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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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E il vincitore è… la Turchia? 24/02/2011

" E il vincitore è… la Turchia? "
di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Laura Camis de Fonseca)


Manfred Gerstenfeld

Al momento la Turchia pare il paese che più si avvantaggia  per l’instabilità  del mondo islamico medio orientale e nordafricano.  Non grazie a quello che ha fatto,  ma grazie alla perdita di potere degli altri  stati.

Tre sono gli stati più importanti del Medio Oriente per popolazione: la Turchia, l’Iran e l’Egitto, ognuno con circa 70-80 milioni di abitanti.  L’Arabia Saudita ha un prodotto interno lordo pro capite  molto maggiore,  ma una popolazione molto più piccola,  poco più di 25 milioni  di abitanti.

Dopo la caduta di Mubarak  occorreranno molti  anni prima che in Egitto emerga un leader di rilievo internazionale.  Nel frattempo l’Iran cerca di sfruttare il vuoto di potere per  assumere un profilo più alto.  Il mandare navi da guerra in Siria tramite il canale di Suez ne è  un segno visibile.  L’Iran  spera anche di  trarre beneficio dalla distrazione dell’Occidente nei suoi confronti,  ora che nel mondo islamico ci sono tanti altri problemi.  Però l’Iran deve  anche  affrontare  nuove  proteste interne.

Per la Turchia la situazione in Iran presenta due possibili scenari.  Nel primo Ahmadinejad  rimane al potere, ma è indebolito.  In questo caso la Turchia  ha l’occasione di aumentare le esportazioni all’Iran, viste le sanzioni  imposte dall’Occidente.  Nel secondo scenario il regime dei mullah cade.  Ci potrebbero essere disordini in Iran, che però non disturberebbero molto la Turchia,  i cui centri di potere  sono ben lontani dal confine.  L’Iran come concorrente  per l’egemonia sul Medio Oriente verrebbe a cadere.
Potrebbe sorgere un nuovo tipo di ‘impero ottomano’:  non più  un impero coloniale ma un ambito d’egemonia turca.  Il  Ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu è un  accademico che  promuove il  neo-osmanismo  come una specie di Commonwealth turco-musulmano. Il declino di altri paesi della regione cambierebbe i giochi per chi ha bisogno protezione.  Se cade il regime iraniano non soltanto Hamas – che ha già buoni rapporti con la Turchia – ma molti altri paesi e gruppi, Hezbollah incluso, dovrebbero rivolgersi alla Turchia per  assistenza e guida.

Anche rispetto all’Occidente la situazione della Turchia si è rafforzata,  grazie al suo essere stabile in una regione instabile.  Come membro della NATO ha accesso a molti segreti  militari  dell’Occidente.  E’ difficile che entri nell’Unione Europea, ma può giocarsi  bene  anche  il  fatto che l’Unione la disdegni, giustificando eventuali  attacchi verbali a qualche stato membro.  Le rimangono però sempre paesi amici  pronti a sostenere l’entrata della Turchia  nella UE.   Il sostenitore più  forte è l’Inghilterra,  ma ci sono anche Svezia e Belgio (che ha avuto la presidenza della UE  recentemente).  La Turchia non ha da preoccuparsi:  se non viene fatta entrare nell’UE,  viene lautamente ricompensata con concessioni economiche.

Molti si chiedono dove mai voglia portare il paese l’enigmatico e poco diplomatico  primo ministro Recep Tayyp Erdogan.  Per ora pare che voglia  giocare su tutti i tavoli.
Come in molti altri casi, l’atteggiamento verso Israele e gli ebrei  è un primo indicatore di una nuova politica. Nel 2004 Erdogan accusò Israele di terrorismo di stato.  Nel 2005 venne in visita, per riparare i danni.  Col senno di poi è chiaro che è stato il primo segnale del doppio gioco.  E’ toccato  a Israele per primo, ma non soltanto a Israele. Per esempio durante un discorso a Colonia nel 2008 Erdogan preoccupò molti tedeschi  con le sue affermazioni, a proposito dell’integrazione degli immigrati turchi, che gli immigrati non debbono lasciarsi integrare.  Parole pesanti,  considerando che la Germania ha il maggior numero di immigrati turchi  in Europa.

La comunità ebraica in Turchia è una delle poche che ancora esistono nei paesi islamici. Lo studioso  Rifat Bali,  ebreo turco,  si chiede se ha ancora un futuro.  Negli ultimi anni la Comunità è stata oggetto di molti  attacchi verbali da parte di nazionalisti e islamisti.  Bali scrive  che in un paese in cui già esiste ed è diffuso l’antisemitismo e il risentimento anti-israeliano  non c’è da stupirsi se  la popolazione ha  percepito  la questione della  flottiglia su Gaza come l’assassinio di musulmani turchi da parte dell’esercito ebraico e  ha iniziato a chiedere agli ebrei turchi da che parte stanno.  ‘L’incidente  - scrive – ha dato il via a un’ondata di antisemitismo e di teorie del complotto sulla stampa turca e da parte di  personaggi pubblici.’  Le autorità  però garantiscono la sicurezza  fisica degli ebrei,  soprattutto dopo l’assassinio del dentista ebreo Yasef Yahua nel 2003  e  il lancio di bombe contro  due sinagoghe  pochi mesi dopo.

Molti sono i segni di mancata integrazione da parte di molti immigrati turchi in Europa, soprattutto in Germania. Erdogan certamente non è contento del ripudio del multiculturalismo espresso dal governo tedesco.  Potrebbe cercar di alimentare proteste  fra  gli immigrati turchi  in Germania,  per poi mostrare di nuovo segni di riconciliazione.
Ma come già detto l’indicatore migliore è osservare con attenzione  l’atteggiamento della Turchia verso Israele e gli ebrei.  Erdogan  potrebbe  riuscire a mantenere un atteggiamento ambiguo  ancora molto a lungo.  Ma la Turchia non è una potenza globale.  Non può far finta a lungo di essere molto più  importante di quello che è. La Turchia è una potenza locale all’interno di una regione economicamente sottosviluppata. Basti  considerare che il suo PIL pro capite è  meno di un terzo  di quello di Israele.

Manfred Gerstenfeld è direttore del Jerusalem Center for Public Affairs


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