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" Mubarak ha perduto la battaglia" (Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, collabora con The Jerusalem Post, Maariv, e alcuni importanti centri di intelligence israeliani) (traduzione di Angelo Pezzana, l'articolo è uscito stamattina sul quotidiano israeliano MAARIV)
Il destino della rivoluzione non è ancora chiaro, ma Mubarak ha già perso la sfida. Il popolo non grida più pane e lavoro, vogliono che se ne vada, ed è indubbio che non si accontenteranno di meno. Anche se Mubarak resterà a galla, sarà un presidente dimezzato, di fronte al suo Paese e alla comunità internazionale. Pagherà un caro prezzo: dar vita a un nuovo governo è solo il primo passo, dovrà introdurre riforme politiche ed economiche, che comprendano aumenti salariali con una crescita dei sussidi, anche se non è chiaro dove troverà il denaro. Le leggi di emergenza, che gli garantivano poteri straordinari, dovranno essere cancellate, insieme alle clausole speciali introdotte nella costituzione per limitare la possibilità ad un indipendente di candidarsi alla presidenza. Se tutto questo succederà, può essere che Mubarak porti a termine il suo mandato. In questa settimana di rivolta alcuni fatti sono apparsi chiari. Prima di ogni altra cosa, tutti i partiti di opposizione non hanno capito cosa stava per succedere ed hanno atteso troppo a lungo prima di sostenere la rivoluzione. Tutto si è verificato senza ilcoinvolgimento dei Fratelli musulmani e dei partiti d’opposizione, solo la determinazione di chi protestava, senza alcuna leadership, ha dato inizio alla rivoluzione. Mohamed El Baradei ha speranza di diventarne il leader ? E’ molto difficile. Aveva scelto di rimanere in Austria, osservando gli eventi da lontano, ed è rientrato solo quando si è accorto che l’Associazione Nazionale per il Cambiamento , da lui creata, stava per escluderlo. A quel punto capì che doveva rientare in Egitto e unirsi ai manifestanti, ma anche così nessuno l’ha invitato a capeggiare la rivoluzione. E’ anche apparso chiaro che la comunità internazionale riteneva il regime di Mubarak ancora forte e stabile, anche se era ovvio che stava arrivando alla fine del suo lungo‘regno. Stati Uniti, Unione Europea, Iraele e i Paesi arabi sono rimasti colpiti quando hanno visto la determinazione dei manifestanti. Si sono chiesti, che cosa succederà adesso ? Il Paese sprofonderà nel caos, coinvolgendo tutto il Medio Oriente, e aiutando l’Iran ad aumentare le sue iniziative sovversive e i Fratelli musulmani ad impadronisrsi del potere in molti stati ? Il Presidente Obama, che solo un anno fa non aveva osato sostenere chi protestava per l’illegalità delle elezioni in Iran, e più recentemente, in Tunisia, ha aspettato a congratularsi per vedere chi vinceva, ha deciso di non aspettare per incoraggiare i manifestanti in Egitto, senza però recidere i legami con Mubarak. Il mondo deve preoccuparsi ? Il futuro nuovo governo in Egitto, composto da forze dell’opposizione, romperà i legami con gli Stati Uniti e congelerà il trattato di pace con Israele ? Al momento non si può ancora dire, a meno di una presa del potere dei Fratelli musulmani, che però è improbabile. Qualunque sarà la composizione del prossimo governo, avrà bisogno dell’aiuto degli Stati Uniti. Non c’è anche nessun motivo – tranne il puro fanatismo – per cancellare il trattato di pace. Una rottura con Israele indebolirà i legami dell’Egitto con l’America, isolandolo. L’Egitto avrebbe dovuto investire forti somme di denaro nel riarmo per la difesa. Che non è quanto vogliono i manifestanti per la rivoluzione. Che invece vogliono sviluppo economico e migliori condizioni di vita, e non hanno nessuna voglia di impantanarsi nella questione palestinese. |
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