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Agenzia Radicale Rassegna Stampa
15.02.2011 Siria, censura: torturato a morte il regista Omar Amiralay
'reo' di aver denunciato nei suoi film il regime di al Assad. Analisi di Elena Lattes

Testata: Agenzia Radicale
Data: 15 febbraio 2011
Pagina: 1
Autore: Elena Lattes
Titolo: «Omar Amiralay e i dissidenti in Siria»

Riportiamo da AGENZIA RADICALE l'articolo di Elena Lattes dal titolo "Omar Amiralay e i dissidenti in Siria".


Bashar al Assad, Omar Amiralay

E' morto a 66 anni, secondo due fonti ufficiali diverse, per attacco di cuore o trombosi. Un'altra versione, però, meno ufficiale ma più diffusa, parla di conseguenza per le torture subite.

Omar Amiralay era un regista siriano di origini circassa, turca e araba che da tempo denunciava nei suoi film la vita sociale ed economica della Siria che continua a degradarsi sempre più da quando il Partito Baath è arrivato al potere; un Paese che va incessantemente verso la propria fine dopo essere stato tradito dai suoi governanti, disertato dalla sua intelligenza e abbandonato dai suoi intellettuali.

Nel 2005, in seguito all'uccisione di Rafiq Hariri, Amiralay aveva firmato, insieme ad altri intellettuali, una richiesta perché la Siria si ritirasse dal Libano. Diverse volte era stato arrestato dai servizi segreti, insieme ad altri dissidenti accusati di chiedere riforme politiche e liberali e le sue opere erano state messe al bando dal governo di Bashar al-Assad che controlla e censura la produzione cinematografica del Paese.

Nonostante questo, Amiralay era uno dei registi più influenti di tutto il mondo arabo e si era guadagnato la fama internazionale con film come “Diluvio nel paese del Baath” e documentari come “Cugino” sulla figura di Riad al-Turk, dissidente che ha passato 17 anni in carcere in isolamento durante la presidenza di Hafez al-Assad. Una settimana prima del suo decesso il regista siriano aveva firmato una dichiarazione di solidarietà ai manifestanti egiziani e un suo amico ha dichiarato che “è morto proprio nel momento in cui era più necessaria la sua testimonianza come voce per la libertà in Siria”.

Ora un altro dissidente rischia la stessa sorte. Si tratta di una blogger 19enne, Tal Al-Mallouhi, che sta subendo un processo segreto con l'accusa di spionaggio a favore degli Stati Uniti. Il Dipartimento USA ha condannato la pratica governativa e ha smentito ogni accusa, richiedendo l'immediata liberazione della ragazza.

La Siria, al momento non ha reagito. Tre gruppi di diritti umani hanno affermato che Tal al-Malloh era stata interrogata nel novembre scorso dall'Alta Corte per la Sicurezza dello Stato per poi far ritorno nella prigione femminile di Duma a Damasco dove pare avesse già trascorso nove mesi. Il suo blog, secondo Human Right Watch, che contiene poesie e riflessioni sulla società, si incentra soprattutto sui palestinesi e non c'è alcun riferimento alla politica siriana. Ma la polizia siriana le ha confiscato il suo computer, i cd, i libri e tutto quello che ha trovato in casa.

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