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La Stampa Rassegna Stampa
14.01.2011 Referendum Sudan: quorum raggiunto, l'indipendenza sempre più vicina
Cronaca di Jacopo Arbarello

Testata: La Stampa
Data: 14 gennaio 2011
Pagina: 17
Autore: Jacopo Arbarello
Titolo: «Sudan, secessione a un passo»

In attesa del risultato del referendum in Sudan, riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2011, a pag. 17, l'articolo di Jacopo Arbarello dal titolo " Sudan, secessione a un passo ".

Il Sud Sudan corre veloce. Ad urne ancora aperte già si sa che il referendum avrà il quorum e questo è più di un primo passo. E’ la strada che porta verso l’indipendenza. L’unico dubbio era infatti legato all’affluenza, per il resto tutti sanno che i sud sudanesi voteranno compatti per la secessione dal Nord.

Ad annunciare ufficiosamente il raggiungimento del 60 per cento di elettori necessario a convalidare il voto è stata Anne Itto, vice segretario generale per il Sud dell’Splm, il partito al governo a Juba dopo gli accordi di pace che nel 2005 hanno posto fine a 22 anni di guerra civile tra Nord e Sud. L’impressione è che tutti, governo del Sud e governo del Nord, vogliano accelerare i tempi per avviare le trattative ancora in ballo: petrolio, cittadinanza, confini. Già questa mattina è atteso a Juba il capo della commissione elettorale, mandato direttamente da Khartum prima ancora che i seggi chiudano.

Andando a vedere la realtà sul campo, i numeri sembrano essere poi ancor più rosei delle previsioni e degli annunci ufficiali. Già oggi i seggi sono andati deserti. La maggior parte dei sud sudanesi aveva già votato e fatto la coda nei primi giorni di scrutinio, sull’onda dell’entusiasmo. Quelli che abbiamo visitato sono nel più profondo dello Stato dello Jonglei, un’enorme savana percorsa dal Nilo.

Nella scuola di Baidit, villaggio davvero sperduto, su 2700 aventi diritto ha già votato il 98,1 per cento, mancano all’appello poche decine di persone. E questa non è terra di gente istruita, ma terra di pastori di etnia Dinka e delle loro vacche, che sono poi l’elemento chiave della società: grazie alle vacche ci si sposa e si regolano i contenziosi, per le vacche si uccide. «Qui nei campi a poche centinaia di metri dai seggi i bambini vengono lavati con la pipì e con gli escrementi delle vacche mischiati alla terra - spiega Ludovico Gammarelli, responsabile di Intersos, che a Bor lavora da anni -, la povertà è tale che la strada per lo sviluppo è ancora tanto lunga». Lunga ma non abbastanza da scoraggiare questi pastori analfabeti dall’andare a votare in massa, per dire sì all’indipendenza e alla libertà.

Stessa solfa a Bor, la capitale dello Stato, senza neanche una strada asfaltata. Uno dei seggi riposa all’estremità di un grande piazzale, sotto un alberello, per avere un po’ d’ombra. Su più di duemila votanti, alla chiusura ne mancano all’appello solo quaranta, e ci sono ancora due giorni di voto. Intorno solo capanne di fango e paglia.

All’imbrunire, quando i seggi chiudono, c’è però ancora uno strano assembramento di persone. Siamo infatti nella piazza del wrestling locale, surrogato della televisione e del calcio in una contrada senza la luce elettrica. Ma oggi bisogna spostarsi. Lo svolgimento del referendum deve essere sicuro e senza scontri, il governo vuole che nulla sia strumentalizzato nella via verso l’indipendenza. Allora il migliaio di spettatori si sposta tranquillo verso un’altra radura. I lottatori scendono in campo in una serie di incontri: la sfida è tra Bor città e i villaggi della provincia. Si lotta finché c’è luce. E nella notte del referendum la città batte la campagna, ma tutti vanno a casa felici. Domenica, a referendum concluso, ci sarà un’altra sfida. E il Sud Sudan sarà indipendente.

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