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Il Foglio Rassegna Stampa
13.01.2011 Hezbollah con le dimissioni dei suoi 11 ministri fa cadere il governo Hariri
Ora il Libano piomberà nel caos

Testata: Il Foglio
Data: 13 gennaio 2011
Pagina: 1
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Così Hezbollah annulla il governo e allontana le sentenze dell’Onu»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 13/01/2011, a pag. 1-4, l'articolo dal titolo " Così Hezbollah annulla il governo e allontana le sentenze dell’Onu ".


Nasrallah, capo di Hezbollah, Saad Hariri, attuale premier, con il padre Rafiq

Roma. Undici ministri hanno lasciato il governo del Libano e hanno chiesto al presidente della Repubblica, Michel Suleiman, di aprire le consultazioni per formare un nuovo esecutivo. Dieci appartengono a Hezbollah, il movimento islamista vicino all’Iran e alla Siria; l’undicesimo, quello decisivo per aprire la crisi, ha l’appoggio del presidente. I tempi non sono casuali: ancora poche settimane e la Corte dell’Onu che indaga sull’omicidio di Rafiq Hariri, il premier ucciso nel 2005 nel centro di Beirut, emetterà i primi verdetti. Le indiscrezioni filtrate negli ultimi mesi dicono che i giudici hanno in pugno decine di mandati contro esponenti di Hezbollah e funzionari dello stato. Non è buona notizia per il leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, che minaccia di “tagliare le mani” a chiunque si muova contro i suoi uomini e chiede al governo di boicottare i giudici dell’Onu. Il premier libanese, Saad Hariri, ha respinto le sue richieste sino a ieri, affermando che avrebbe garantito “il massimo rispetto all’indagine”. Saad è il figlio di Rafiq Hariri e ha guidato un governo di unità nazionale per quattordici mesi. I ministri di Hezbollah hanno anticipato le proprie intenzioni nel corso della mattina, ma l’annuncio ufficiale è arrivato intorno alle 16 di Beirut. In quel momento, Saad Hariri era impegnato a Washington in un incontro con il presidente americano, Barack Obama. L’esecutivo libanese ha mostrato grandi segni di debolezza durante l’intero mandato: si è riunito soltanto una volta negli ultimi due mesi e non ha ottenuto la benedizione del Parlamento al budget del 2010. Per cancellare il governo, a Hezbollah servivano le dimissioni di un altro ministro. Hanno trovato il sostegno di Adnan Sayyed Hussein, che ha detto di avere deciso “in armonia con le politiche sponsorizzate dal presidente Suleiman”. Secondo il New York Times, il Partito di Dio sperava che Hussein inviasse il proprio messaggio durante l’incontro fra Hariri e Obama, in modo da esporre il premier a un’ulteriore umiliazione. Ma Hussein ha preso tempo sino al tardo pomeriggio, e Hariri ha interrotto il viaggio americano per tornare in patria. Hariri non ha commentato i fatti di ieri, ma il collasso del governo segna il momento peggiore per il Libano dalla crisi del 2008, quando un vertice in Qatar mise fine agli scontri settari costati la vita a più di ottanta persone. Gli uomini del Partito di Dio dicono di avere chiesto un incontro urgente ad Hariri per scongiurare la crisi – e di non avere ottenuto la risposta che desideravano. Secondo la Casa Bianca, “gli sforzi compiuti da Hezbollah per fare cadere il governo dimostrano la sua stessa debolezza e la determinazione nel bloccare le attività delle istituzioni”. Per il segretario di stato, Hillary Clinton, il Partito di Dio vuole “sovvertire la giustizia e cerca di minare la stabilità del Libano”. Il segretario dell’Onu, Ban Ki moon, ha ribadito il sostegno al Tribunale Hariri: “Spero che aiuti a mettere fine all’impunità in Libano”, ha detto. Obama, e prima di lui il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha incontrato Hariri per cercare una possibile soluzione. I loro tentativi non hanno avuto fortuna, così com’è sfumato l’accordo fra la Siria (che sostiene Hezbollah) e la corona saudita (vicina ad Hariri e ai suoi alleati). Nonostante le rivalità, il governo di Damasco e quello di Ryad avevano raggiunto un punto comune nelle ultime settimane: insieme, avevano proposto ad Hariri di assumere una posizione più morbida nei confronti di Hezbollah e di ridurre il sostegno al Tribunale dell’Onu. Nel loro messaggio finale al premier, i ministri dimissionari hanno ringraziato siriani e sauditi per il loro impegno. “Era un modo per evitare il conflitto nel paese”, ha detto ieri un deputato del Partito di Dio, Walid Sukkariyeh. Un giornale di opposizione, al Akhbar, dice che questo potrebbe essere “l’inizio di un periodo oscuro”. Il momento potrebbe diventare ancora più difficile dopo i verdetti della Corte che indaga sull’assassinio di Rafiq Hariri. Come ripete da settimane Michel Aoun, ex ministro di Hezbollah, “il Partito di Dio reagirà violentemente alle accuse del Tribunale”.

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