Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/01/2011, a pag. 33, l'articolo di Michele Sarfatti dal titolo " Un piano nazista per Gerusalemme ".
Il Gran Muftì di Gerusalemme con Adolf Hitler
L'articolo di Michele Sarfatti è incompleto. Manca la descrizione del legame fra il Gran Muftì di Gerusalemme e Hitler, entrambi antisemiti e pronti a tutto per eliminare tutti gli ebrei.
Nel libro Nazi Palestine di Klaus-Michael Mallmann e Martin Cüppers che Sarfatti recensisce il ruolo del Gran Muftì di Gerusalemme viene analizzato, a maggior ragione c'è da chiedersi che cosa abbia spinto Sarfatti a ignorarlo nel suo articolo.
Per leggere la scheda di Libri Raccomandati del libro " Nazi Palestine ", cliccare sul link sottostante:
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=300&cat=rubrica&b=35496&ord=author
Ecco l'articolo:
La Germania nazista programmò lo sterminio degli ebrei di Gerusalemme e Tel Aviv? Secondo il libro di Klaus-Michael Mallmann e Martin Cüppers, ora tradotto in inglese col titolo Nazi Palestine. The Plans for the Extermination of the Jews in Palestine (Enigma Books), tale progetto venne realmente pianificato, anche se al dunque non fu messo in pratica. Siamo nel momento della formidabile avanzata delle forze italo-tedesche lungo la costa meridionale del Mediterraneo, oltre la Libia. Il 29 giugno 1942 conquistano Marsa Matruh e il giorno dopo raggiungono la piccola località di El Alamein. Nelle settimane seguenti provano a debellare gli inglesi ivi attestati, ma senza successo. Stesso esito ha l’offensiva di fine agosto. Infine la battaglia di ottobre-novembre vede il successo Alleato e l’avvio di una rapida e questa volta definitiva controffensiva. Mallmann e Cüppers documentano che nella prima metà di luglio di quell’anno Himmler decise la creazione di un commando speciale della Polizia di sicurezza -Servizio di sicurezza della Direzione generale per la sicurezza del Reich, posto direttamente sotto i suoi ordini, da aggregare all’Afrika Korps. Un documento del 13 luglio precisò che il suo incarico era di «adottare, sotto la propria responsabilità, provvedimenti esecutivi contro la popolazione civile» , senza aggiungere ulteriori dettagli (pagina 117). Va osservato che l’incarico era di natura tale da dovere essere svolto in Paesi di nuova occupazione, non quindi nella Libia già italiana. Il 29 luglio il commando fu condotto ad Atene, in attesa di essere trasferito a destinazione. Quest’ultimo spostamento però non fu mai effettuato e nella seconda metà di settembre il commando venne riportato a Berlino, per essere poi dislocato il 24 novembre nella Tunisia appena occupata. Come si può notare, la cronologia del commando speciale si inquadra perfettamente in quella delle operazioni militari generali: dapprima si ritenne che molto presto esso sarebbe stato necessario, poi si prese atto che la situazione era mutata, almeno temporaneamente, infine lo si utilizzò in una regione non molto dissimile (si direbbe che lo si era addestrato proprio per situazioni mediterranee meridionali e orientali). Come i due storici hanno riconosciuto in un dibattito con Tom Segev svoltosi sul quotidiano «Haaretz» nel 2008, nessuno dei documenti da loro reperiti menziona né la progettazione, né la volontà di sterminare gli ebrei d’Egitto e soprattutto di Palestina. A loro parere però quel mandato era necessariamente compreso nelle consegne del 13 luglio, in quanto fortemente simili a quelle date agli Einsatzkommando che compirono agghiaccianti eccidi di massa della popolazione ebraica nell’Europa settentrionale e orientale. A me pare tuttavia che ciò non sia sufficiente ad attestare l’esistenza di un vero e proprio «piano» . Similmente, nel capitolo sulla Tunisia si afferma che l’Einsatzkommando non riuscì a organizzare uccisioni di massa degli ebrei di quel Paese (pagina 174), senza però offrire né prove dell’esistenza dell’incarico né riflessioni sull’asserito fallimento. E però, detto tutto ciò, resta il fatto che proprio i documenti reperiti da Mallmann e Cüppers ci spingono a interrogarci ancora una volta su cosa sarebbe potuto accadere agli ebrei di Gerusalemme e Tel Aviv se Hitler e Mussolini nell’estate autunno 1942 avessero travolto la linea difensiva inglese a El Alamein. Pare irreale ipotizzare un nuovo blocco prima di Alessandria. Forse avrebbero rapidamente superato il canale di Suez (puntando magari verso il Caucaso, per congiungersi con i reparti in discesa dal fronte russo). Forse la Palestina sarebbe stata assegnata alla Germania, forse all’Italia, magari con il coinvolgimento di forze simpatizzanti locali. Nessuna di queste ipotesi può avere riscontri e risposte serie, ciò tuttavia non ci deve impedire di considerare che la sconfitta nazifascista a El Alamein costituì un evento vitale per gli ebrei egiziani e palestinesi.
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