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L'Opinione Rassegna Stampa
28.01.2011 La Rafle, un film sulla Shoà in Francia
Ma il titolo italiano, Vento di Primavera, è tremendo. Recensione di Dimitri Buffa

Testata: L'Opinione
Data: 28 gennaio 2011
Pagina: 9
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Vento di primavera»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 28/01/2011, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Vento di primavera".


La Rafle, film di Rose Bosch che esce in Italia con un titolo assurdo, Vento di Primavera, viene stroncato sul GIORNALE da Maurizio Cabona, il quale sostiene che sia pieno di errori storici. Il contrario, semmai. Il film avrebbe potuto raccontare di più e più dettagliatamente gli avvenimenti. Non stupisce il giudizio negativo di Cabona, comunque, la sua ideologia di riferimento, sempre evidente quando recensisce film sui passati regimi, non poteva che uscirne livida da quanto si vede nel film.

Ecco l'articolo di Dimitri Buffa:

Joseph ha undici anni. E’ una mattina di giugno, deve andare a scuola, porta cucita sul petto una stella gialla…  Viene incoraggiato da un rigattiere e insultato da una fornaia antisemita, entusiasta della novità. Tra benevolenza e disprezzo, Joseph, i suoi compagni ebrei e le loro famiglie imparano a  vivere in una Parigi occupata, sulla collina di Montmatre, dove hanno trovato rifugio.  Almeno così credono, fino alla mattina del 16 luglio 1942, quando la loro misera e precaria serenità viene distrutta. Iniziano qul giorno infatti le retate naziste di cui parla questo a dire il vero non perfetto film che in francese si chiama “La Rafle” e in italiano è stato tradotto con “Vento di primavera”. La regista Rose Bosch, pure avvalendosi di attori come Jean Reno e Melanie Laurent, oltre che della partecipazione di Silvy Testud, non convince appieno specie quando “docufictiona” i deliri di un Hitler morfinomane con Goering e Himmler, o quando riscotruisce le riunioni del gabinetto dell’ammiraglio Petain.
Certo la Francia di Vichy fa paura. Dal Vélodrome d’Hiver, dove vengono ammassati i 13.000 arrestati colpevoli di essere ebrei ,  al campo di Beaune-La-Rolande, da Vichy alla terrazza del Berghof,  “Vento di primavera” segue realisticamente i destini incrociati di vittime e carnefici.
“Di coloro che hanno orchestrato.  Di coloro che hanno avuto fiducia.  Di coloro che sono fuggiti.
Di coloro che si sono opposti”.
Tutti i personaggi del film sono realmente esistiti.  Tutti gli eventi, anche i più estremi, sono accaduti in quell’estate del 1942. L’unica cosa che suona assai improbabile è l’adattamento dei dialoghi italiani e il loro relativo doppiaggio da telefilm o miniserie che dir si voglia. Ma questo è un altro discorso. Siccome ogni anno in questo periodo escono film sull’Olocausto, ci sia permesso di notare come quello dell’anno passato, “Il falsario”, fosse molto più bello.
Il che non toglie una menzione meritoria anche a questa pellicola che però non riesce mai ad essere un affresco, anche se la commozione è un registro che non manca nell circa due ore di proiezione.
Intervistata per il pressbook della Videa di Sandro Parenzo, la regista Rose Bosch ha detto che “ciò che ha reso la Seconda Guerra Mondiale un conflitto completamente diverso è stato l’Olocausto. Ma all’interno di  questa atroce eccezione, è la prima volta che degli adulti si sono interessati espressamente ai bambini, allo scopo di  annientarli. E’ un fatto unico nella storia del mondo in simili proporzioni: un milione e mezzo di bambini sono stati
sterminati. Infatti è una delle ragioni che mi hanno spinta a realizzare questo film e a girarlo dal punto di vista dei  bambini. Ma per molto tempo ho creduto che un film simile fosse impossibile.” Invece il progetto ha visto la luce partendo dalla scarsa documentazione della retata del Velodome d’Hiver: “il fatto che non esistessero delle  immagini – soltanto una foto dei camion vuoti davanti a esso – mi sconvolgeva. Io non sono ebrea, ma
abbiamo molte cose in comune, e soprattutto… i bambini! Bambini che appartengono a entrambe le culture che  avrebbero potuto essere perseguitati. Io credo che sia stata la loro esistenza a farmi considerare la Seconda Guerra
Mondiale e l’Olocausto da un punto di vista radicalmente diverso…”
 Da quel punto di vista, quello dei piccoli ebrei, il film è senza dubbio riuscito. Paradossalmente è proprio la recitazione troppo professionale di Jean Reno e della Melanie Laurent a “rovinare tutto”. Quello che doveva essere un film verità finisce per trasformarsi in una specie di docufiction con alcuni spunti surreali che sono le scene in cui si vedono Hitler e l’ammiraglio Petain. Questo, ovviamente, senza nulla togliere alla sostanza della tragedia di cui la pellicola ha la pretesa di occuparsi.

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