Egitto, Siria: analisi della redazione del Foglio Bashar al Assad teme il contagio e prepara la repressione
Testata: Il Foglio Data: 03 febbraio 2011 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «In Siria il regime prepara la cura poliziesca contro il contagio»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 03/02/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo " In Siria il regime prepara la cura poliziesca contro il contagio ".
Bashar al Assad
Roma. Un gruppo anonimo di oppositori ha lanciato un appello ai siriani su Facebook perché manifestino domani, dopo la preghiera del venerdì. “Unitevi ai giovani di Tunisia e Egitto. Non vogliamo una rivoluzione violenta ma una sollevazione pacifica. Che venerdì sia il primo giorno della collera del popolo siriano e di ribellione civile contro la monocrazia, la corruzione e la tirannia”. Prima di essere oscurata, la pagina ha riunito quasi ottomila membri, ma naturalmente non è possibile fare previsioni sul successo di questa iniziativa. Sabato scorso, alle prove generali della grande protesta, poche centinaia di giovani si sono riuniti davanti alla sede dell’ambasciata egiziana a Damasco e sono stati subito cacciati dalla polizia, che ha mostrato loro la risposta del regime al dissenso. Nella Siria governata dal Baath vige il sistema repressivo più feroce di tutto il medio oriente: le uniche manifestazioni permesse sono quelle che esaltano il governo. Se il contagio della rivolta araba riuscisse ad attecchire anche a Damasco, saremmo davvero di fronte a un fenomeno epocale, a una frattura di faglia nella coscienza dei popoli arabi. Il presidente siriano, Bashar el Assad, che nel 2000 ha preso il posto del padre Hafez, conosce le dimensioni del fenomeno. Usando metafore mediche (è oculista), ne ha parlato con i giornalisti del Wall Street Journal all’inizio della settimana: “Quel che voi vedete oggi nella regione è una sorta di malattia. Il medio oriente è ammalato: l’acqua stagnante produce inquinamento e microbi, e dato che voi americani avete favorito questo ristagno durante i decenni, noi ora ci ritroviamo infestati di microbi. La cura è una riforma e la vera riforma è saper aprire la società, allacciare un dialogo con il popolo come facciamo noi in Siria. La Siria è più stabile del resto del mondo arabo perché sappiamo essere strettamente agganciati alle aspirazioni della gente ". I prossimi giorni chiariranno se il regime riuscirà a superare il contagio, e non è improbabile che ci riesca grazie proprio all’inflessibilità assoluta del suo regime poliziesco. Per questo il caso di Damasco è tenuto in grande conto dagli analisti. I Fratelli musulmani siriani non hanno ancora lanciato alcun messaggio di mobilitazione, a conferma del fatto che gli Ikhwan sono al traino della rivolta araba. Nell’agosto del 2010, il loro leader Riyadh al Shafqa, assieme al vice Farouq Tayfour, avevano annunciato la fine della tregua con il regime, siglata un anno prima dopo l’appoggio siriano ad Hamas nell’operazione Piombo fuso. Al Shafqa e Tayfour, da poco eletti, appartengono all’ala oltranzista della Fratellanza. Nel febbraio del 1982 parteciparono al tentato golpe per prendere il controllo della città di Hama, che fu represso da Hafez el Assad con un assedio sanguinoso: l’aviazione mitragliò le strade e i panzer provocarono cinquemila morti – ma ci sono fonti che parlano di ventimila. Accusato il colpo, la Fratellanza riuscì comunque a riprendersi e ad articolare la sua presenza in un paese in cui pesa molto il fatto che il regime e il Baath siano guidati da una misteriosa setta sciita: gli alauiti, che rappresentano solo il 6 per cento della popolazione. Questo gruppo occupa tutte le posizioni di governo e di comando in un paese che è al 90 per cento sunnita. Va notato che, pur reprimendoli duramente sul piano interno, Bashar el Assad ha sempre mantenuto un rapporto molto stretto con i Fratelli musulmani , da quando è al potere. Tanto che Khaled Meshaal, il leader di Hamas, la sezione palestinese della Fratellanza, vive sicuro e protetto a Damasco, tiene regolari riunioni ed è ampiamente rifornito di denaro, armi ed esplosivi proprio dalla Siria. Un classico intrico arabo, che però fa ormai solo da sfondo ai possibili – ma non certi – contraccolpi siriani della rivolta egiziana.
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