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Il Giornale Rassegna Stampa
28.12.2010 Calciatore tedesco di origini iraniane rifiuta di giocare una partita contro Israele
Ahmadinejad lo premia convocandolo a giocare nella nazionale iraniana

Testata: Il Giornale
Data: 28 dicembre 2010
Pagina: 31
Autore: Luigi Guelpa
Titolo: «Ahmadinejad 'convoca' il tedesco che si rifiutò di giocare contro Israele»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 28/12/2010, a pag. 31, l'articolo di Luigi Guelpa dal titolo "Ahmadinejad 'convoca' il tedesco che si rifiutò di giocare contro Israele".


Ashkan Dejagah

Per i tedeschi è un tradito­re, per gli iraniani un merce­nario, ma per Ahmadinejad un eroe. Ashkan Dejagah, 26enne centrocampista del Wolfsburg, sta spaccando in tre il mondo del calcio sulla rotta Berlino-Teheran, con il rischio di scatenare l'ennesi­ma bufera diplomatica tra i due paesi. Forse non siamo a livelli da Wikileaks, ma gli in­gredienti per un repentino rientro a casa di ambasciatori o comunicati stampa di fuoco ci sarebbero davvero tutti.
Pomo della discordia un cal­ciatore nato da genitori emi­grati in Germania nel 1979 in piena rivoluzione khomeini­sta. Ashkan è cresciuto nell' Hertha di Berlino ed esploso con la maglia del Wolfsburg, fino a guadagnarsi un posto nell'Under 21 tedesca di Die­ter Eilts, indossando la fascia di capitano di una nazionale che, come accaduto ai recen­ti mondiali Sudafricani, non sembra soffrire della sindro­me multietnica. Quella che aveva tutti i contorni di una fa­vola col finale annunciato da 'tutti vissero felici e conten­ti', si è tramutata invece in un pasticcio in salsa mediorien­tale. Nell'ottobre del 2007 in­fatti Dejagah si è rifiutato di scendere in campo con la Na­tionalmannschaft a Tel Aviv contro Israele. «Non sono ani­mato da ideologie naziste - si è giustificato- ma nel mio san­gue scorre sangue arabo. Non ho alcuna intenzione di affrontare la squadra di un po­polo che opprime la Palesti­na ». La notizia ovviamente ha fatto il giro del mondo e la federcalcio tedesca l'ha esclu­so a tempo indeterminato da qualsiasi impegno internazio­nale. Per lo scorno di Joachim Löw che aveva in programma una promozione del virgulto di origini iraniane in vista del­la Coppa del Mondo a Johan­nesburg.
La storia sembrava ormai morta e sepolta, ma pochi
giorni fa ci ha pensato Ahma­dinejad a riaprire la ferita. Il presidente iraniano ha chie­sto alla federazione iraniana di invitare Dejagah a far parte della squadra nazionale che a gennaio in Qatar disputerà la Coppa d'Asia. Una decisione, come capita sovente a quelle latitudini, maturata all'insa­puta del ct Afshin Ghotbi, che pur stimando il giocatore avrebbe preferito rinunciare a facce nuove per non far sal­tare equilibri tattici costruiti in modo certosino negli ulti­mi due anni. Ashkan ha accet­tato di buon grado, e se in Ger­mania la sua decisione è stata interpretata come gesto di sfi­da alla federazione che l'ave­va emarginato, il regime di Ahmadinejad plaude all'arri­vo del figliol prodigo che ha manifestato avversione per Israele e che al medesimo tempo è cittadino di quella Germania che a Teheran cre­dono ancora in qualche ma­niera imparentata con i fanta­smi dell'olocausto. Non a ca­so ai tempi del torneo iridato del 2006 l'Iran, attraverso un portavoce del governo, sotto­lineò l'entusiasmo per la tra­sferta in Germania con frasi molto ambigue. Ironia della sorte gli iraniani giocarono la prima partita contro il Messi­co a Norimberga, città triste­mente legata a un processo che secondo il regime di Tehe­ran non avrebbe dovuto cele­brarsi.
Nell’Iran il centrocampista del Wolfsburg non è stato co­munque accolto a braccia aperte. Giocatori come Nekounam, Karimi, Mahda­vikia e Hashemian avevano infatti manifestato simpatie per il movimento capeggiato dal leader dell'opposizione Hossein Mousavi, indossan­do in alcune gare il celebre polsino verde dell'Onda. Per loro Dejagah è un mercena­rio, un opportunista che pur di guadagnarsi la vetrina in­ternazionale non ha esitato a gettare ai rovi etica e patriotti­smo. Ahmadinejad ovvia­mente tira dritto per la sua strada, credendo non solo di aver rinforzato la nazionale, ma anche di aver creato quell' imbarazzo diplomatico nel quale sovente ci sguazza per fini personali e propagandisti­ci.

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