E' Benny Gantz il nuovo capo di stato maggiore d’Israele Dopo Gabi Ashkenazi. Commento della redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 15 febbraio 2011 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Un generale per Israele. Gantz, 'il rilassato' durante la guerra»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/02/2011, a pag. 3, l'articolo da titolo "Un generale per Israele. Gantz, 'il rilassato' durante la guerra".
Benny Gantz
Roma. Ieri a Tel Aviv c’è stato il passaggio di consegne al nuovo capo di stato maggiore d’Israele, Benny Gantz. Il generale uscente, Gabi Ashkenazi, gli ha passato un libretto- memorandum: vi sono elencati gli “obiettivi di Gaza”. La nomina di Gantz giunge dopo settimane di pesante discredito per l’esercito di Gerusalemme e l’uscita di scena di un altro pretendente al ruolo di capo di stato maggiore, Yoav Galant. “Gantz è gettato nel calderone mediorientale con le peggiori condizioni possibili”, si legge in un editoriale del maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth. Eppure “il principe”, come viene chiamato Gantz, sembra l’uomo giusto per far fronte alle nuove sfide belliche di Israele. In testa ci sono l’Iran pre nucleare, Hezbollah, con un arsenale sempre più massiccio, i razzi Qassam che ancora ieri sono caduti nel sud del paese provenienti da Gaza. Nessuno conosce il Libano meglio di Gantz: “Entro e esco dal Libano dal 1978”, ha detto il generale. Fu lui, nel 2000, a organizzare il ritiro israeliano dalla striscia sud del Libano. Gantz fu l’ultimo a varcare la “porta di Fatima”, “the good fence” fra Israele e Libano. Nel 2006 fu il comandante delle forze di terra che penetrarono nei villaggi sciiti a stanare e distruggere i terroristi libanesi. Gantz è un soldato prodigio di Tsahal. “Il più giovane generale della storia”. Tradizione vuole che si arrivi al grado più alto non prima dei 50 anni, mentre Gantz ha avuto il merito di arrivarci a 42. La sua carriera è segnata dai lutti militari. Il suo stesso nome lo deve a due eroi caduti nella guerra del 1948. E fu un momento di dolore, il più grande nella recente storia dell’esercito ebraico, a portare Gantz così in alto: prese infatti il posto di Erez Gerstein, il più alto ufficiale israeliano caduto in Libano dal 1982 in poi, nei quasi due decenni di conflitto tra lo stato ebraico e i gruppi radicali islamici che fanno base nel “paese dei cedri”. Nel 2000, Gantz venne assegnato alla zona più calda del conflitto: la Cisgiordania sotto l’Intifada dei kamikaze. Una stagione militare segnata dalla furiosa battaglia di Jenin, casa per casa, con Gantz a guidarla. Fu allora che fu soprannominato anche “Benny Huta”, Benny il rilassato. Perché sa sostenere la tensione come pochi altri sanno fare. Gli ex compagni di brigata lo descrivono come “nobile”, “calmo”, “dignitoso”, “senza pretese”. Figlio di sopravvissuti all’Olocausto che si sposarono in un campo di smistamento della Gran Bretagna per reduci dei lager, Gantz si fece conoscere durante la prima guerra del Libano, durante l’invasione di Ariel Sharon, comandando un’unità di paracadutisti a Beirut ovest. Fu chiamato a entrare nella “Shaldag”, l’unità segreta. Sono gli uomini delle missioni impossibili, un tempo guidati da Muki Betzer, il celebre comandante di Entebbe, in Uganda, dove rimase ucciso il fratello dell’attuale primo ministro Netanyahu. Nella veste di Shaldag, Gantz è stato anche uno dei capi della leggendaria missione di salvataggio degli ebrei etiopi. Accadde nel 1991 (nome in codice “Salomone”), quando gli Hercules C-130 d’Israele trasbordarono per due giorni consecutivi oltre 14 mila falasha, gli ebrei discendenti del re Salomone e della regina di Saba. Gantz è contrario a ulteriori disimpegni israeliani dai territori contesi: “Siamo tornati da Camp David e i palestinesi hanno iniziato un conflitto. Siamo usciti dal Libano e Hezbollah ha iniziato una guerra”. Conosce molto bene gli Stati Uniti, essendo stato consigliere militare a Washington. Non esita a parlare di “asse del male” per la triade Iran- Siria-Hezbollah. Non si conosce ancora la sua opinione sullo strike contro i reattori nucleari iraniani, mentre era nota l’opposizione del suo predecessore. Gantz ripete che l’immagine che lo ha guidato per tutta la vita è la fotografia della madre, che pesava appena venti chili alla liberazione di Bergen Belsen.
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