Con il titolo " Buruma falso amico". sul FOGLIO di oggi, a pag.4, Giorgio Israele contribuisce ad illuminare uno degli interpreti più subdoli delle vicende mediorientali. Si i nemici diretti non danno adito a interpretazioni,
i " falsi amici " sono più pericolosi, come Buruma, appunto.
per leggere il pezzo di Buruma uscito il 4 gennaio sul Corriere, cliccare sul link:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=110&id=37953
Ecco il pezzo:
Ian Buruma Giorgio Israel
Ian Buruma è noto per aver scritto in collaborazione con Avishai Margalit il saggio “Occidentalismo”. Il titolo faceva da controcanto al celebre “Orientalismo” dell’intellettuale americano palestinese Edward Said. Con “orientalismo” Said denotava la quintessenza del razzismo colonialista occidentale, anzi il fattore identitario dell’occidente: vedere l’oriente come qualcosa di “diverso”, “esotico”, affascinante e al contempo inferiore e repellente. L’“occidentalismo” era descritto da Buruma e Margalit come il peccato simmetrico: vedere l’occidente come “mente senz’anima”, efficienza senza spiritualità, accusarlo di mitizzare la scienza e la tecnologia, di idolatrare il capitalismo a discapito dei valori umani. Il fatto bizzarro è che la colpa di “occidentalismo” non era imputata all’oriente, bensì anch’essa all’occidente… il quale veniva così a essere la sentina di ogni colpa: razzismo, colonialismo e romanticismo irrazionalista. Insomma, “Occidentalismo” era nient’altro che il tomo secondo di “Orientalismo”: un atto d’accusa globale contro l’occidente in cofanetto. Per mettere in piedi una simile proiezione di colpe era necessario un impasto di paradossi acrobatici. Per esempio, l’ebraismo era presentato non come una religione ma come una setta fanatica colpevole di aver eletto a fede la negazione dell’idolatria: difatti, per Buruma e Margalit, la negazione dell’idolatria è una delle forme più patenti di “occidentalismo”… Con simili brillanti piroette i nostri riuscivano sia a spiegare l’ostilità preconcetta di cui è vittima Israele da parte degli “occidentalisti” – da essi accusato di amoralità e colonialismo – sia a condannarlo per il suo “occidentalismo” – stato colonialista, oppressore, ispirato dal giudaismo fanaticamente anti idolatrico. Buruma, il cui motto sembra essere quello del diavolo dantesco – “Tu non pensavi ch’io loico fossi” – ripropone le sue arti dialettiche in un intervento sul Corriere della Sera in cui invita Israele a guardarsi dai “falsi amici”, ovvero dagli “occidentalisti” di destra Geert Wilders, Strache e DeWinter che presentano Israele come un modello “da tempo ripudiato in Europa per i funesti richiami al nazifascismo”. Ma Israele è, oppure no, il modello di tale nefasto passato? Sì e no. Sì, da un lato, per l’occupazione e le umiliazioni dei palestinesi. No, perché è esagerato paragonare Gaza a Auschwitz. Ma è anche falso dire che Israele combatta un “islamofascismo” che non esiste. Insomma, Israele è occidentalista e anche vittima degli occidentalisti che ne vorrebbero fare il loro baluardo. A Buruma preme soprattutto stabilire che non esiste un pericolo islamico, altrimenti “le misure contro di esso sarebbero giustificabili”. E non lo sono, perché il pericolo non c’è. I fatti di Alessandria ne sono una patente conferma. Buruma ammette a denti stretti che la destra europea dei “falsi” amici non ricorre più all’arsenale ideologico di un tempo. Ma è un inganno perché il dna non può cambiare. Invece, la sinistra è candida: essa amava l’Israele della dorata esperienza dei kibbutz; se, dopo il 1967, lo criticò fu per la disillusione provocata dai suoi comportamenti. La sinistra vive di ideali che né la politica internazionale (come i rapporti tra Urss e mondo arabo) né l’ideologia possono contaminare. A Israele resta una sola e difficile medicina: emendarsi del suo occidentalismo affidandosi alle cure della sinistra. La quale è, sì, talvolta un po’ troppo occidentalista nell’accusare Israele – come negli “eccessi” di Saramago – ma le sberle si debbono accettare con gratitudine quando a propinarle sono i “veri” amici.
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