Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/02/2011, a pag. 17, l'articolo di Frncesco Moscatelli dal titolo " Il rabbino-detective incastra gli autori del colpo in sinagoga " e la sua intervista a Roberto Jarach, presidente della Comunità ebraica di Milano, dal titolo "Ladri troppo ingenui. E’ impossibile piazzare oggetti così rari e preziosi ".
" Il rabbino-detective incastra gli autori del colpo in sinagoga "
Rav David Sciunnach
I malviventi, quattro israeliani travestiti da ebrei ortodossi, ripresi dalle telecamere a circuito chiuso della sinagoga di via della Guastalla. La refurtiva: sei coppie di Rimonin, i puntali d’argento cesellato che sovrastano il Sefer Torà (una copia manoscritta del Pentateuco), quattro Keter, le corone votive e la chiave d’oro dell’Arron, l’armadio sacro. Tutti oggetti preziosissimi, appartenenti alla comunità ebraica di Milano dal 1600 e scampati alle persecuzioni della Shoah, che sul mercato potrebbero valere fino a 500 mila euro. Infine la fuga in Francia, il rientro con un volo di linea a Tel Aviv e l’arresto in una camera del Ramada hotel di Gerusalemme.
Come scrive il giornale Vos Iz Neias, pubblicazione on-line diffusa fra gli ebrei ortodossi sia in Israele che negli Stati Uniti, il furto avvenuto nei giorni scorsi al tempio ebraico di Milano sembra la sceneggiatura di un film. Tutto, anche la figura del rabbino-detective, che insieme ai carabinieri e alla polizia israeliana ha risolto il mistero, sembra studiato per appassionare un lettore. Ma andiamo con ordine.
La storia inizia nel pomeriggio di lunedì 31 gennaio quando, dopo la funzione, un ragazzo straniero chiede di poter pregare nella sinagoga grande di Milano. Superati i controlli antiterrorismo il permesso gli viene accordato. Nessuno si insospettisce. Nemmeno quando il giovane, che si presenta come un correligionario in viaggio di lavoro, lascia una valigia e una borsa promettendo di tornare a prenderle dopo una commissione. La seconda scena si svolge mercoledì 2 febbraio, poco prima della preghiera, nell’esatto momento in cui i custodi si stanno dando il cambio. In sinagoga si presentano altri due sconosciuti. Due complici? «Non l’avremmo mai detto. Capita spesso di ospitare qualche ebreo straniero di passaggio a Milano – spiega il Rabbino David Sciunnach, 39 anni, nato a Roma ma vissuto per dodici anni in Israele –. Del furto mi sono accorto solo venerdì mattina, mentre sistemavo i rotoli della Torah nella sinagoga grande. La chiave d’oro dell’armadio sacro non era al suo posto. Ho fatto un paio di telefonate per cercarla, poi l’ho aperto con una chiave sostitutiva. Per poco non svenivo: gli oggetti sacri più belli erano spariti; in compenso i ladri, mentre trafficavano con le valigie, avevano perso un paio di calzini arrotolati».
I carabinieri della compagnia Duomo, guidati dal capitano Lorenzo Iacobone, arrivano in quindici minuti. Poi è la volta dei Ris e del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale. La notizia si diffonde. «Ho pensato di contattare via mail alcuni commercianti che si occupano di antichità giudaiche – continua il rabbino Sciunnach -. Si tratta di un mercato di nicchia e dopo un paio d’ore i principali mercanti di New York, Londra e Parigi erano stati avvisati del furto. Alle 14 di venerdì un esperto di Tel Aviv mi ha telefonato chiedendomi quanti pezzi erano stati trafugati. Li aveva tutti lui. Glieli aveva portati per una valutazione un suo cliente - ignaro del furto - a cui erano stati offerti. Aveva già consegnato ai ladri un anticipo di 70mila dollari».
Il resto della storia scorre veloce come l’ultimo quarto d’ora di un film: i carabinieri di Milano, attraverso l’Interpol, si mettono in contatto con i colleghi israeliani. Il caso, al termine dello Shabbath, finisce sulla scrivania del responsabile del distretto di polizia di Yarkon (Tel Aviv), che chiede al cliente di andare fino in fondo nella trattativa. Uno dei ladri, il mediatore, viene arrestato nella camera d’albergo. Gli altri poco dopo. Pare si tratti di quattro ragazzi, poco più che ventenni, provenienti da Mea Sharim, il quartiere ortodosso di Gerusalemme. La banda avrebbe colpito anche altrove. Un furto su commissione andato male? «Le indagini sono ancora in corso, per il momento non posso dire se sono coinvolte altre persone», rimane abbottonato il capitano Iacobone. La refurtiva, una volta stabilito dove si terrà il processo, tornerà in Italia. «La compagnia di bandiera israeliana El Al mi ha offerto un biglietto gratuito per andare a recuperarla – conferma il rabbino Sciunnach -. Per fortuna il cielo ci ha aiutato. Dopo il furto ho chiamato un rabbino kabbalista, una persona speciale che non è di questo mondo. Un quarto d’ora dopo ho ricevuto la telefonata da Tel Aviv».
"Ladri troppo ingenui. E’ impossibile piazzare oggetti così rari e preziosi"
Roberto Jarach
«In questa storia c’è qualcosa ci che sfugge, prima di trarre conclusioni avventate è meglio attendere la fine delle indagini. Per il momento non possiamo che ringraziare le forze dell’ordine e il rabbino Sciunnach per la soluzione positiva del caso». L’ingegner Roberto Jarach, presidente della comunità ebraica di Milano dal giugno 2010, non si sbilancia.
Presidente Jarach, che idea si è fatto del furto?
«Sembra un furto studiato a tavolino da persone che conoscono bene il mercato e che si aspettavano di realizzare un buon introito. Dalle ultime notizie che ho appreso da un sito israeliano, sembra che a casa di uno degli arrestati abbiano trovato oggetti simili, forse rubati in Italia. In realtà - sto tornando proprio adesso da Roma dopo un incontro con gli altri presidenti delle comunità ebraiche – ultimamente nessuno ha denunciato problemi del genere».
Perché hanno rubato proprio i Rimonim e le Keter? Un furto su commissione?
«Hanno puntato agli oggetti di maggior valore. Risalgono al 1600 e al 1700 e sono pezzi rari di argento intarsiato. I collezionisti sono pochi, è un mercato di nicchia, e mi sembra che i ladri si siano dimostrati ingenui. Il commerciante a cui è stato chiesto di valutarli, infatti, si è subito insospettito. Sei coppie di Rimonim possono provenire solo da un furto».
La sinagoga è un luogo molto controllato. Questo episodio dimostra che c’è qualche falla nel sistema di sicurezza?
«Bisogna rafforzare l’attenzione. Ma non mi preoccuperei più di tanto. Il nostro è un sistema antiterrorismo, pensato per fermare all’ingresso persone e oggetti pericolosi, non per bloccare l’uscita. Questo non vuol dire che non ci siano smagliature. Nessuno dovrebbe poter uscire senza essere visto».
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