Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/01/2011, a pag. 24, l'articolo di Stefano Montefiori dal titolo " Le scuse per la Shoah fanno insospettire il cacciatore di nazisti ".
Consigliamo ai nostri lettori la visione del film fra pochi giorni nei cinema italiani, dal titolo originale "La Rafle", la razzia, che racconta la cattura degli ebrei parigini organizzata dalle milizie francesi collaborazioniste con i nazisti. In Italia esce con un titolo pazzesco, "Vento di primavera" che nulla ha a che vedere con il film.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=38272 la recensione su IC di ieri, a questo link.

Guillaume Pépy, presidente della Sncf
PARIGI — «Mi inchino davanti alle vittime, ai sopravvissuti e alla sofferenza, che purtroppo vive ancora» , dice commosso Guillaume Pépy, presidente della Sncf, le ferrovie francesi. Alle sue spalle la stazione merci abbandonata di Bobigny, dalla quale partirono i carri bestiame con 22.407 ebrei diretti ai lager nazisti. Accanto a Pépy c’è Simone Veil, 83 anni: qui, una mattina dell’aprile 1944, la bambina che diventerà poi presidente del Parlamento europeo salì sul convoglio 71 diretto ad Auschwitz, assieme alla sorella e alla madre, che non farà mai ritorno. Il presidente della società chiede scusa per le azioni della Sncf dell’epoca: sui suoi treni oltre 70 mila ebrei francesi vennero portati a morire in Germania. A Bobigny nascerà un memoriale in ricordo delle vittime del nazismo. Ma Pépy ha fatto bene a chiedere scusa? E, soprattutto, sincero? Negli Stati Uniti, Sncf sta cercando di vincere la gara di appalto per i treni ad alta velocità della tratta Tampa-Orlando, in Florida, e alcuni sopravvissuti americani dell’Olocausto protestano ricordando il coinvolgimento della società nella deportazione degli ebrei. A rischio ci sono un contratto di due miliardi di euro in Florida, e un altro ancora più importante — oltre 30 miliardi di euro — per congiungere con i Tgv francesi Los Angeles e San Francisco, in California. Rosette Goldstein, figlia di un ebreo che nel 1944 venne portato alla morte su un treno Sncf, guida l’indignazione di quanti non vogliono che «i dollari delle nostre tasse finiscano per pagare una società che collaborò con i nazisti» . Per questo le scuse rischiano di suonare strumentali. A dicembre la Deutsche Bahn, rivale di Sncf per i contratti americani, ha annunciato la donazione di cinque milioni di dollari ai superstiti della Shoah, e il presidente di Sncf è volato negli Stati Uniti per presentare il sito Internet con il quale la società francese cerca di limitare la portata delle accuse. Nel 2005 furono le ferrovie olandesi, Nederlandse Spoorwegen, a chiedere perdono per il loro coinvolgimento nei treni della morte. E nei mesi scorsi di nuovo la Deutsche Bahn ha dovuto affrontare l’opposizione dei superstiti polacchi, quando ha annunciato di volere unire con i suoi convogli Berlino alla città termale polacca di Kolobrzeg. In difesa della Sncf, e indirettamente della Francia macchiata dal periodo collaborazionista, si è schierato ieri Serge Klarsfeld, il cacciatore di nazisti francese: «La Sncf ha agito perché costretta dall’occupante nazista, i treni della morte sono una vergogna essenzialmente tedesca. Sono contrario a un pentimento generale che diluisce le responsabilità, quando quelle dei tedeschi e dei collaborazionisti Pétain, Laval, Bousquet, Papon e Leguay sono ben identificate» . Secondo Klarsfeld, la Sncf si sta mostrando troppo ligia: «Dopo la guerra la Reichsbahn ha cambiato il nome in Deutsche Bahn, e questo è bastato per molto tempo. E invece di occuparci della Sncf, dovremmo pensare allora alla Siemens, che ha fatto lavorare nel sistema concentrazionario tedesco decine di migliaia di prigionieri» . Con tanti miliardi in gioco, la memoria può insospettire quanto l’oblio.
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