Il principio della fine del colonialismo ?
di Mordechai Kedar
(Traduzione dall'ebraico di Giovanni Quer)
Mordechai Kedar
Molti paesi del terzo mondo, in Africa e Asia, condividono tratti comuni: una situazione economica precaria, povertà, miseria, malattie, regimi autoritari e guerre civili. La ragione sta nel fatto che prima dell'indipendenza questi Stati erano governati dalle potenze coloniali europee sotto un regime di sfruttamento indiscriminato. Gli Stati europei si sono spartiti l'Africa e l'Asia secondo interessi economici, legati in particolar modo alle risorse primarie quali minerali, legno, pietre preziose, cui si è aggiunto il petrolio nel secolo XX.
Quando gli stati dell'Africa e dell'Asia hanno raggiunto l'indipendenza, gli stati coloniali ne hanno stabilito i confini, senza molto riguardo alla composizione etnica, tribale, religiosa e culturale delle popolazioni comprese all'interno di ogni Stato. Per questo motivo i fattori di diversità sociale, tribale, etnica, religiosa e culturale, che si contrappongono l'uno all'altro, sono entrati a far parte, loro malgrado, di un solo Stato. Ad esempio le tribù Hutu e Tutsi in Rwanda, cristiani, drusi e musulmani in Libano, shiiti e sunniti in Iraq, curdi e arabi in Siria. le tragedie senza fine di questi stati sono la conseguenza diretta e prevedibile del fatto che sono stati degli stranieri, europei, ha definire i confini degli Stati, senza badare all'aspetto sociologico e alle caratteristiche sociali delle popolazioni.
Ciò che accomuna gli stati del terzo mondo è la condizione politica per cui un piccolo gruppo ha guadagnato, soprattutto con la forza, l'appoggio della potenza coloniale, ha raggiunto il potere e domina sugli altri gruppi. Gli accordi economici che i gruppi al potere stringono con gli stati occidentali li rafforzano ancora di più, a scapito di parte della popolazione.
Il Sudan come esempio
Il Sudan è un buon esempio, o per meglio dire un cattivo esempio, degli effetti devastanti del colonialismo europeo, e, in questo caso, del colonialismo britannico. il Sudan è uno stato assai vasto, grande cento volte e più di Israele, con 45 milioni di abitanti. Da quando ha ottenuto l'indipendenza dal governo britannico e egiziano nel 1956, è al potere un gruppo arabo musulmano il cui centro di potere risiede nel nord del paese. Gli abitanti del sud sono cristiani e animisti, e gli abitanti della parte occidentale del paese, il Darfur, sono musulmani africani e non arabi.
Già prima dell'indipendenza si sono verificati degli scontri tra nord e sud, perché il sud non accettava che il regime degli arabi musulmani avesse il potere anche sul sud che non è islamico, e in particolar modo lamentava lo sfruttamento economico: il sud ha giacimenti di petrolio, e i suoi abitanti vogliono poter disporre dei proventi, mentre il nord vede nel sud esclusivamente una mucca da mungere. Il governo centrale non ha investito in infrastrutture, educazione, né in sviluppo, perché gli abitanti del sud, tribù africane di non musulmani, non sono considerati agli occhi del governo centrale come cittadini dei quali lo Stato deve occuparsi.
Per permettere alle compagnie straniere di operare in libertà e sicurezza nel sud del paese, il governo centrale ha iniziato un'operazione di "pulizia" degli abitanti che risiedevano sui terreni ricchi di petrolio, ivi compresa l'uccisione di un numero enorme di persone. Ci sono stati casi in cui le stesse compagnie, in particolar modo cinesi, hanno finanziato le milizie che hanno massacrato la popolazione locale ogni volta questa si opponeva allo sfruttamento delle risorse naturali per fini non diretti allo sviluppo locale.
Milioni di persone sono scappate dal sud, alcune verso nord, dove vivono come esiliati, altri hanno riparato in stati limitrofi, Kenya, Etiopia, Eritrea, Uganda e Egitto, in condizione di rifugiati. Alcuni sono fuggiti in Israele.
Il Sudan ha attraversato diverse fasi nelle lotte interne per il potere, e la guerra con la parte sud dello stato è stata un pietra miliare nell'esacerbarsi delle situazioni che si sono succedute: si calcola che le vittime delle varie guerre tra nord e sud siano più di due milioni. Nel 1987 è salito al potere Omar Al-Bashir, che si è avvicinato all'Islam radicale negli anni '90 per introdurre poi la sharia islamica sotto la guida di Hassam Al-Turabi, una delle guide dei Fratelli musulmani. Questa islamizzazione è stata vista come una minaccia che avrebbe minato le radici delle altre culture fino ad allora esistenti. A metà degli anni novanta operavano in Sudan numerose aziende agricole che non erano altro che campi di addestramento di un'organizzazione caritatevole chiamata "Al-Qaeda", diretta da un saudita allora ancora sconosciuto, Osama bin Laden. Non c'è da sorprendersi se in quelle condizioni cristiani e animisti non si siano sentiti a proprio agio.
Nel 2005 è stato firmato un "Accordo di pace" tra il governo e il sud del paese, in cui si garantiva l'autonomia al sud e un referendum per accertare la volontà della popolazione su un'eventuale secessione dal Sudan. Il confine tra nord e sud non è definito, e questo problema è ancora maggiore nei territori contingui alla città di Abii, ricchi di petrolio, contesa tra le parti. Nel referendum gli abitanti di Abii dovranno scegliere di quale stato vorranno far parte.
Il referendum è iniziato domenica scorsa e durerà sette giorni. Molto probabilmente gran parte degli abitanti del sud sceglieranno la secessione e la creazione di uno stato indipendente. In questi giorni sono colmi di gioia, si recano in massa alle urne, vestiti con gli abiti della festa, e anche gli immigrati sudanesi in Israele festeggiano la possibilità di raggiungere l'indipendenza.
Il presidente del Sudan, Omar Al-Bashir, ha sempre dichiarato che rispetterà la decisione del referendum, e la settiman scorsa ha fatto sapere che sarà lui il primo a festeggiare l'indipendenza del Sud. Anche se questa dichiarazione è un po' esagerata è verosimile che possa rispettare i risultati, e questo per una serie di motivi. Il primo è la stanchezza, sua e del mondo arabo musulmano, per le continue lotte tra nord e sud e la consapevolezza che questo conflitto ha spossato il Sudan. Il secondo è la volontà di Al-Bashir di apparire come un liberale che rispetta la volontà dei propri cittadini del sud, sopra tutto perché è accusato di genocidio e altri crimini contro l'umanità commessi in Darfur. Al-Bashir spera che la liberalità dimostrata nei confronti del sud cancelli le proteste per quanto accaduto, e contribuisca quindi a far ritirare il mandato d'arresto internazionale emesso nei suoi confronti.
Oltre a ciò vi è un numero di questioni di non poca rilevanza che emergeranno nel caso in cui il sud decida per la secessione. A chi saranno destinate le risorse naturali del sud, per esempio, e se il nord parteciperà alla gestione, la spartizione dei debiti, se il sud se ne accollerà in parte o no; il problema delle acque del Nilo, questione particolarmente rilevante per l'Egitto, poiché se il sud investirà in agricoltura e industria aumenterà il bisogno di acqua, a danno del Sudan e dell'Egitto. Già oggi l'Egitto soffre di una diminuzione delle riserve di acqua del Nilo, dovuta allo sviluppo del settore agricolo in Etiopia e Uganda, motivo di tensione tra i Paesi che si affacciano sulle rive del fiume.
Anche qui viene tirata in ballo Israele, come sempre in modo negativo. I media arabi sostengono che Israele è coinvolta da anni nella ribellione del sud, per indebolire l'unione araba e per aggravare i problemi concernenti i confini. Israele, secondo queste voci, vuole creare un conflitto fra le élite al potere e i gruppi oppressi, per minare l'integrità degli stati e stabilire relazioni con i nuovi stati che nasceranno da possibili secessioni. Questa accusa non è nuova, è emersa in relazione all'autonomia curda in Iraq, ed ora continua a farsi sentire per quanto riguarda il Sudan del sud. Secondo alcune versioni vi sono imprenditori israeliani coinvolti nelle rivolte contro lo stato centrale, e la teoria della cospirazione, che domina in alcuni mezzi d'informazione arabi, dipinge Israele come una minaccia per tutto il mondo arabo.
Cosa riserva il futuro?
Il nuovo Stato che si formerà nel sud non avrà vita facile, lo attenderà un difficile periodo di autogoverno. I cittadini si renderanno conto che forse è stato più semplice ottenere l'indipendenza che non governare un Paese indipendente, anche perchè la popolazione del nuovo stato è divisa in numerose tribù, vi sono molte lingue e culture differenti. Passata l'euforia dell'indipendenza, c'è il rischio di lotte interne, le armi non mancano.La storia dell'Africa (Biafra, Rwanda) è nota.
Oltre a ciò, vi è da notare che la secessione del sud può aumentare le aspettative e la volontà di indipendenza di alcuni gruppi in Medio Oriente. In Somalia si è creata un'autorità territoriale che si definisce Somaliland, che richiede il riconoscimento internazionale. In Yemen c'è un gruppo che opera per l'indipendenza del sud da almeno vent'anni. Il Sahara occidentale vuole l'indipendenza dal Marocco. I Balichi la vogliono dall'Iran, dopo aver conquistato l'autonomia de facto dal Pakistan e dall'Afghanistan. I Curdi in Turchia ancora non hanno messo la parola fine ai tentativi di ottenerla. E a Gaza il movimento Hamas ha creato uno Stato praticamente autonomo tre anni e mezzo fa.
La divisione del Sudan avanzerà quindi i processi di autonomia nei paesi del Medio Oriente, con la formazione di piccoli stati omogenei, basati ognuno su un gruppo tradizionale dai caratteri unitari. Forse vi sarà la fine dell'eredità coloniale, che ha creato stati reali formati da gruppi tra loro ostili, che invece di convivere in pace si sempre combattuti l'un l'altro.
Come si dice in yiddish? Inshallah.
Mordechai Kedar, lettore al Dipartimento di Arabistica e ricercatore presso il Dipartimento di Strategia dell' Istituto Begin-Sadat, Università di Bar-Ilan