Un Sergio Romano minore, ma non per questo meno interessante, sul CORRIERE della SERA di oggi, 08/01/2011, a pag.55, sotto il titolo " I cristiani nell'islam, cosa c'è dietro l'odio ". Romano fa nascere la volontà dell'islam di dominare il mondo dal colonialismo occidentale. Una affermazione ridicola, soprattutto da parte di uno che si qualifica 'storico'.
Sergio Romano L'assegio di Vienna (1529-1683)
Qual è la sua opinione su una problematica di terribile attualità, le persecuzioni dei cristiani nel mondo? Gli attentati che le sempre più esigue comunità subiscono nei Paesi a maggioranza islamica sono sotto gli occhi di tutti. Sono la risposta all’ultimo decennio di politica interventista occidentale in Medio Oriente? I cristiani sono visti, a torto o a ragione, come collaborazionisti degli occupanti. Perché non si riesce a dare una risposta efficace a questa persecuzione che mira a far scomparire le comunità cristiane del Medio Oriente?
Fabio Todini
fabiotdn@gmail. com
Caro Todini, Non ripeterò quanto molti hanno già scritto su queste pagine negli scorsi giorni. Anch’io credo che la persecuzione dei cristiani sia una delle più brutte pagine medio-orientali degli ultimi decenni e che i governi occidentali abbiano il diritto di intervenire politicamente affinché le autorità locali diano prova di maggiore serietà ed efficacia. Mi limiterò ad aggiungere qualche considerazione più strettamente politica. Non credo allo «scontro di civiltà» , categoria brumosa, utile soltanto per coloro che questo scontro lo desiderano e lo preparano. Il Cristianesimo e l’Islam hanno uno stesso padre, di cui si contendono l’eredità, e sono quindi concorrenti. Ma hanno dimostrato di potere felicemente convivere. Se i rapporti diventano conflittuali esistono sempre motivazioni politiche, sociali, economiche. Il fondamentalismo islamico nasce come reazione nazionalistica al colonialismo europeo e assume caratteri ancora più radicali dopo il fallimento dei processi di modernizzazione, d’ispirazione occidentale, nei maggiori Stati musulmani durante gli ultimi decenni. La crisi delle politiche modernizzatrici ha regalato all’integralismo musulmano le truppe disperse e deluse di un esercito composto da ceti sociali a cui erano state fatte promesse non mantenute. Per ordinare queste truppe e assicurarne la compattezza, i leader dei movimenti islamisti devono anzitutto isolarle dal resto del mondo e denunciare l’esistenza di un nemico aggressivo e insidioso. Le guerre americane degli ultimi anni, il carcere di Guantanamo e quello di Abu Ghraib hanno fornito le occasioni e i pretesti per esortare i fedeli alla resistenza e al contrattacco. Gli attentati contro l’Europa e gli Stati Uniti servono a dimostrare che le democrazie occidentali, principali ispiratrici dell’Islam laico, sono vulnerabili e non saranno in grado di proteggere i loro «feudatari» medio-orientali. Gli attacchi contro i regimi politici della regione servono a incrinarne la stabilità, a provare che non sono neppure di grado di proteggere se stessi, di mantenere l’ordine pubblico, di difendere i loro cittadini. Se all’interno di un Paese arabo musulmano esistono conflitti interni, etnici o religiosi, occorre esasperarli. È questa la ragion per cui Al Qaeda nel Maghreb combatte l’Algeria e il Marocco anche catturando i turisti stranieri nel Sahara. È questa la ragione per cui Al Qaeda in Iraq non ha mai cessato di aizzare i sunniti contro gli sciiti. Ed è questa infine la ragione per cui l’organizzazione colpisce i cristiani in Iraq e in Egitto. Nulla, nella prospettiva di Al Qaeda, può contribuire al discredito internazionale del regime di Mubarak quanto la sua apparente incapacità di proteggere il 10%della propria popolazione. Per queste situazioni, caro Todini, non esistono ricette semplici e soluzioni facili. Di una cosa, tuttavia, sono certo. Vincerà, alla fine, chi non si lascerà fuorviare da conclusioni emotive e affrettate.
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