Le feste ebraiche Yeshayahu Leibowitz
Traduzione e note di Patrizio Alberghetti
Jaca Book Euro 24
Nonostante il titolo mite, Le feste ebraiche di Yeshayahu Leibowitz è un libro davvero provocatorio. E non poteva essere altrimenti. Per tutta la sua lunga vita, Leibowitz (1903-1994) fu un grande, intrattabile, geniale bastian contrario. Nato a Riga in una famiglia benestante, educato a Berlino ed emigrato in Palestina nel 1935, ottenne ben presto la cattedra di biochimica all'Università di Gerusalemme. Nel 1948 combatté nella Guerra d'indipendenza, ma l'impegno personale, e la lunghissima carriera accademica, non gli impedirono di essere molto spesso in disaccordo con la politica dello Stato ebraico. Questo dissenso, espresso in termini taglienti e unito a un grande prestigio morale e intellettuale, ne fece una specie di coscienza critica della società israeliana, un personaggio amato da molti ma allo stesso tempo assai scomodo. L'intransigenza di Leibowitz nasceva dai suoi convincimenti religiosi, da un'idea di giudaismo tanto semplice quanto inflessibile. Per lui, la fede In Dio non poteva basarsi su alcuna speranza. Non sull'intervento divino nella storia né su qualsiasi ricompensa per le azioni giuste o punizione per quelle inique. Considerava il rapporto con il trascendente come una semplice chiamata, con cui il dare e l'avere non avevano nulla a che fare. Il fedele era - per Leibowitz - solo davanti al Creatore, e tenuto a compierne i precetti, senza chiedersi il perché. Per lui, scienziato e credente, lo stato di Israele era pura realtà mondana. Nel 1967 Leibowitz fu tra i primi a prendere apertamente posizione contro l'occupazione dei territori, che - a suo parere - avrebbe irrimediabilmente minato la dignità morale di Israele: stato e religione dovevano restare rigorosamente distinti, né era legittimo fondare le ambizioni territoriali su presunte promesse bibliche. II volume Le feste ebraiche, che raccoglie un ciclo di conversazioni tenute alla radio israeliana, offre un'ottima sintesi del credo di Leibowitz. Il calendario liturgico serve qui da cornice per mostrare, tradizione alla mano, che Dio non ha il compito di soddisfare i bisogni dell'uomo, ma è piuttosto l'uomo che deve servire Dio. La missione e l'identità dell'ebreo consiste, secondo Leibowitz, nell'applicare fino in fondo il principio della Torah li-shemah, ovvero della «Torah fine a se stessa», in un atto supremo di rinuncia al proprio sé.
Giulio Busi
Il Sole 24 Ore