Il commento di David Braha
David Braha
Quante cose potranno mai accadere nel corso di una settimana? Tante, tantissime. Troppe, perché i media siano in grado di riportarle tutte nei propri titoli. Ed è questo il motivo per cui ciò che giunge nelle nostre case tramite giornali, televisione, radio ed internet altro non è che una raccolta dei soli punti salienti, un riassunto degli avvenimenti di maggior rilievo ed interesse pubblico. Talvolta tendiamo ad ignorare il fatto che la diffusione di notizie, in fin dei conti, è anch’essa un’attività economica, se non addirittura commerciale; e per questo motivo l’interesse dei cosiddetti organi di informazione è fin troppo spesso quello di “venderci” le notizie che ci interessano maggiormente, piuttosto che quelle veramente significative. Inoltre il più delle volte l’informazione ci arriva in “pillole”: storie brevi che ignorano – talvolta volutamente – le complesse ed intricate realtà alle spalle di ciò che ci è dato vedere. È così che, al giorno d’oggi, scaturiscono i numerosi equivoci del mondo dell’informazione. Troppo spesso si scambiano le vittime per i carnefici e viceversa; troppe volte vengono marginalizzati elementi fondamentali alla comprensione di certi eventi; e non di rado assistiamo a campagne ideologiche costruite su slogan preconfezionati piuttosto che su ragionamenti fondati.
Per questo motivo, come ogni settimana, negli ultimi sette giorni noi di Informazione Corretta abbiamo riportato notizie ed analisi di fatti che nella stragrande maggioranza dei casi non sono stati citati dagli altri media. Come il caso di Saeb Erkat, il negoziatore palestinese per eccellenza, che pretende il ritorno dei profughi del 1948 e di tutti i loro discendenti; o come la presenza degli omosessuali nelle forze armate, che nei tanto democratici Stati Uniti ha acceso la miccia del dibattito pubblico, ma che in Israele non è mai stata messa in discussione. In altri casi abbiamo sottolineato la lettura distorta che fin troppo spesso viene data alle questioni di attualità. Da “L’Unità” che sminuisce il terrorismo parlandone come di una manipolazione, a “Il Manifesto” che confonde il nuovo Ministro degli Esteri iraniano con una colomba col ramoscello di ulivo. E ancora, dal Vaticano che attacca il laicismo dell’Occidente mancando di citare le persecuzioni ai danni dei cristiani nei paesi arabi, alla città tedesca di Amburgo che si ostina ad ignorare il proprio status di capitale europea delle cellule terroristiche. È questo il nostro ruolo, il nostro compito, settimana dopo settimana: noi non vendiamo notizie, ma aiutiamo a leggere fra le righe.
Se dovessimo collegare tutti gli eventi degli ultimi sette giorni, quindi, sarebbe questa la linea da tracciare. In fin dei conti non ci siamo trovati di fronte ad eventi grandiosi che hanno cambiato il corso della storia; non siamo stati testimoni di storie al di fuori della norma. Semplicemente non abbiamo fatto altro che riportare un susseguirsi di notizie, sottolineando l’ipocrisia con la quale vengono diffuse – o omesse – da altre testate. In fondo, ogni nostro articolo non è altro che un piccolo grido di allarme. L’allarme per un cancro che silenziosamente si sta divorando l’Italia e l’Europa intera; l’allarme per una degenerazione dell’informazione che inverte i ruoli e confonde le idee, creando un mondo parallelo nel quale, invece della realtà, viene rappresentata la proiezione di ciò che il pubblico vuole sentirsi dire. È per questo che prima ancora di decidere da che parte stiamo, dobbiamo porci una domanda: a chi vogliamo veramente dare ascolto?
Perché l’informazione distorta genera errori di valutazione, i quali a loro volta sono il seme del pregiudizio.