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una cultura di vita contro una cultura di morte 24/01/2011

Romano Prodi è un signore che è andato a offrire la sua pacca sulla spalla e il suo sorrise felice al dittatore iraniano impiccatore di omosessuali, negazionista, aspirante distruttore di Israele e lapidatore di innocenti nei giorni in cui una giovane dissidente veniva stuprata a morte nei sotterranei della polizia di Theran. Sul suo sito campeggia un piccolo balilla palestinese che tira un sasso contro un carroarmato. Nelle culture di vita contro i carri armati ci vanno gli uomini. Nel ghetto di Varsavia contro i carri armati ci sono andati gli uomini, dopo aver chiuso i bambini nelle cantine così campavano mezz'ora di più, in Ungheria contro i carri armati sovietici ci sono andati gli uomini. Nelle culture di morte il bambino non vale nulla, il bambino è messo al mondo per lanciarlo contro il nemico come un sasso. Le culture di morte, nazismo, fascismo, intifada palestinese, khomeinismo, adorano il mito del piccolo balilla, del bimbo soldato. Tutte le volte che vediamo un carroarmato da una parte e un bambino con un sasso in mano dall'altra la decodifica della foto è questa: quelli della parte per cui combatte il bambino sono una cultura di morte talmente delirante da aver rinnegato persino l'etica minima della madre alligatore che, lei sì,  protegge la sua prole e quelli della parte dela carroarmato sono persone talmente perbene che persino i genitori dello sciagurato bambino sanno che mai e poi mai faranno del male a quel bambino.

La foto pubblicata da Romano Prodi, un carroarmato israeliano da una parte e l'eterno piccolo balilla col suo sasso, esprime perfettamnente il conflitto  israeliano palestinese: una cultura di vita contro una cultura di morte.

silvana de mari


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