|
|
||
" In che direzione si dirige il Medio Oriente "
È ragionevole pensare che dall'inizio delle rivolte in Tunisia si sia incominciato a scrivere un nuovo capitolo nella storia del Medio Oriente, se non in quella del mondo intero. Per la prima volta nella storia le masse sono riuscite, in due stati arabi, a spodestare i vertici della piramide istituzionale, e ora la questione non si pone sull'eventualità che l'onda si propaghi in altri stati arabi, ma piuttosoto quando questo accadrà. La risposta non riguarda anni, bensì settimane o pochi mesi. Le proteste contro il regime sono state organizzate questa settimana in Marocco, Libia,Yemen, Bahrain e Iran, e varie organizzazioni civili e religiose in Giordania e Siria stanno diffondendo un appello che invita a manifestare in pubblico. Il futuro della maggior parte dei Paesi mediorientali è avvolto da una coltre di nebbia, principalmente perché questi stati hanno sempre agito contro gran parte della popolazione. Ad eccezione dei principati del Golfo, tutti i Paesi arabi sono conglomerati di gruppi tribali, etnici, religiosi e culturali, che nonostante le tensioni e i conflitti storici tra le diverse etnie della popolazione, sono rimasti in piedi perché i loro confini sono stati decisi dalle potenze europee, in particolare da Gran Bretagna e Francia. Il fenomeno che accomuna tutti questi Paesi, ad eccezione degli emirati del Golfo, è stato il dominio di una etnia sull' altra: gli alawiti in Siria, gli hashemiti in Giordania, gli ufficiali in Egitto, la tribù Alduleimi (cui apparteneva Saddam Hussein) in Iraq, la tribù Kad'af el-Dam in Libia, la tribù cui appartiene Ali Abdalla Tzalah in Yemen ecc. E poiché il regime basa il proprio potere su una minoranza, si regge sulla repressione della maggiornaza dei cittadini, sovente in modo crudele. Con gli anni il gruppo minoritario che detiene il potere ha costituito un sistema di alleanze interne con le autorità di altri gruppi, in modo da garantire stabilità al regime attraverso l'elargizione di benefici economici e istituzionali, ai capi militari e a influenti notabili. Così si sono sviluppati nei Paesi arabi ggruppi di potere, corrotti e arricchiti, mentre la maggioranza della popolazione è relegata ai margini e soffre per la disoccupazione (a causa dell'assenza di investimenti e fuga di capitali investiti in Europa), per la povertà, per le guerre, per la miseria, l'analfabetismo, la disperazione. La terribile situazione in cui versa la maggior parte della popolazione ha fatto sì che fiorissero un gran numero di associazioni caritatevoli di aiuto e assistenza, principalmente di stampo islamico, che operano con una missione sociale-religiosa e sopperiscono ai bisogni primari della popolazione fornendo cibo, acqua potabile, educazione e servizi sanitari, in particolare alle donne. Queste organizzazioni si riuniscono sotto il nome "Fratelli Musulmani". Il regime dà loro il permesso di operare solo se le loro attività si concentrano sulla popolazione e non estendono le loro mani sul regime. In Tunisia il loro leader è stato mandato in esilio, mentre in Egitto sono stati esclusi dalle elezioni in modo da non permetter loro di esercitare un'influenza diretta nel mondo politico. LA RIVOLUZIONE Due importanti domande si pongono: come andrà a finire e se questo sia un bene per Israele o no. Quando si parla dell'Egitto, è certo che i "Fratelli Musulmani" eserciteranno un'influenza politica e istituzionale senza precedenti. Sono il genio della lampada, che una volta uscito l'ha rotta in mille pezzi. Alla prima domanda ci sono due risposte, entrambe estreme: una è in direzione jihadista islamista, con l'interruzione del trattato di pace, la chiusura del Canale di Suez, l' allineamento con l'Iran, supporto al terrorismo e forse anche una nuova guerra con Israele. la seconda parte dalla considerazione che per sfamare 85 milioni di persone, l'Egitto ha un estremo bisogno del passaggio di navi nel canale, della ripresa del turismo e degli investimenti europei, cibo dagli Stati Uniti, e pertanto si comporterà secondo questa logica, nonostante l'influenza dei "Fratelli Musulmani". È importante ricordare che il cambiamento iniziato in questi giorni è solo l'inizio del percorso intrapreso da quei Paesi che cercano di liberarsi dai condizionamenti di un passato senza democrazia, istituzioni civili per la gestione dei conflitti. L'instabilità però continuerà per anni, l' Iraq lo dimostra: otto anni dopo la deposizione di Saddam, il sistema civile non è ancora stabile. E Israele? In conclusione: il mondo arabo si trova in un momento di rapido cambiamento, effetto di anni di repressione, e che oggi esplode con rinnovata energia e violenze contro le autorità. La strada è il leone che si è risvegliato dal sonno, ma a causa della mancanza di democrazia c'è il pericolo che i nuovi governi siano copie fedeli all'originale dei loro predecessori. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |