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Copia di e-mail inviata a Michele Giorgio al Manifesto, dopo la nostra criticca di ieri.
Gerusalemme, 2 gennaio 2011, 26 Tevet 5771
Egregio signor Michele Giorgio, leggo in rassegna stampa il suo articolo sul nipote del ditattore Yasser Arafat, quello che Craxi paragonava ahinoi a Mazzini, e che invece e'morto in un letto d'ospedale d'Oltralpe, attorniato dalla minacciosa ancorche' flavescente moglie dedita a shopping miliardari nella capitale francese e dalla cricca di Fatah, impegnata in un duello all'ultimo sangue con la first lady per l'eredita' del danaro accumulato dall'idra palestinese in decenni di potere, corruzione e terrore. Ora, al di la' di questo, o forse proprio in virtu' di questo, anche lei nomina Tel Aviv come capitale dello stato d'Israele. Comunque lei la pensi, e ci sono pochi dubbi su come lei la pensi, dovrebbe sapere che Tel Aviv, meravigliosa citta' del Bauhaus, e' si' un luogo su cui il piccolo Fuhrer di Teheran ogni giorno minaccia di permettere al "nobile" movimento Hamas ( quello che ai pacifisti piace tanto anche perche' nei cortei ne puo' derivare lo slogan "Hamas, Hamas, Israele alle camere a gas!) di arrivare con i missili a lunga gittata, a rifornirlo dei quali egli stesso s'impegna, quando non e' altresi' impegnato nell'abbraccio fortissimo con un tale Ugo Chavez, ridanciano caudillo estimatore di Naomi Campbell che all'uopo cambia la Costituzione venezuelana per ricandidarsi al suo becero scranno, o quando non corre da Ignazio Lula da Silva, al quale certo non fa specie la pratica della lapidazione di donne, ne' il ricordo dell'uccisione con un colpo al cuore di una giovane studente che chiedeva solo liberta', mentre e' sul serio preoccupato di proteggere l'assassino seriale Battisti Cesare dalla persecuzione ed eventualmente dall'eliminazione che quest'ultimo correrebbe il rischio di subire in Italia, Paese delle sue vecchie pratiche di "giustizia sociale" incentrate appunto sull'eliminazione di esseri umani, la stessa che egli pretende di temere se dovesse tornare nel Bel Paese.
Tornando a Tel Aviv, le ripeto che lei dovrebbe sapere che in tale bianca citta' non si trova la Kneset dello stato d'Israele, quella stessa le cui leggi permettono a una corte giudiziaria formata da giudici ebrei e arabi ( George Kara) di processare e condannare per stupro uno dei presidenti dello stato, Moshe Katzav, e dove lavorano tutti i primi ministri che si succedono alla guida politica del Paese e nelle trattative purtroppo sempre infelici con la controparte palestinese. Certo sappiamo benissimo che il presidente Abu Mazen e l'intera Umma araba amano ripetere che non v'e' alcun legame storico dimostrabile tra gli ebrei e la citta' di Gerusalemme, facendo ridere i polli ( se non si trattasse anche di piangere) e suscitando alla fine la protesta del rettore arabo dell'universita' Al Kuds di Gerusalemme, Sari Nusseibe, il quale ha pregato il suo popolo di smetterla con questa assurdita' ma e' stato prontamente minacciato di brutto, come del resto tutte le altre volte in cui egli si e' permesso di dissentire dalla retorica della falsita' coltivata da Arafat con pistola alla cintola, da sfoderare anche quando qualcuno gli ricordava che egli era nato in Egitto, e niente affatto a Gerusalemme. Sappiamo benissimo che l'ipocrisia internazionale e il ricatto arabo impongono il non riconoscimento formale di Gerusalemme come capitale dello stato d'Israele, ( che si vorrebbe divisa perche' che vita e' mai una vita senza Berlino Est.... ). In tutta' bonta' pero', e senza animosita' veruna, le dico che nonostante questo, nonostante una comprensibile tenacia in quello che lo storico Bebel definiva " l'antimperialismo degli imbecilli", riferendosi al cosiddetto antisionismo, anche lei, riferendosi a Tel Aviv come alla capitale d'Israele, ci fa solo la figura dell'ignorante. Saluti Leah Rosenholtz |
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