Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/02/2011, pag. 5, l'articolo di Vittorio Emanuele Parsi dal titolo " L’equilibrio precario del Libano merito della missione dell’Onu ".
Unifil
Il golpe di Hezbollah rappresenterebb un 'equilibrio' per il Libano ?
L'articolo di Parsi è un elogio del contingente Unifil, ma non si capisce a che cosa sia dovuto.
La scorsa estate Israele ha tagliato un albero al confine col Libano e in tutta risposta l'esercito libanese ha sparato. Di Unifil nessuna traccia.
L'Iran ha rifornito di missili Hezbollah con l'aiuto della Siria. Unifil non è stato in grado di impedirlo.
Quali sarebbero i meriti di Unifil ?
Ecco l'articolo:
Dal 1976 al 2006 vivere a Sud del fiume Litani, a ridosso del confine tra Israele e Libano, ha significato non conoscere altro che violenza e guerra, nella totale assenza di qualunque autorità statale. Da cinque anni quest’area è forse la più sicura del Libano, soprattutto grazie alla presenza di Unifil, alla quale l’Italia contribuisce con il contingente più numeroso». Non nasconde la fierezza per l’operato dei suoi uomini (Brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli) e di quelli che li hanno preceduti, il generale Guglielmo Miglietta, comandante del settore Ovest di Unifil. E in questo Medio Oriente che ribolle, nello stesso Libano che sembra pericolosamente inclinato verso il possibile riaccendersi di un confronto violento tra le fazioni politico-confessionali, la situazione del Sud sembra davvero in controtendenza. Qui, in quello che rappresenta comunque uno dei feudi incontrastati di Hezbollah - insieme alla valle della Bekaa e ai quartieri Nord-Ovest di Beirut - persino le forti tensioni legate alla repentina fine del governo Hariri e alla sostituzione della sua maggioranza con una in cui Hezbollah gioca la parte del leone sono giunte attenuate. Il paradosso è quello per cui in ogni altra parte del Libano l’autorità dello Stato può essere affermata solo attraverso la negoziazione continua, mentre qui «essa è ricomparsa insieme ai caschi blu, che hanno di fatto consentito che l’Armée Libanaise tornasse a mettervi piede dopo trent’anni di assenza». Basterebbe questo a comprendere la rilevanza della missione Unifil.
Anche in termini regionali, d’altro canto, è davvero difficile non constatare l’importanza di una missione capace negli anni di assolvere a una pluralità di compiti: dall’aver consentito e garantito il ritiro in sicurezza delle truppe israeliane nel 2006 all’aver permesso il ridispiegamento delle forze regolari libanesi sul confine israeliano, all’aver assicurato che Hezbollah non potesse ricostituire le proprie posizioni militari nella zona a Sud del fiume Litani. «In cinque anni - precisa il generale Miglietta - non abbiamo mai dovuto procedere a sequestri di armi pesanti, né abbiamo potuto individuare alcuna attività addestrativa da parte di questa o quella milizia in tutto il territorio». La controprova è stata offerta dalle reboanti dichiarazioni rese da Nasrallah e dal ministro della Difesa israeliano appena pochi giorni fa, sulle reciproche velleità offensive. Proprio quello che sta succedendo in Egitto e in tutto il Medio Oriente spinge oggi il governo israeliano a benedire la presenza di una forza di 15.000 uomini, capace di mettere in sicurezza il confine Nord dello Stato ebraico da cui fino al 2006 proveniva la più continua e meno contrastabile minaccia. E l’inagibilità concreta della carta della «resistenza» contro «l’entità sionista» come possibile jolly con il quale scompaginare gli equilibri della politica libanese rende Hezbollah un giocatore sempre poderoso, ma meno intrattabile, all’eterno tavolo negoziale di Beirut.
Probabilmente quella di Unifil 2 è la missione di maggior successo tra le tante intraprese dalle Nazioni Unite - e il fatto che proprio l’Italia nell’estate 2006 sia stato il Paese che la rese concretamente possibile ci riempie di un legittimo orgoglio, offrendoci l’opportunità di celebrare in modo ulteriore e concreto i 150 anni dell’unità nazionale. C’è da augurarsi che il buon risultato non venga messo a repentaglio da un’altra «creatura» dell’Onu, quel Tribunale Speciale incaricato delle indagini sull’omicidio di Rafik Hariri, la cui azione appare sempre più politicamente controproducente e giuridicamente questionabile, a oltre 6 anni dalla sua istituzione.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull'e-mail sottostante