Riportiamo dal FATTO QUOTIDIANO del 02/02/2011, l'articolo di Riccardo Chiaberge dal titolo " Israele infiamma il Corriere " seguito dalla lettera di Dimitri Buffa dal titolo " Chi sa e chi insegna, una risposta a Riccardo Chiaberge ".
Ecco i pezzi:
Il FATTO QUOTIDIANO - Riccardo Chiaberge : " Israele infiamma il Corriere "
Riccardo Chiaberge
Non bastavano le baruffe tra gli azionisti, le proteste della Fiat per i fondi di Mucchetti, le battutacce di Della Valle contro “l’arzillo vecchietto” Bazoli, le bizze del Cdr, le proteste di redattori e redattrici per gli articoli di Ostellino sulle donne. Adesso, sul già ingombro scrittoio albertiniano di Ferruccio de Bortoli è piovuta una nuova grana: il duello (per lo più a colpi di fioretto, ma con qualche fendente sotto la cintola), tra due autorevoli editorialisti, Pierluigi Battista e Sergio Romano. Fin dal titolo, l’ultimo pamphlet di Battista Lettera a un amico antisionista (Rizzoli) sembra rifare polemicamente il verso alla famosa (e famigerata) Lettera a un amico ebreo di Romano, che tanto polverone aveva sollevato quindici anni fa. Quasi a sottintendere che il vero bersaglio è proprio l’ambasciatore. A farlo notare è stato, in una megarecensione pubblicata in prima pagina del Corriere, lo scrittore Alessandro Piperno, altra firma di punta di via Solferino e rappresentativo esponente della comunità ebraica. Come molti libri di Battista, anche questo si inserisce nel filone delle autoanalisi tutte interne alla cultura di sinistra o ex-sinistra o post-sinistra, che in Italia sembra più impegnata a sondare il proprio inconscio che a smascherare le paranoie della cultura di destra oggi imperante nei media e nel paese.
Ciò detto, l’antisionista descritto da Pigi – uno che si asciuga le lacrime dopo aver visto Schindler’s list ma non fa una piega quando Ahmadinejad convoca a Teheran l’internazionale negazionista per denunciare la “menzogna di Auschwitz” – corrisponde a una tipologia purtroppo assai familiare, che mi ha sempre provocato un’istintiva allergia. Battista non commette l’errore di assimilare l’antisionismo all’antisemitismo. Tra questi due sentimenti individua una linea di demarcazione sottile, ma anche un nesso importante: “Seppure gli antisionisti non sono tutti antisemiti senza sfumature – spiega – non c’è purtroppo antisionista che non sia prigioniero di un’ossessione che con l’antisemitismo, fatalmente, ha molte parentele. Di una malattia culturale il cui sintomo principale a me pare si possa definire come il ‘morbo della dismisura’. Dismisura nei giudizi, nei pregiudizi, nel lessico, nei furori inconsulti e incontrollati”. Insomma, Romano non sarà antisemita, ma degli antisemiti è parente stretto.
Di fronte a bordate così pesanti, perfino l’ambasciatore, di solito alieno da ogni dismisura, è costretto ad alzare la voce: “Quando parlo di Israele – precisa in una tagliente replica sul Corriere di ieri – non metto in discussione le sue origini e la sua esistenza. Discuto invece il sionismo realizzato, vale a dire lo Stato sorto nel 1948, la sua configurazione e la sua politica. E constato alcune anomalie che hanno evidenti ricadute sulla situazione internazionale e rendono la questione palestinese terribilmente imbrogliata”. Nessuna ambiguità sull’Olocausto, “senza dubbio il peggior crimine del secolo, molto più grave… dei giganteschi massacri staliniani”. Ma attenzione, “se viene usato per zittire i critici d’Israele, corre il serio rischio di venire declassato a strumento politico. Il caso americano è particolarmente significativo. Ogniqualvolta il governo degli Stati Uniti si appresta ad adottare una linea politica sgradita a Israele, la lobby filoisraeliana scende in campo con tutte le forze e le alleanze di cui dispone, e riesce generalmente a trasformare la maggiore potenza mondiale in un mediatore impotente. Che cosa accadrà il giorno in cui gli Stati Uniti si accorgeranno che gli interessi israeliani non sono sempre necessariamente quelli dell’America? Molti ebrei americani ne sono consapevoli e provano un evidente disagio. Se queste analisi e queste preoccupazioni sono antisioniste – conclude Romano – eccomi qui. Ma la definizione non mi convince”.
Chiuso l’incidente? Macché. A dare man forte a Battista scendono in campo gli anti-antisionisti di Informazionecorretta.com, implacabili censori di ogni articolo non incondizionatamente encomiastico verso la politica israeliana. “Diciamo la verità – commenta acido Giorgio Israel. – Se Sergio Romano si esprimesse sulla questione ebraica e sul sionismo con lo stile che ha usato sul Corriere, si potrebbe rimanere in dissenso totale con lui e considerare le sue tesi come totalmente infondate ma non accusarlo di usare un linguaggio, diciamo così, ‘politicamente scorretto’. Ma non risulta che egli abbia fatto ammenda di tante espressioni spiacevoli (per usare un eufemismo), come: l’ebraismo definito ‘il catechismo fossile di una delle più antiche, introverse e retrograde confessioni religiose mai praticate in Occidente’, la definizione della Shoah come ‘polizza di assicurazione’ o dell’ebreo come ‘orgoglioso, radicale, spesso miope e intollerante’”. Se davvero ha scritto queste cose, Romano dovrebbe chiedere scusa agli ebrei. Ma anche i militanti di Informazione corretta hanno di che fare ammenda. Anni fa pubblicai, nel giornale che allora dirigevo, un bell’articolo dell’ebraista Giulio Busi sui giovani poeti israeliani. Una recensione tutta in positivo, senz’ombra di antisionismo. Commisi l’errore di affiancarla alla fotografia, molto suggestiva, di un gruppo di bambini palestinesi. Tanto bastò per attirarmi i sarcasmi dei colleghi di Informazione corretta. E diverse mail minacciose e zeppe di contumelie da parte dei loro lettori più zelanti. Evidentemente, “il morbo della dismisura” che Battista addebita agli antisionisti è una sindrome super partes, distribuita in dosi pressoché uguali nel campo avverso.
INFORMAZIONE CORRETTA - Dimitri Buffa : " Chi sa e chi insegna, una risposta a Riccardo Chiaberge "
Dimitri Buffa
Cara Informazione Corretta,
approfitto della quasi garbata polemica aperta da Riccardo Chiaberge ieri sul “Fatto quotidiano”, a pagina 18 sotto il titolo “Israele infiamma il Corriere”, per fare una osservazione e raccontare un aneddoto che mi riguarda personalmente. Considero Chiaberge un ottimo giornalista e un indimenticabile direttore del domenicale del “Sole 24 ore”, che adesso è invece ridotto come chiunque può constatare ogni domenica con i propri occhi. Ciò detto però non capisco perché, un giornalista come lui, di solito molto sensibile alle provocazioni dei vari anti israeliani di complemento del mondo della cultura italiana, si sia stupito delle parole con cui Giorgio Israel ha raccontato le espressioni usate negli anni da Sergio Romano contro Israele. Inoltre mi stupisco che Chiaberge a sua volta si stupisca dei sarcasmi dei lettori e dei collaboratori di “Informazione corretta”, entrambe categorie dello spirito cui appartengo, per il fatto di avere messo tempo fa, per sbaglio o per vezzo, una foto di bambini palestinesi quando invece si parlava da parte di Giulio Busi di “giovani poeti israeliani”. Quanto meno un po’ di auto ironia sul riflesso pavloviano, cui evidentemente lo stesso Chiaberge non è del tutto immune, di accostare sempre le immagini di poveri bambini palestinesi a qualcunque cosa sia correlata a Israele sarebbe stata opportuna.
Vengo adesso all’aneddoto che mi riguarda: giorni fa commentando sulla bacheca di Chiaberge, che è amico su facebook e buon conoscente epistolare del sottoscritto (almeno fino ad oggi), un suo post sulla situazione in Egitto, mi sono imbattuto nella prosopopea della nota giornalista Paola Caridi, che chi scrive “stima” per l’appunto quanto Battista e Israel “stimano” Sergio Romano. La quale tacciava gli altri islamologi di ignoranza per “non sapere nemmeno la differenza tra salafiti e fratelli musulmani”, che per lei sarebbero buoni e riformisti e non fanatici fondamentalisti come i primi. Io mi sono permesso di rispondere che forse era lei che non conosceva neppure la etimologia araba della parola “salafita” ( e non gliela rivelo nemmeno adesso perché voglio vedere se almeno si è degnata in due giorni di farselo spiegare da qualcuno più preparato di lei, ndr) e però le davo un indizio dicendo che in realtà, dal lato eversivo del fanatismo e del terrorismo islamico, la ideologia dei fratelli mussulmani sta a quella dei Salafiti come quella di “Prima Linea” stava a quella delle Brigate rosse.
La signora è andata come si dice a Roma “in puzza”. Ha scritto cose come “non è da te che devo venire esaminata, parlano per me i libri che ho pubblicato”, “ti consiglio di leggere il mio libro su Hamas”, e altre amenità di questo tipo.
Il tutto perché non è stata capace di dare una definizione etimologica della parola “SALAFITA” nonostante la mia sfida a farlo. Tutto avveniva sulla bacheca di Chiaberge su facebook, accessibile a molti altri comuni amici che quindi si sono potuti fare un’idea di questa, che io con autoironia definisco una “batracomiomachia”. Chiaberge però a un certo punto ha cancellato il proprio post e l’intero dibattito. Cosa che potrebbe anche fare pensare a una specie di censura per evitare liti tra persone a lui amiche via social network. Io gli ho chiesto perchè l’avesse fatto e lui mi ha risposto : “non mi piacciono i fanatismi da qualunque parte vengano”, o giù di lì. Non ritenendomi un fanatico di nulla (tranne che della Lazio) immagino che si riferisse ad altri commenti.
A meno che non sia fanatismo rilevare l’ingoranza di una islamologa che a propria volta pontificava sull’ignoranza di altri islamologi. Comunque mi consolo citando Paolo Poli, che nell’ “Asino d’oro”, diceva che l’istruzione è “quella cosa inutile che chi non è competente impartisce a chi le è indifferente”. E’ la storia dei cattivi maestri italiani, specie in materia di islam e dintorni. Di cui si preferisce esaltare le componenti peggiori, come i Fratelli mussulmani, e più ipocrite come quella di Tariq Ramadan. La Caridi fa parte sicuramente di questa categoria di persone, Chiaberge no di certo. Però togliendo quel post ha dato oggettivamente loro una mano.
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