IC7 - Il commento di Dimitri Buffa dal 16/01/2011 al 22/01/2011
Testata: Informazione Corretta Data: 24 gennaio 2011 Pagina: 1 Autore: Dimitri Buffa Titolo: «Il commento di Dimitri Buffa»
Il commento di Dimitri Buffa
Dimitri Buffa
Sulla home page di Informazione Corretta, il sito che per questa settimana ormai giunta al termine ho l’onore di commentare, campeggia il video “Israel forever” tratto da “you tube”. Lo considero il simbolo di questa settimana che precede di qualche giorno la data in cui in tutto il mondo si commemora la fine dell’Olocausto, cioè quel 27 gennaio 1945 quando per prima l’Armata Rossa liberò Auschwitz. Purtroppo però le radici dell’odio che portarono alla Shoà sono tutte ancora qui e militano per la vigliaccheria dei politici europei di oggi. Che, come quelli del tempi di Monaco 1938, dimostrano di non capire nulla di quanto stia bollendo in pentola e non solo nel Medio Oriente o nell’Iran. Proprio oggi leggevo il commento del grande Giorgio Israel alla letterina tra l’idiota e il politically correct di Romano Prodi che si inserisce nel solco di quella sinistra, colpita da “influenza spagnola”, che crede che la nuova parola d’ordine sia trattare Israele come il Sud Africa. E quindi boicottaggio, boicottaggio e ancora boicottaggio. Per questo vanno salutati con entusiasmo i libri come quello appena uscito di Pierluigi Battista, sull’anti sionismo usato come maschera per gli anti semiti di casa nostra, ed “eurabiei”, che sono poi i cattolici integralisti, i fascisti, i comunisti e soprattutto gli estremisti islamici. Il problema è sempre lo stesso : non onorare solamente gli ebrei che sono morti sessantacinque e passa anni orsono ma prevenire quel seme d’odio che potrebbe portare tanti ebrei ancora vivi a seguirne il destino. E a proposito di cecità europea, io saluto in generale contro tendenza la rivolta tunisina, certo non incruenta, come un possibile prodromo dell caduta di quel “muro dei rais”, che sono stati per gli ultimi cinquanta anni il volto autachico del colonialismo. Questi uomini che avrebbero dovuto garantire gli europei chiusi nella propria miopia pigra ed egoista hanno di fatto riattizzato il virus dell’islamismo in tutto il Nord Africa e il Medio Oriente. Finito l’ombrello sovietico adesso il collante, da Khomeini in poi,è il pan islamismo che si è sostituito al nazionalismo da una parte e all’incubo pan arabo dall’altra. Le due teste del male sono in Pakistan, Afghanistan e Arabia Saudita per quanto riguarda il terrorismo islamico di matrice sunnita e l’Iran e l’Iraq per quanto riguarda gli sciiti. La Tunisia però è un paese parzialmente, anzi sostanzialmente, diverso da tutti gli altri e rappresenta una scommessa da vincere. E io non temo, né auspico, come constato che fanno i vari Tariq Ramadan intervistati oggi dal “Sole 24 ore”, e domani magari da altri volenterosi apologeti della dissimulazione, una sua islamizzazione. E dico questo a ragion veduta sia perché conosco il paese e le persone, legate forse ancora al sogno pan arabo di Nasser nelle classi dirigenti che studiarono nei paesi del patto di Varsavia, ma di certo ostili alla shar’ia come sistema di vita, sia perchèleggo gli articoli dei loro intellettuali in esilio come Moncef Marzouki. Che sul proprio sito internet scriveva il 30 gennaio di un anno fa un articolo profetico: “che cosa ci resta se non la rivoluzione?”. Un altro esempio, che si può trarre anche da un articolo pubblicato dal sottoscritto sull’”Opinione” di venerdì a pagina 10, è la nascita di irriverenti gruppi su facebook creati da tunisini atei e gaudenti, tra i quali spicca con oltre 3 mila simpatizzanti quello che invita le ragazze di Tunisi ad andare tutte in bikini all’aereoporto Carthage ad accogliere così il leader islamista in esilio Racheed Gannouchi, che per ora ancora non è tornato da Londra e che nessuno sembra peraltro attendere con ansia. Casomai all’Europa, in primis la incredibile Francia che voleva mandare le teste di cuoio ad aiutare Ben Alì a sedare la rivolta, ma subio dopo l’Italia del ministro Frattini, che indicava in quei giorni al mondo Gheddafi come leader da imitare, va imputata la solita nullità politico-diplomatica che la fa destare buon ultima quando infine la storia si decide a cambiare il proprio corso apparentemente immobile. E’ andata così quando è caduto il Muro a Berlino, continua ad andare così oggi. Con i paesi arabi indubbiamente esiste un problema atavico di odio verso gli ebrei, che nasce in parte anche da interpretazioni molto interessate e in malafede del Corano, qualcuna l’abbiamo letta anche in italiano nelle famose moschee dei corrispondenti nostrani dei Fratelli Mussulmani . Esiste però anche il problema dell’ “arabo percepito”, che ci vogliamo immaginare retrogrado per forza, non rispettoso dei diritti delle donne e delle minoranze religiose nei loro paesi. Ovviamente questa percezione nasce da eventi che esistono e che non possono essere negati. Ma il compiacimento europeo è quello espresso recentemente anche in un editoriale del cattolico Messori, che ha l’ardire di imputare le stragi di cristiani in Africa e Medio Oriente alla presenza dello stato di Israele. Insomma, da una parte il senso di colpa per il colonialismo verso il mondo arabo e, dall’altra, una sorta di razzismo rovesciato che fa dire a quelli come Prodi che “la democrazia non fa per loro”, crea questa geometrica potenza che poi diventa eversiva grazie all’innesto del fanatismo islamico. Adesso abbiamo un’occasione irripetibile per aiutare la rivolta che c’è stata in Tunisia a diventare una valanga che travolgerà non solo i raiss ma anche i pregiudizi anti ebraici e anti occidentali di tutta la regione della cosiddetta “umma”. A Tunisi la rivolta è partita a colpi di rap, di giovani studenti che imitavano gli americani dei campus del ‘68, qualcosa vorrà pur dire se non si è sentito o quasi un “allahu akbar” in un mese di guerriglia urbana per le strade. Né uno slogan contro Israele, che è il collante più scontato in situazioni del genere.