Hezbollah pronto al colpo di Stato, con l'aiuto dell'Iran e l'Occidente resta a guardare
Testata: Il Foglio Data: 21 gennaio 2011 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Hezbollah simula il golpe a Beirut e fa saltare tutte le trattative»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 21/01/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Hezbollah simula il golpe a Beirut e fa saltare tutte le trattative".
Mahmoud Ahmadinejad, Bashar al Assad, Hassan Nasrallah
Roma. I carri armati dell’esercito hanno preso posizione nei nodi nevralgici della città. Si sono fermati di fronte al Palazzo Serail, la residenza del primo ministro. Hanno disposto blocchi stradali, hanno aumentato l’afflusso di effettivi in città. Molte scuole sono chiuse. Non è l’unica novità arrivata ieri da Beirut, la capitale del Libano. Nel corso della mattina è fallito l’estremo tentativo di Ahmet Davutoglu e Bin Jabr al Thani, ministri degli Esteri della Turchia e del Qatar, di trovare una mediazione tra Hezbollah e Saad Hariri, il premier libanese che sta cercando di ricostituire il governo dopo che i ministri del Partito di Dio hanno dato le dimissioni. Il punto del contendere è la risposta alle incriminazioni del Tribunale speciale per il Libano dell’Onu (Tsl). Molti esponenti di Hezbollah sarebbero fra gli autori della strage di san Valentino del 2005, quando fu ucciso l’ex premier Rafiq Hariri (padre di Saad). L’annuncio della Turchia e del Qatar è arrivato alla fine di negoziati che sono durati per mesi e hanno coinvolto anche il re Abdullah dell’Arabia Saudita e Bashir el Assad, presidente della Siria. L’imponente schieramento dell’esercito per le strade di Beirut è arrivato poche ore dopo la provocazione di Hezbollah, che martedì ha dispiegato migliaia di militanti, tutti disarmati ma tutti muniti di radio portatili, nei punti strategici di Beirut. Una minacciosa anteprima di un presidio militare: la crisi politica per l’elezione del presidente della Repubblica e la formazione di un governo che comprendesse Hezbollah nel 2008 fu risolta dall’impressionante prova di forza di alcune migliaia di miliziani islamici che controllarono con autoblindo e carri armati tutta Beirut. La dimostrazione golpista è stata favorita dalla ormai evidente complicità dell’esercito libanese. Nel 2008, l’allora comandante in capo, il generale cristiano Michel Suleiman, prese atto della forza di Hezbollah, abbandonò la sua alleanza con Hariri e si fece eleggere presidente della Repubblica (mantenendo, però, il controllo politico sulle forze armate). Il ministro degli Esteri saudita, Saud al Faisal, ha lanciato un accorato allarme: “La situazione in Libano è pericolosa: se si arriva a una divisione del paese o a una secessione, il Libano cessa di esistere come stato in cui vivono pacificamente diverse comunità, religioni e parti”. E’ la conferma della concreta possibilità che Hezbollah si impadronisca militarmente di tutto il sud del Libano e di alcuni quartieri di Beirut, non riconoscendo più la sovranità di un governo e di un Parlamento libanese in cui, dal punto di vista numerico, è in minoranza. La precipitazione della crisi è legata all’imminenza dell’emissione dei mandati di cattura contro i dirigenti di Hezbollah per l’attentato del 2005: il 17 gennaio, la procura del Tsl ha depositato all’Aia le richieste formali di incriminazione per gli esponenti di Hezbollah indicati come responsabili dell’attentato a Hariri, con relativa documentazione. Hezbollah chiede al premier Saad Hariri di rifiutare qualsiasi collaborazione con il Tsl, uno “strumento nella mani di Israele e degli Stati Uniti”, come dice il leader del movimento, Hassan Nasrallah. Hariri e i suoi alleati non solo non intendono rispondere a questa richiesta, ma neppure possono farlo. Se lo facessero, sancirebbero una rottura formale con l’Onu, con l’Europa e con gli Stati Uniti, consacrando l’egemonia politica di Hezbollah sul paese e il totale diritto all’impunità per i suoi miliziani. La partita che si gioca a Beirut, ovviamente, è condizionata dagli opposti schieramenti delle potenze regionali. Hariri e il suo governo sono legati a filo doppio all’Arabia Saudita (Rafiq Hariri, ex premier, è sempre stato un grand commis della corte di Riad), mentre Hezbollah rappresenta anche formalmente gli interessi della Siria e soprattutto di un Iran che ha proprio nell’Arabia Saudita il suo diretto antagonista nella regione, dal settore petrolifero (erano il primo e il secondo esportatore di petrolio al mondo), a quello religioso (la rivalità tra wahabiti e sciiti dura da 250 anni ed è segnata da innumerevoli stragi). Il fallimento della mediazione dei mesi scorsi – in cui re Abdullah ha giocato tutto il suo prestigio senza alcun esito e con pesanti danni d’immagine – è dovuto anche all’influenza iraniana sulla scena libanese. Da anni Teheran usa Hezbollah come una pedina nella propria strategia di scontro sul programma nucleare. Nasrallah si definisce “rappresentante in Libano dell’ayatollah Khamenei, Guida della Rivoluzione”. A seconda che Khamenei e Ahmadinejad decidano di aprire fasi negoziali con l’Onu o di chiuderle, la situazione libanese si calma o precipita verso lo scontro, come avvenne nell’estate del 2006. Oggi, Ahmadinejad pare intenzionato ad aumentare la pressione in Libano per alleggerire le sanzioni sull’Iran. In questo modo, mostra di poter contrastare l’occidente aprendo a piacere focolai di guerra in aree cruciali. Se da una parte ha telefonato a Recep Tayyip Erdogan, premier turco, incitandolo a trovare una mediazione per Beirut, dall’altra si è schierato a fianco di Hezbollah e ha detto che il Tsl è uno “strumento dell’imperialismo e del sionismo” e ha lanciato avvertimenti minacciosi contro Israele, Stati Uniti e certi paesi europei. “Vi siete messi su una china pericolosa che vi porta verso l’abisso – ha detto il presidente iraniano – se non cessate i vostri incitamenti alla sedizione in Libano, la nazione libanese e la umma islamica della regione taglieranno le vostre sporche mani di cospiratori”. E’ una chiara affermazione da parte degli iraniani della piena leadership negli sviluppi della crisi libanese. Questa influenza si è rafforzata dopo la guerra con Israele del 2006, con la fornitura di quarantamila missili a corto e medio raggio a Hezbollah che lo rendono in grado non soltanto di essere incontrastabile in Libano, ma anche di lanciare quattrocento missili al giorno contro diversi obiettivi. Fra i quali lo stato di Israele.
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