Il malinteso Irène Némirovsky
Traduzione di Marina Di Leo
Adelphi Euro 12,00
Il racconto con cui Irène Némirovsky ha esordito nel 1926, Le malentendu, è stato recentemente riproposto dalla casa editrice Adelphi che in questi anni ha fatto conoscere al pubblico italiano l’intera opera narrativa della scrittrice ebrea, nata a Kiev l’11 febbraio del 1903 e morta ad Auschwitz il 19 agosto 1942 dove era stata deportata dopo l’arresto da parte della guardia nazionale francese.
Divenuta un caso letterario nel 2005 con la pubblicazione del capolavoro “Suite francese”, Némirovsky aveva solo 23 anni quando Le malentendu apparve su una rivista, ben quattro anni prima del romanzo “David Golder” che la consacrò come scrittrice di grande talento, la cui maturità artistica superava ampiamente quella anagrafica.
Benchè fin dalle prime pagine si riconosca la scrittura intensa e matura e l’alta cifra linguistica che caratterizza la sua prosa, in questo primo romanzo l’autrice è decisa a dimostrarsi francese, nonostante siano trascorsi solo pochi anni dall’arrivo in Francia con la sua famiglia in fuga dalla Russia rivoluzionaria.
E in questo ambito sottili e delicate sono le riflessioni psicologiche sui sentimenti e le passioni dell’alta borghesia parigina, quella classe sociale che si è trovata ad affrontare le contingenze difficili del dopoguerra.
La vicenda che prende avvio a Hendaye - “quel delizioso angolo della regione basca” dove Yves Harteloup aveva trascorso da bambino le vacanze e assaporato “giornate piene e dorate, simili a frutti perfetti maturati sotto il sole” - vede al centro la passione di Denise, giovane donna sposata ad un ricco uomo d’affari (un uomo buono che l’ama profondamente ) ed Yves, uno scapolo che dopo la guerra ha visto andare in fumo le ricchezze della famiglia ma non si rassegna a guadagnarsi da vivere con uno scialbo lavoro d’ufficio.
L’infatuazione fra Yves e Denise sboccia in modo casuale durante le vacanze estive nel romantico paesino di Hendaye, mentre Jessaint il marito è assente per lavoro; come spesso accade la dolcezza, la passione e l’incantesimo di quei primi giorni si scontrano bruscamente con la realtà del ritorno a Parigi e con la ripresa di una quotidianità che deve fare i conti con due caratteri e due stili di vita quasi opposti fra loro.
A Denise che conduce una vita oziosa e tranquilla con la piccola France, la figlioletta accudita dalla governante, in una abitazione lussuosa dove ogni oggetto parla di prestigio e ricchezza, si contrappone Yves, amareggiato e deluso dal lavoro, con un’ esistenza segnata da una persistente mancanza di denaro e un carattere troppo orgoglioso per ammettere, soprattutto con l’amante, i gravi problemi finanziari che l’affliggono.
Eppure nel delinearsi della trama la differenza che si percepisce fra Yves e Denise e che condurrà alla dissoluzione della loro unione, non attiene solo alla diversa condizione di vita fra i due, bensì ad una concezione del mondo e del rapporto amoroso assai distanti l’uno dall’altro; è l’abisso che divide chi crede con l’ingenuità di un’adolescente nell’amore assoluto, che occupa tutti gli istanti della vita con il pensiero dell’amato, con il bisogno di parole e continue conferme, da chi invece deve guadagnarsi il pane e vorrebbe trovare nella compagna la serenità dei sentimenti e uno scambio equilibrato.
Quello fra Yves e Denise si trasforma in un conflitto insanabile su cui agiscono i molteplici problemi di un amore che ha solo l’apparenza del sentimento ma è privo di consistenza perché si alimenta solo del desiderio di scacciare la noia di un’esistenza banale.
Il malinteso del titolo, quella felicità non riconosciuta e quindi non assaporata fino in fondo, costituisce il fulcro del libro che farà dire a Denise: “ Ecco…è finita. Io non lo sapevo che era quella la felicità…E ora è finita”.
L’autrice con la magia del suo linguaggio ci restituisce una storia d’amore che non è solo metafora sociale del suo tempo ma racconta, con frammenti di bellezza e tenui ricami di speranza, l’inesauribile ricerca di sé che alberga nell’animo di ogni essere umano.
Giorgia Greco