Sul FOGLIO di oggi, 24/12/2010, a pag.3, con il titolo "Il milionario laico che vuol fare delle colonie lo 'scudo' anti Iran", una analisi di Giudea e Samaria che introduce nuovi elementi di informazione.
Ecco il pezzo:
Naftali Bennett
Roma. Si è ripreso a costruire molto negli insediamenti ebraici in Cisgiordania, che i coloni chiamano “Giudea e Samaria”. Il New York Times ha raccontato il boom di costruzioni ebraiche nelle comunità oltre la Linea verde, le cosiddette “colonie”, cuore delle polemiche fra la Casa Bianca e Gerusalemme. Si è ripreso a costruire non soltanto nei grandi conglomerati urbani di Maale Adumim Gush Etzion, Beitar Illit e Modiin Illit. Sono anche le comunità remote, come Elon Moreh, escluse da ogni accordo di spartizione con l’Anp, a riprendere l’attività edilizia. I coloni hanno un nuovo capo, Naftali Bennett. E’ la guida più atipica che abbiano mai avuto, perché oltre a non vivere nei Territori, Bennett non è neppure un religioso: non crede che il diritto ad abitare in Giudea e Samaria gli venga da un versetto biblico, quanto dalla necessità di sicurezza, dall’idea che i settlers siano il muro di difesa d’Israele. Bennett è stato il braccio destro del premier Netanyahu e ne ha guidato la campagna per la guida del Likud. Considera le montagne del West Bank come lo “scudo” d’Israele contro Hamas e l’Iran. L’approccio pragmatico di Bennett ha risollevato l’immagine dei settlers all’interno d’Israele. La sua fortuna inizia nel 1999, quando fonda la Cyota, una compagnia informatica contro le frodi. Sette delle dieci maggiori banche negli Stati Uniti e Canada utilizzano oggi la Cyota. Nel 2006 Bennett ha venduto la società per 145 milioni di dollari, diventando uno degli uomini più ricchi d’Israele. Ha detto addio al business durante la guerra contro Hezbollah, dopo aver visto morire un amico. Ex commando dell’esercito e “delfino” di Netanyahu, oggi Bennett è pronto a dar battaglia al suo mentore in nome del diritto ad abitare le terre nominate nella Bibbia. “Non possiamo esistere senza la Giudea e la Samaria”,dice Bennett. Senza i Territori l’ampiezza d’Israele da mare alla Linea verde sarebbe di appena nove miglia. L’idea di Bennett è un ritorno alle origini dei settlers. Trovatosi all’indomani della guerra dei Sei giorni (1967) a dover controllare con un esercito di riservisti territori che si estendevano da Sharm el-Sheikh (Sinai) al Monte Hermon (alture del Golan), Israele ritenne opportuno insediare lungo i confini nuclei di pionieri e di giovani avventurosi. Erano incaricati di impedire infiltrazioni di fedayn palestinesi o di controllare valichi di importanza militare per ostacolare attacchi a sorpresa. Nella ripidissima valle del Giordano un nucleo di veterani agguerriti armati di razzi anticarro poteva ostacolare per ore una colonna di mezzi blindati nemici e garantire così all’esercito tempo prezioso per organizzare le proprie retrovie. Per questo Bennett promette di portare “un altro milione di persone” a vivere neiTerritori contesi (oggi sono trecentomila i coloni). “La Giudea e la Samaria sono vuote e appena l’otto per cento della terra è edificata. C’è abbastanza posto per i palestinesi e per gli ebrei”. Non è un massimalista della terra: secondo Bennett, infatti, le “zone A” devono passare sotto il totale controllo dell’Anp come da accordi di Oslo. E’ il resto che va annesso a Israele. “Obama è stato battuto da Bennett”, dice Gil Hoffman, commentatrice politica del Jerusalem Post, a proposito della forza del capo dei settlers nel far pesare la questione della sicurezza nelle trattative con Washington. “Se buttiamo giù il nostro scudo, ci sarà una linea diretta da Teheran a Tel Aviv, e allora il gioco sarà finito”, dice Bennett, che avrebbe persino disegnato un piano di difesa in cui, nel caso l’Iran attaccasse coi missili la costa israeliana, i civili sarebbero costretti a riparare nelle colline dei Territori. “Le colonie sono un rifugio”.
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