Con il titolo " L'india si unisce al fronte anti-Iran ", sul SOLE24ORE di oggi, 31/12/2010, a pag.12, Vittorio Da Rold riferisce sulle nuove procedure che dovrebbero arfforzare le sanzioni anti-Iran.
Ecco il pezzo:
Meglio non essere troppo ottimisti
L'India si aggiunge al folto gruppo di paesi che hanno deciso di stringere sempre di più il cordone delle sanzioni finanziarie al regime degli ayatollah bloccando i pagamenti delle importazioni di petrolio attraverso la stanza di compensazione usata finora. A meno che Teheran decida di collaborare seriamente con gli ispettori dell'Aiea sul suo controverso programma nucleare, sospettato dall'Occidente di nascondere scopi militari. È un brutto colpo per il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, che per rappresaglia ha deciso a sua volta di bloccare la vendita all'India di 400mila barili al giorno, il 13% dell'import totale del gigante asiatico, una mossa che però costringerà Teheran a trovare a sua volta nuovi acquirenti o a stoccare il greggio invenduto, visto che l'India acquistava un quinto dei 2 milioni di barili che l'Iran esporta al giorno. Oggi, le due parti torneranno al tavolo delle trattative, ma intanto Ahmadinejad ha risposto a muso duro alle nuove procedure finanziarie che New Delhi ha chiesto di rispettare per i 12 miliardi di dollari di transazioni annuali che intercorrono tra i due paesi. L'intricata vicenda prende le mosse apparentemente da un questione tecnica: la fine dell'uso indiscriminato della stanza di compensazione degli otto paesi dell'area dell'Asia meridionale appartenenti all'Acu, l'Asian Clearing Union. Un sistema che consente il pagamento tra paesi attraverso l'intervento delle banche centrali, lasciando un margine di incertezza sull'identità delle società coinvolte. Le modifiche che Delhi vuole introdurre tendono quindi a far apparire alla luce del sole quali società iraniane facciano affari con quelle indiane, evitando di occultare "relazioni pericolose" con aziende nella black list come quelle appartenenti ai Guardiani della rivoluzione, società sottoposte a sanzioni americane che si aggiungono a quelle dell'Onu. I funzionari americani del Tesoro hanno recentemente fatto pressione su New Delhi in occasione della visita di Obama affinché le imprese indiane continuino a fare le operazioni finanziarie attraverso l'Acu, senza però correre il rischio di violare una legge firmata dal presidente americano nel mese di luglio che vieta alle aziende internazionali di fare affari con 17 banche iraniane, gran parte delle società del settore del petrolio e del gas di Teheran, così come con quelle società legate ai Guardiani della Rivoluzione. Se una società indiana dovesse violare le sanzioni americane, Washington potrebbe a sua volta vietarle di fare affari negli Stati Uniti. Insomma occorre scegliere tra l'Iran e gli Usa ed è facile capire perché l'India ha scelto Washington. «Si tratta di una significativa presa di posizione» da parte dell'India, ha detto Stuart Levey, l'uomo delle sanzioni all'Iran al Dipartimento al Tesoro. Stuart ha aggiunto che la mossa renderà chiaro alle società indiane che lavorano con l'Iran attraverso l'Acu che questo non equivale a un salvacondotto nei confronti di tutte le sanzioni. Anzi ora le società indiane dovranno indicare esattamente con chi trattano. Cade dunque il velo di opacità sugli scambi finanziari tra India e Iran e in cambio New Delhi avrà il sostegno americano all'ingresso nel club dei paesi con diritto di veto all'Onu e all'Associazione informale tra i paesi dotati di tecnologia nucleare. A chi si rivolgerà ora l'India per compensare i 400mila barili perduti se non verrà trovato un accordo con Teheran? Secondo gli analisti l'India si potrebbe rivolgere all'Arabia Saudita, all'Iraq se non addirittura alla Nigeria o al Venezuela. L'Arabia Saudita ha infatti un cuscinetto di riserve di 4 milioni di barili al giorno che potrebbe decidere di immettere sul mercato per compensare la mancata fornitura del rivale iraniano. Ma Riad fa parte dell'Opec come l'Iran e potrebbe essere riluttante a compensare proprio le mancate forniture di un paese membro. Più probabile la ricerca di nuovi sbocchi in Sudamerica, Venezuela in particolare. La Reliance Industries, una delle maggiori aziende petrolifere indiane, ha prima bloccato l'import di petrolio iraniano lo scorso aprile per incrementare nello stesso periodo le forniture dall'America latina del 61% per cento, sostituendo così Ahmadinejad con Hugo Chavez.
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