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Il Manifesto Rassegna Stampa
20.02.2011 Obama mette il veto alla risoluzione Onu contro Israele
Il quotidiano di Rocca Cannuccia, ovviamente, prende le difese dell'Anp

Testata: Il Manifesto
Data: 20 febbraio 2011
Pagina: 6
Autore: Michelangelo Cocco
Titolo: «Veto Onu, la prima volta di Obama è contro i palestinesi»

Riportiamo dal MANIFESTO, quotidiano di Rocca Cannuccia, di oggi, 20/02/2011, a pag. 6, l'articolo di Michelangelo Cocco dal titolo "Veto Onu, la prima volta di Obama è contro i palestinesi".


Barack Obama

Obama ha posto il veto all'ennesima risoluzione Onu contro Israele. Sarà perchè si è reso conto che non è la politica di Israele ad affossare tutti i negoziati con i palestinesi. Cocco non condivide, e scrive : " In Cisgiordania, Gerusalemme compresa, vivono circa 500.000 coloni ebrei, in 120 insediamenti che secondo il diritto internazionale sono illegali, perché costruiti su territorio riservato al futuro stato di Palestina.". Premesso che Gerusalemme non è in Cisgiordania, ma in Israele di cui è la capitale, non si capisce perchè i suoi abitanti  vengano definiti coloni. Si tratta di regolari cittadini. Gli abitanti di Gerusalemme prima che ebrei sono israeliani. Cocco, però, li definisce ebrei e basta e trova insultante che qualcuno di loro possa pensare di vivere sul suolo ' riservato al futuro stato di Palestina '. Come Abu Mazen, anche Cocco sogna una Palestina judenrein, magari dal fiume al mare ? Un sogno irrealizzabile, se ne faccia una ragione. 
Secondo Cocco, Obama avrebbe dovuto cedere ai ricatti dell'Anp che rappresenterebbe "
la leadership più moderata possibile, proprio nel momento in cui il mondo arabo è in fermento e nel vicino Egitto alza la testa la Fratellanza musulmana, di cui Hamas, al potere a Gaza, rappresenta la filiazione palestinese". Stupisce il barlume di onestà sulla natura di Fratelli Musulmani e Hamas, ma è dovuto solo alla necessità di criticare il veto Usa alla risoluzione Onu.
Ecco l'articolo:

«Israele apprezza profondamente la decisione del presidente Obama di porre il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza». Così ieri, in un comunicato ufficiale, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha salutato il no statunitense che alle Nazioni Unite ha bloccato il documento - sottoscritto invece da tutti e 14 gli altri membri del massimo organismo dell’Onu - che condanna la colonizzazione ebraica dei Territori palestinesi occupati, definendola «il principale ostacolo al raggiungimento di una pace giusta, duratura e completa». In tutto 130 paesi hanno sostenuto questa tesi ma, in base ai regolamenti Onu, è bastata la bocciatura americana per bloccare tutto. Si è trattato del primo veto Onu di Obama. Nei giorni scorsi l’Amministrazione Usa aveva fatto pressioni affinché l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ritirasse la risoluzione, presentata dopo che Tel Aviv si era rifiutata di estendere la moratoria sugli insediamenti, chiesta a gran voce per mesi anche da Washington e dalla diplomazia internazionale. In Cisgiordania, Gerusalemme compresa, vivono circa 500.000 coloni ebrei, in 120 insediamenti che secondo il diritto internazionale sono illegali, perché costruiti su territorio riservato al futuro stato di Palestina. Come giustificare il dietrofront di Washington? Ileana Ros- Lehtinen, la nuova presidente (repubblicana) della Commissione esteri della Camera, alla vigilia del voto era stata chiara: «L’appoggio a questa dichiarazione anti-israeliana rappresenta una grande concessione ai nemici dello Stato ebraico e delle altre democrazie libere».Di fatto Obama torna alla politica della carta bianca a Israele adottata dal suo predecessore alla Casa Bianca. Il 14 aprile 2004 George W. Bush scriveva all’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon che «alla luce delle nuove realtà sul terreno, inclusi i principali centri di popolazioni israeliane già esistenti (i blocchi di colonie, ndr) è irrealistico aspettarsi che il risultato di negoziati sullo status finale sarà un pieno e completo ritorno alle linee dell’armistizio del 1949». Quella missiva fu interpretata come l’ok di Washington all’annessione israeliana dei territori occupati nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni. Yasser Abed Rabbo, ha definito «infelice» il vetoUsa che, secondo il segretario generale dell’Olp, «ha colpito la credibilità dell’amministrazione statunitense», cioè il cavallo sul quale il suo partito, al Fatah, da sempre punta per la soluzione del conflitto mediorientale. Obama da parte sua, respingendo una dopo l’altra tutte le richieste della leadership palestinese, rischia di alienarsi la simpatia di Abu Mazen e compagni, che rappresentano la leadership più moderata possibile, proprio nel momento in cui il mondo arabo è in fermento e nel vicino Egitto alza la testa la Fratellanza musulmana, di cui Hamas, al potere a Gaza, rappresenta la filiazione palestinese. Per mancanza di coraggio e/o compiacere un Congresso di destra, gli Stati Uniti rischiano di destabilizzare ulteriormente anche la Palestina.

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