Il timore del giornalista sul pericolo di un crescente apprezzamento dello shekel è ragionato su contingenze congiunturali e non su valutazione generale del sistema economico israeliano. L'eccessivo apprezzamento dello shekel è già stato in altra occasione tempestivamente rimediato da Fischer con interventi massicci su mercati esteri e sulla moneta, secondo un articolo, una lettera che scrissi a suo tempo su questo sito e che è stato riportato da vari altri siti con compiacimento perchè, secondo quanto ivi scritto a commento del mio articolo, erano riusciti a capire la manovra centrale di Fischer in base al confronto che avevo fatto fra la sua teoria con quelle degli altri teorici del convegno di Venezia, dove Fischer ha incontrato e dibattuto con Tremonti.
L'apprezzamento eccessivo di una moneta è un fenomeno congiunturale, rimediabile con la manovra classica o con altre provvidenze sulla bilancia dei pagamenti, ma il dramma economico di israele è un altro e se Fischer fino a questo momento lo ha contenuto col suo modello liberista è perchè l'evoluzione del conflitto dell'area è ancora compatibile con lo sviluppo, ma dubito che la situazione permanga.
La reale crisi permanente di struttura della economia israeliana è costituita dalla incertezza della stabilità internazionale nell'area e dalla minaccia sempre latente di un conflitto militare imminente: si stima che l'afflusso di capitali esteri per investimenti produttivi in Israele aumenterebbe del 30% solo che la scena internazionale registrasse uno stabile accordo, rato dalla nazioni unite, con i paesi in conflitto con esso.
Si stima che il flusso finanziario attivo derivante dal turismo avrebbe un saggio d'incremento anche superiore a quello sopra indicato degli investimenti se solo la certezza della permanenza stagionale o feriale in Israele fosse determinata da condizioni oggettive di sicurezza dello Stato e non dali'incombere di minaccia nucleare o comunque da attacchi balistici indifferenziati su obiettivi comuni.
Si stima, infine, e questo è il punto più rilevante, che Israele potrebbe diventare in termini anche brevi un attrattore eccezionale di capitali finanziari di risparmio e investimento, in funzione della eccezionalità della manovra centrale di Fischer e della riconosciuta destrezza del brokeraggio finanziario bancario e monetario ebraico (Soros, Leumi ecc) attivo oggi in Israele con raccordo su piazze estere che potrebbero avere un effetto moltiplicativo impressionanete con la stabilità internazionale della sua sicurezza e della sua economia. I più ottimisti in quest'ultimo settore, perchè la finanza è l'economia del milennio, considerano che Israele in condizioni ottimali di finanza e allocazione di risparmio internazionale, potrebbe convertire l'ottanta per cento dela sua economia da industriale a finanziaria.
Tutto questo sogno isrealiano non accade per il semplice motivo che l'incertezza impedisce che accada, giacchè chi ha nozioni anche semplici di economia sa che la politica degli investimenti si fonda sulle aspettative razionali, non sulle evidenze materiali, e le aspettative razionali sia nel loro calcolo che nella loro prefigurazione formale comportano un abbattimento significativo delle prospettive di rischio (break-down) altrimenti hanno bassa misura stocastica o falliscono del tutto.
Questo significa che il tempo che Israele può ancora riservare alla economia della incertezza sta scadendo, nel senso che in questa situazione la curva di andamento dell'indice generale dell'economia nazionale è fatalmente in caduta tendenziale, per cui la soluzione a questa condizione di "attesa dell'attacco" deve essere imminente o rischia altrimenti di costituire di per sè la causa del disastro.
Ci sarà un giorno, e non è molto distante, in cui la misurazione computazionale delle variabili economiche di struttura (occupazione, investimenti, debito estero ecc.) indicherà una soglia prossima di disastro, per evitare la quale le soluzioni potranno essere alternativamente:
a) la risoluzione armata della economia della paura con il ristabilimento militare di un ordine di sicurezza nella regione che renda possibile lo sviluppo
b) la conversione dell'economia liberista e di mercato attuale in una economia di guerra, come quella tedesca dal 1942 in poi, nella quale tutta la produttività nazionale era in funzione della guerra, rinunciando quindi ad ogni altra allocazione delle risorse (turismo, servizi ecc.) che non avesse una funzione nella economia di guerra.
L'effetto Stuxnet è di durata limitata: il riarmo arabo è impressionante e non è solo nucleare e sta diffondendosi in paesi ritenuti fino ad oggi fuori dal fronte integralista.
La prossima guerra che ci sarà nela zona non sarà scatenata da chi avrà finalmente acquisito la bomba, ma da chi con la guerra ha la sola speranza di sopravvivere.
E Israele è di questi. E noi saremo con loro. Perchè noi e loro siamo la stessa cosa. Israele siamo noi.
Vitaliano Bacchi