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Il Giornale Rassegna Stampa
05.01.2011 La Grecia vuole costruire un muro al confine con la Turchia
Che cosa c'entra Israele ?

Testata: Il Giornale
Data: 05 gennaio 2011
Pagina: 10
Autore: Massimo Veronese
Titolo: «Muri costruiti contro gli immigrati. Ora anche la Grecia ne vuole uno»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 05/01/2011, a pag. 10, l'articolo di Massimo Veronese dal titolo "Muri costruiti contro gli immigrati. Ora anche la Grecia ne vuole uno ".


Grecia/Turchia

Veronese scrive : "  In Israele dopo la barriera di cemento armato pensata da Sharon attorno alla Cisgiordania per stroncare i kamikaze, Netanyahu vuole uno sbarramento tecno lungo la frontiera sud con l'Egitto, per frenare l’immigrazione clandestina che, attraverso l'Egitto, preme dall’Africa verso Israele ".
La barriera di sicurezza è in cemento solo per il 6% della sua lunghezza totale. Inoltre la Cisgiordania non confina solo con Israele, perciò non  si capisce come potrebbe la barriera essere tutta 'attorno alla Cisgiordania'.
La barriera al confine con l'Egitto, non è per bloccare solo attentati terroristici ma per impedire l'ingresso di clandestini. Lo stesso problema che ha la Grecia. Ma è scorretto identificare la barriera di sicurezza israeliana con un muro.
Veronese dovrebbe documentarsi meglio, eviterebbe di simili errori.
Ecco il pezzo:

Non è ancora nato e già divide. Dodici chilometri di muro a separare due mondi, l’occidente e l’islam, i nativi e gli immigrati, noi e loro. Un avamposto della paura, una barriera di protezione, un reticolato su cui lasciare morire la vita a seconda del punto di osservazione, che in genere ha solo l’alto o il basso. La Grecia ha deciso di piantare la sua Berlino ai confini con la Turchia perchè è li che si è aperto un corridoio attraversato da un’immigrazione irregolare che si è fatta selvaggia. L’Europa apra pure le porte all Turchia se vuole, ma di qui non si passa. «Abbiamo superato già il limite dell’accoglienza - ha spiegato a muso duro il ministro per l’Ordine pubblico Christos Papoutsis - e dobbiamo fare i conti con il popolo greco». Che non ha più lavoro e pazienza con chi lo cerca a casa sua. Ormai va così: nell’era della globalizzazione tra le frontiere passa di tutto, idee, capitali, merci, ma non uomini. È finita l’euforia che seduta a cavalcioni sul Muro di Berlino aveva aperto le porte alla libertà. Adesso la libertà fa paura. Cadono le barriere e crescono i muri.

Buoni, o buonisti, come quello che Zapatero conserva con il pugno di ferro alla frontiera tra il Maghreb e l'Europa, sigillato da una barriera metallica doppia e lunga 9,7 chilometri intorno alla città di Ceuta; o cattivi come quello che sta in mezzo tra India e Bangladesh, 4mila chilometri di ferro e acciaio, ufficialmente al lavoro per stroncare il traffico d’armi, in realtà nato per strangolare i viaggi della speranza.
Il mondo ormai è un fortino assediato che comunica in tempo reale per sentirsi ovunque senza voler essere da nessuna parte. In Israele dopo la barriera di cemento armato pensata da Sharon attorno alla Cisgiordania per stroncare i kamikaze, Netanyahu vuole uno sbarramento tecno lungo la frontiera sud con l'Egitto, per frenare l’immigrazione clandestina che, attraverso l'Egitto, preme dall’Africa verso Israele, unica porta d'accesso via terra, spiega il governo israeliano «al mondo sviluppato». Entro due anni una cinta di reticolati, protetta da una sofisticata rete di controllo radar, sorveglierà buona parte della linea che separa l'estremo limite del deserto israeliano del Neghev dal Sinai egiziano. Costerà circa un miliardo di shekel, poco meno di 200 milioni di euro al cambio odierno, roba che costa ma che non è detto che funzioni.
Obama per esempio ha appena bloccato la costruzione del muro virtuale che doveva risolvere una volta per tutte il problema dei clandestini che entrano negli States dal Messico lungo una frontiera lunga 3200 chilometri. Un muro invisibile ad alta tecnologia, telecamere notturne e radar di ultima generazione, pensato da Bush che alla fine ha creato più problemi di quelli che voleva risolvere. E il confine è rimasto lo stesso colabrodo di sempre. Insieme ai tempi si sono allungati i costi, così cinque anni e un miliardo di dollari pubblici invece degli immigrati sono stati bloccati i fondi. Anche perchè bastava un po’ di pioggia o di vento appena forte per mandare in tilt tutta la sofisticatissima contrartiglieria.

Ma i muri non blindano solo i Paesi ma tagliano in due le città. Pechino, idea del potente capo del Partito Comunista Liu Qi, ha deciso di dotarsi di vigilantes, telecamere e villaggi blindati per filtrare gli immigrati, cinesi pure loro però, che arrivano dalle zone più povere del Paese, giovani che lavorano nell'edilizia o nell'intrattenimento, che sono due dei settori trainanti dell'economia della metropoli. A Dashengzhuang è stato istituito un servizio di vigilanza che per 24 ore al giorno esamina i documenti di tutti quelli che entrano. Il villaggio è completamente chiuso dalle 11 di sera alle 6 di mattina e in altri 16 villaggi cittadini sono stati costruiti 77 muri, installate 306 telecamere di sorveglianza e reclutati 202 vigilantes per controllare gli accessi. E in Slovacchia, a Michalovce, ne hanno appena costruito uno alto due metri e lungo venticinque su iniziativa privata di più di una cinquantina, costo di 3000 euro, che si allaccia ad un’altra barriera costruita dal comune, costata 40.000 euro: mezzo chilometro di bunker cittadino solo per impedire ai 1800 rom della colonia Angi mlyn di raggiungere il centro città passando attraverso le zone residenziali. Ufficialmente il muro è lì come barriera antirumore ma tutti sanno che non è così. Non è una questione umanitaria, di diritti civili, di fratellanza tra i popoli. É che «i rom passano di qua e ci pisciano sotto i balconi, completamente ubriachi: non possiamo nemmeno aprire le finestre dalla puzza». E i muri, si sa, hanno il senso del limite.

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