Canale di Suez: le mosse e lo stallo
di Michael Sfaradi
Canale di Suez Michael Sfaradi
La gravità e la delicatezza di ciò che sta accadendo in questi giorni intorno al passaggio del canale di Suez di due navi da guerra iraniane in rotta verso la Siria è, come al solito in questi casi, tenuta abilmente sotto tono dalla sordina dei media internazionali.
Eppure la questione non è di poco conto e, secondo gli osservatori, questi giochi di forza fra le potenze regionali sono mosse studiate a tavolino da parte di chi è alla ricerca della scintilla utile per far saltare in aria la polveriera mediorientale.
Sono anni che Ahmedinejad e il suo proconsole in Libano Nasrallah annunciano la futura distruzione dell’entità sionista, non riescono neanche a dire Israele, e sono anni che il governo di Gerusalemme tiene pazientemente un basso profilo e sopporta con pazienza biblica.
Le due navi della marina iraniana, in attesa in un porto saudita dei permessi da parte egiziana per l’attraversamento del canale, sono l’ennesima prova di forza da parte di Teheran, una prova che serve con tutta probabilità a testare il confine del basso profilo fin qui tenuto da Gerusalemme.
Le autorità egiziane hanno esitato, e continuano ad esitare, nel rilascio dei permessi di passaggio nel canale richiesti dagli iraniani e questa è la prova che le pressioni da parte israeliana sono notevoli e che, probabilmente, a Gerusalemme si è deciso che il basso profilo in questa fase non paga più e si vuole passare ad una politica più aggressiva evitando di arrivare, se possibile, allo scontro diretto.
Questa volta non si tratta di cargo civili facilmente controllabili, ricordiamo le vicende della Karine A e della Francop, che furono fermate dalla marina israeliana con a bordo carichi di armi di fabbricazione iraniana destinate alla milizia sciita Hetzbollah; quelle che si apprestano ad entrare nel mediterraneo con carichi segreti ed incontrollabili sono navi da guerra e se dovessero riuscire nel loro intento oltre alla sconfitta di immagine Israele dovrebbe fare i conti con un precedente che potrebbe ripetersi per chissà quante altre volte ancora e con un carico segreto che dalla Siria prenderebbe immediatamente la via del Libano del sud per finire nelle mani di terroristi senza scrupoli.
Le parole del premier israeliano: “ Israele deve essere pronta a qualsiasi evenienza” sono suonate come il vero campanello d’allarme di una crisi che è ancora evitabile ma che, nel caso contrario, potrebbe aprire a scenari davvero inquietanti.
Il vero quesito di questa querelle, nella cornice di cambiamento verso l’ignoto dopo la caduta di Mubarak in Egitto e di Ben Alì in Tunisia, sta nella natura del trasporto.
Questo passaggio di navi da guerra non lontano dalle coste israeliane è solo un’altra provocazione a fini politici o a bordo delle due navi c’è davvero qualcosa di estremamente pericoloso? Nel dubbio Israele può permettersi il lusso di far impunemente arrivare in zona qualche arma strategica con le conseguenze che tutti possono immaginare? Solo nelle prossime ore avremo un quadro più chiaro della situazione.
L’uscita in mare nella notte di diverse unità della marina israeliana dai porti di Haifa e Ashdod, però, non promette nulla di buono.