Il commento di Giorgio Israel
Giorgio Israel
Una settimana tutt’altro che esaltante (tanto per cambiare…) quella appena trascorsa. Gli eventi nei paesi islamici e arabi vanno verso il peggio: dopo l’attacco ai cristiani in Egitto, seguito da episodi analoghi, si assiste al degenerare della situazione in Libano, che ormai sembra vicina a una resa dei conti che non può non favorire Hezbollah, a meno di eventi miracolosi. Il crollo del regime tunisino non può che essere salutato come un fatto positivo, ma che ne venga il meglio è tutt’altro che evidente: è anzi probabile che si caschi dalla padella nella brace, ovvero in un regime islamista. Quantomeno il rischio esiste, assieme a quello di un’ondata contagiosa in tutti i paesi arabi del Mediterraneo.
Poi vi sono le cattive notizie che vengono dall’altra parte del Mediterraneo e, più in generale, dall’occidente: i sintomi di un antisemitismo che rialza la testa dappertutto e che si manifesta in principal modo nella demonizzazione di Israele, che si tratti dello scandalo su quattro pietre abbattute per rifare un edificio, al solito boicottaggio di prodotti israeliani (in Spagna) al riemergere di nuove liste di ebrei in rete. Colpisce soprattutto il dilagare del servilismo nei confronti dell’islam, che ormai tinge di “dhimmismo” tutto l’occidente: dall’impossibilità attestata di fare un film Submission II, ai penosi inchini di una Barbara Spinelli davanti al Corano, ai tentativi di una parte consistente del mondo cristiano e cattolico di cavare le gambe dall’attacco islamista gettando in pasto al coccodrillo gli ebrei, e di cui si è avuta la manifestazione più estrema con le parole sconsiderate di Vittorio Messori.
Ciò detto, non sono per niente d’accordo con l’idea di considerare il mondo cattolico e la Chiesa come un nemico tout court, costruendo l’immagine di un blocco monolitico convinto programmaticamente della necessità di delegittimare Israele e proporne la distruzione. Farsi più nemici di quanti se ne abbia in realtà è facile, e può essere anche semplificante sul piano psicologico, ma non è una buona idea. Il mondo cristiano e cattolico è profondamente diviso e sbandato di fronte alla violenta aggressione islamista ed esprime punti di vista e reazioni molto diverse. È falso che siano tutte coerentemente anti-israeliane e ancor più che siano unite da un comune disegno. Deve piuttosto preoccupare proprio lo sbandamento e l’incoerenza, l’incapacità di una risposta organica. In questi casi, come sempre, non bisogna perdere la capacità di parlare con chi non ha perso la bussola (o meglio conserva quella giusta… il riferimento non è casuale).
Un’altra fonte di preoccupazione è la situazione in Israele. Non si tratta soltanto di quel che è emerso con il grande incendio nei pressi di Haifa che ha messo in luce un’inefficienza sconcertante del corpo anti-incendio, e di cui molto ha parlato la stampa. Cosa succederebbe nel caso di un attacco missilistico, tutt’altro che improbabile? È estremamente preoccupante il problema montante della spaccatura tra mondo laico e mondo ortodosso in Israele. Un paese in cui una minoranza consistente (e purtroppo in crescita) si rifiuta di fare il servizio militare, non rispetta le leggi, attacca anche fisicamente chi non segue i 613 precetti e oltretutto vive alle spalle di chi lavora e muore per la collettività, e di cui, per giunta, una parte tutt’altro che esigua auspica la distruzione di Israele - ebbene, un paese con questo problema rischia grosso. Forse questo è un pericolo per Israele maggiore di quelli esterni. Le cronache informano che l’esercito ha vinto una mossa nel braccio di ferro con gli ortodossi, ottenendo la convalida di 4000 conversioni sconfessate dal rabbinato ortodosso. Ma è soltanto un piccolo passo. Non è possibile trascinare a lungo la legittimazione piena di più di un milione di ebrei russi. Il principio della divisione tra “stato e chiesa” non può più attendere in Israele i tempi di una mediazione infinita.