Erano posizioni militari, segnate da evidenti ingiustizie: villaggi abitati da palestinesi nel territorio conquistato da Israele, quartieri e villaggi israeliani al di là della "linea verde". Poi accadde, guardate un po' che strano, che gli israeliani rispettarono gli abitanti palestinesi, e i giordani, invece, occupanti della Cisgiordania, fecero pulizia etnica di Gerusalemme, di Ebron, dei blocchi degli insediamenti comprati e legalmente abitati da ebrei in Giudea e Samaria.
Ma non importa, ammettiamo che uno stato Palestinese sia riconosciuto dentro le linee armistiziali tracciate alla fine della guerra del '48. Il fatto è che uno stato, per definizione, deve controllare il suo territorio. E dentro quelle linee c'è di nuovo il quartiere ebraico di Gerusalemme, i sobborghi ricostruiti, i blocchi degli insediamenti. Insomma territori che l'Autorità Palestinese non controlla e presumibilmente non controllerà mai, se si pensa di fare una pace condivisa. E poi dentro quelle linee c'è anche Gaza, dove comanda Hamas, non l'Autorità Palestinese – Hamas che come tutti sanno non riconosce né i trattati di pace, né il potere di Fatah né qualunque sistemazione che non espella gli ebrei non da oltre la linea verde, ma da tutto il territorio "dal fiume al mare" (http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gQnu5jmLNHez-yduNcGHQyFRsJ6Q?docId=CNG.9567db7c53d50c9a061453a81786b8d0.361).
Ma non importa. Ammettiamo che si riconosca uno stato in confini inesistenti e su un territorio che non controlla; uno stato il cui presidente è scaduto da tre anni, e che quest'anno non è stato neanche capace di tenere le elezioni comunali per faide entro il partito dominante (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=178148). Sembra che il prossimo anno lo stesso riconoscimento sarà accordato dall'Unione Europea, che in effetti conta un po' di più, o almeno è meno lontana dell'Equador (http://www.haaretz.com/print-edition/news/eu-initiative-recognition-of-palestinian-state-by-next-year-1.263669). Beninteso, assicurando il suo impegno per il diritto all'esistenza di Israele.
Ma voi pensate che qualcuno si curi dell'impegno europeo o che ci creda? Quando verrà il momento del bisogno, ha detto l'ambasciatore israeliano in Gran Bretagna, gli israeliani non credono proprio che gli stati europei daranno loro una mano. (http://www.desinfos.com/spip.php?page=article&id_article=22213) Non l'hanno fatto per la Shoà, non l'hanno fatto per i riritti politici dei curdi, degli armeni, dei georgiani, dei bosniaci; durante la seconda guerra mondiale non l'hanno fatto per i cechi e per i polacchi... figuratevi se qualcuno sarà disposto a morire per Haifa o Tel Aviv. E, del resto, qualcuno ha mai dichiarato di riconoscere il diritto all'esistenza dell'Italia o della Danimarca? Già il porre il problema in questi termini denuncia una minaccia esistenziale non risolta.
Ma non importa, ammettiamo pure che le parole della diplomazia europea abbiano un senso e che tutti felici e contenti fra sei mesi riconoscano lo "stato palestinese" nei "confini del '67". Chiedetevi: what next? Che succede allora? Ci saranno vigili palestinesi a dirigere il traffico davanti alla Porta di Damasco? esattori delle tasse palestinesi che recapiteranno bollette a Gilo e Ariel? L'Autorità Palestinese manderà un prefetto a governare Gaza? Con che forze? Diciamo che tutto ciò è un tantino improbabile? Non sarà, come dice Shakespeare, "tanto rumore per nulla"? I problemi non resteranno gli stessi? Hamas, Hezbollah, l'Iran non resteranno sempre lì con le loro minacce? L'autorità palestinese non sarà ancora quel mostricciattolo corrotto che è? I palestinesi non diranno ancora che vogliono Haifa, Tel Aviv, Tiberiade e tutto il resto? Che sette milioni di arabi devono diventare cittadini israeliani? E dato che questo è possibile, per fare la pace non bisognerà ancora trovare un accordo condiviso, che, come disse lo stesso Rabin, per evidenti ragioni militari non può coincidere con la linea verde.