membro della NATO ha accesso a molti segreti militari dell’Occidente. E’ difficile che entri nell’Unione Europea, ma può giocarsi bene anche il fatto che l’Unione la disdegni, giustificando eventuali attacchi verbali a qualche stato membro. Le rimangono però sempre paesi amici pronti a sostenere l’entrata della Turchia nella UE. Il sostenitore più forte è l’Inghilterra, ma ci sono anche Svezia e Belgio (che ha avuto la presidenza della UE recentemente). La Turchia non ha da preoccuparsi: se non viene fatta entrare nell’UE, viene lautamente ricompensata con concessioni economiche.
Molti si chiedono dove mai voglia portare il paese l’enigmatico e poco diplomatico primo ministro Recep Tayyp Erdogan. Per ora pare che voglia giocare su tutti i tavoli.
Come in molti altri casi, l’atteggiamento verso Israele e gli ebrei è un primo indicatore di una nuova politica. Nel 2004 Erdogan accusò Israele di terrorismo di stato. Nel 2005 venne in visita, per riparare i danni. Col senno di poi è chiaro che è stato il primo segnale del doppio gioco. E’ toccato a Israele per primo, ma non soltanto a Israele. Per esempio durante un discorso a Colonia nel 2008 Erdogan preoccupò molti tedeschi con le sue affermazioni, a proposito dell’integrazione degli immigrati turchi, che gli immigrati non debbono lasciarsi integrare. Parole pesanti, considerando che la Germania ha il maggior numero di immigrati turchi in Europa.
La comunità ebraica in Turchia è una delle poche che ancora esistono nei paesi islamici. Lo studioso Rifat Bali, ebreo turco, si chiede se ha ancora un futuro. Negli ultimi anni la Comunità è stata oggetto di molti attacchi verbali da parte di nazionalisti e islamisti. Bali scrive che in un paese in cui già esiste ed è diffuso l’antisemitismo e il risentimento anti-israeliano non c’è da stupirsi se la popolazione ha percepito la questione della flottiglia su Gaza come l’assassinio di musulmani turchi da parte dell’esercito ebraico e ha iniziato a chiedere agli ebrei turchi da che parte stanno. ‘L’incidente - scrive – ha dato il via a un’ondata di antisemitismo e di teorie del complotto sulla stampa turca e da parte di personaggi pubblici.’ Le autorità però garantiscono la sicurezza fisica degli ebrei, soprattutto dopo l’assassinio del dentista ebreo Yasef Yahua nel 2003 e il lancio di bombe contro due sinagoghe pochi mesi dopo.
Molti sono i segni di mancata integrazione da parte di molti immigrati turchi in Europa, soprattutto in Germania. Erdogan certamente non è contento del ripudio del multiculturalismo espresso dal governo tedesco. Potrebbe cercar di alimentare proteste fra gli immigrati turchi in Germania, per poi mostrare di nuovo segni di riconciliazione.
Ma come già detto l’indicatore migliore è osservare con attenzione l’atteggiamento della Turchia verso Israele e gli ebrei. Erdogan potrebbe riuscire a mantenere un atteggiamento ambiguo ancora molto a lungo. Ma la Turchia non è una potenza globale. Non può far finta a lungo di essere molto più importante di quello che è. La Turchia è una potenza locale all’interno di una regione economicamente sottosviluppata. Basti considerare che il suo PIL pro capite è meno di un terzo di quello di Israele.
Manfred Gerstenfeld è direttore del Jerusalem Center for Public Affairs