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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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Fine della sicurezza per gli ebrei olandesi 09/02/2011

Fine della sicurezza per gli ebrei olandesi
di Manfred Gerstenfeld

(traduzione di Angelo Pezzana)


Manfred Gerstenfeld

Il governo olandese continua a rifiutarsi di affrontare il problema della sicurezza dei suoi cittadini ebrei minacciati. La comunità ebraica ha più volte dichiarato di essere l’unico gruppo sociale al quale viene impedito di organizzare le proprie attività senza il ricorso a guardie armate e altre misure di sicurezza. La settimana scorsa, durante un dibattito nella commissione parlamentare sull’antisemitismo in Olanda, alcuni deputati hanno chiesto che il governo olandese provveda al finanziamento di misure di sicurezza per gli ebrei. Il Ministro per la sicurezza e la giustizia, Ivo Opstelten, per altro in linea con le posizioni dei suoi predecessori, ha dichiarato che la responsabilità della sicurezza è della stessa comunità ebraica,e, se necessario, delle autorità locali. Che però raramente approvano spese simili.

Il Parlamento olandese esiste da quasi 200 anni. La prima sessione plenaria sull’antisemitismo contemporaneo si tenne lo scorso giugno, dopo la publicazione sui media di una serie articoli  su episodi causati da antisemitismo.Un articolo, sull’influente NRC Handelsblad, era intitolato “ L’antisemitismo è più di un incidente, è la norma “. Il fatto che un secondo incontro parlamentare si sia tenuto alcuni mesi dopo, è il segnale che nessuna soluzione è stata trovata.

Gli obiettivi più comuni delle aggressioni per strada sono quegli ebrei che portano qualche segno che li fa riconoscere come tali. Nelle scorse settimane, diversi giornali hanno riferito che il rabbino Raph Evers, direttore del Seminario ebraico olandese, non si sarebbe più servito dei mezzi pubblici di trasporto dopo le aggressioni subite. E cammina per strada il meno possibile. Anche il rabbino capo Jacobs viene spesso insultato in pubblico. La sua abitazione è collegata direttamente con la polizia tramite un sistema di allarme. Jacobs ha ricordato come trentacinque anni fa, nessuno l’avesse mai insultato.

Ciò che i giornali non scrivono riguarda le esperienze degli ebrei che se ne sono andati a vivere in altri paesi, dopo le numerose aggressioni subìte. Un giovane ebreo olandese, che ora vive a Gerusalemme, mi ha raccontato che mentre studiava alla Amsterdam University, lavorava in un supermercato nel centro città per guadagnarsi da vivere. Portava una piccola papalina, e per questo veniva insultato due o tre volte la settimana con frasi come ‘ morte agli ebrei’, ‘ Oh Hamas, oh Hamas, gli ebrei al gas’. Insulti che arrivavano da clienti di etnia marocchina.

Ho intervistato un altro giovane, anche lui vive oggi a Gerusalemme, che indossa abiti da ortodosso.  Pochi mesi fa è andato a trovare i suoi genitori in Olanda. Arrivando dal Belgio, quando ha cambiato treno alla stazione Rozendaal al confine olandese, un tipo dall’accento olandese gli ha urlato in inglese ‘ hai ucciso Gesù’. Arrivato ad Arnhem, uscendo da un’uscita di servizio della stazione, anche lì è stato insultato. Durante il tempo che è stato in Olanda, non è quasi mai uscito dalla casa dei suoi.

Solo una parte, però, della comunità ebraica olandese è stata oggetto di aggressioni antisemite. Oltre agli attacchi contro ebrei riconoscibili dagli abiti che indossano, sono stati presi di mira i ragazzini a scuola e si sono verificate aggressioni verbali sui posti di lavoro. La comunità ebraica oggi accusa esplicitamente il forte ruolo in queste aggressioni avuto dai musulmani, che sono ora il 6% della popolazione. Quelli maggiormente responsabili appartengono alla comunità marocchina, subito dopo a quella tutca.

Nei decenni passati, i governi olandesi non hanno affettuato alcuna selezione fra i sei milioni e seicentomila immigrati. Di questi, un milione provenivano da paesi nei quali l’antisemitismo era più forte che in Olanda.Non stupisce quindi che la percentuale di antisemiti fra questi immigranti sia comparativamente molto più alta di quella olandese.  In altre parole, il governo olandese per molti anni ha perseguito una politica di immigrazione antisemita.

Sarebbe augurabile una indagine per verificare il grado di antisemitismo fra gli immigrati musulmani e paragonarlo con quello del resto della popolazione. Come sarebbe interessante analizzare fino a che punto questo antisemitismo  è alimentato all’interno delle famiglie, nelle moschee, nelle scuole, fra gli amici, o influenzato da forze esterne. Saperlo, sarebbe molto utile nella battaglia contro chi diffonde antisemitismo. Ma un’indagine di questo genere metterebbe a rischio questo grande tabù olandese.

Il dibattito parlamentare, e la successiva discussione sui media,  ha preso spunto dalla pubblicazione del mio libro “La rovina: gli ebrei in un’Olanda senza guida”. Citavo il politico olandese Frits Bolkentein, già commissario europeo, che ha dichiarato che gli ebrei ‘riconoscibili’ dovrebbero mandare i loro figli negli Stati Uniti o in Israele. Ma il mio libro non si limita all’antisemitismo, affronta altri due argomenti importanti. Il primo, il valore simbolico che gli ebrei hanno avuto in Olanda, che va ben aldilà della reale importanza della comunità stessa. Il secondo, l’analisi del rapporto nel suo insieme tra la comunità ebraica e la società olandese, dal quale si comprnedono i  molti aspetti del funzionamento e dei problemi della società olandese.

I recenti dibattiti e discussioni hanno sottolineato questi due aspetti. Il Ministro Opstelten ha dichiarato  che di fronte agli attacchi antisemiti ci sarebbe stata tolleranza zero. Purtroppo, la polizia olandese smentisce le sue parole in base a quanto avviene. Come è improbabile che ebrei ‘riconoscibili’ possano, d’ora in poi, muoversi liberi in alcune parti di questo paese.

Più o meno dieci anni fa, ci furono grandi inchieste e dibattiti nella società olandese sul fallimento del governo in merito alla restituzione  dei beni appartenuti agli ebrei depredati durante la Shoah. La critica più dura rivolta al governo fu quella di avere affidato erroneamente alla comunità ebraica l’incarico di organizzare i servizi amministrati per riavere ciò che gli era stato rubato. Una commissione d’inchiesta stabilì che questo era compito dello Stato e che doveva essere fornito gratuitamente. Uno si chiede, se in un prossimo futuro, gli investigatori stabiliranno che il governo olandese si è comportato ancora una volta scorrettamente contro gli ebrei, rifiutandosi di pagare il prezzo per la loro protezione e per le loro istituzioni comunitarie, che è appunto, e chiaramente, un compito pubblico.

Manfred Gerstenfeld è direttore del Jeruslem Center for Public Affairs


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