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Il Foglio Rassegna Stampa
22.12.2010 Un nuovo fronte di guerra in Pakistan
Cia e Pentagono si rendono conto che i droni non bastano

Testata: Il Foglio
Data: 22 dicembre 2010
Pagina: 1
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Sulla guerra terrestre in Pakistan l'ombra della lotta tra Cia e Pentagono»

"Sulla guerra terrestre in Pakistan l'ombra della lotta tra Cia e Pentagono", questo il titolo dell'analisi sul FOGLIO di oggi, 22/12/2010, a pag.1


Nella guerra al terrorismo i droni
non sono più sufficienti

Milano. Il Pentagono sta lavorando a una campagna militare nel territorio del Pakistan, mossa che “equivale all’apertura di un nuovo fronte di guerra” da parte del presidente americano, Barack Obama, dopo nove anni di conflitto in Afghanistan. Gli obiettivi sono in generale i comandanti talebani e in particolare quelli del network di Haqqani, potente clan che coordina il lavoro terroristico dai rifugi sicuri del Pakistan. La soffiata sulle manovre ardite del dipartimento della Difesa intorno alla delicata alleanza con Islamabad arriva dal New York Times, che ieri ha pubblicato un articolo basato sulle testimonianze anonime di diversi ufficiali dell’Amministrazione. Il ragionamento del Pentagono ricostruito dal New York Times ha una sua logica cristallina: il Pakistan non è un alleato affidabile nella lotta ai talebani e protegge i miliziani nel suo territorio, dove gli alleati americani possono soltanto agire con i droni clandestini della Cia; e dato che i raid dell’antiterrorismo non sono sufficienti a smantellare la rete terroristica che si annida nelle aree tribali di confine, il Pentagono è deciso a far penetrare i suoi uomini per stanare i talebani nelle zone in cui né la grandiosa campagna di bombardamenti con i droni né il coordinamento con l’opaco alleato di Islamabad sembra dare risultati apprezzabili. Quella di ieri è stata una giornata di prevedibili smentite. La prima è arrivata dall’ambasciatore pachistano a Washington, Hussain Haqqani, che ha ribadito la posizione ufficiale di Islamabad: “Le forze pachistane sono in grado di gestire la minaccia rappresentata dai miliziani all’interno dei nostri confini e alle forze di nessun paese straniero sarà consentito o richiesto un intervento”. Haqqani ha confermato la sintonia con Washington, ma non ha girato attorno al punto: “Apprezziamo il loro sostegno materiale, ma non accetteremo truppe straniere nel nostro territorio”. Le forze Isaf – la coalizione occidentale in Afghanistan – hanno a loro volta smentito le notizie riportate dal New York Times: “Non c’è assolutamente nulla di vero nell’articolo – dice una nota del numero due della comunicazione, Gregory Smith. L’Isaf e le forze americane, insieme ai partner afghani, hanno sviluppato una forte cooperazione con le Forze armate pachistane per far fronte alle questioni di sicurezza”. Se a livello ufficiale, dunque, quella del New York Times viene in fretta declassata da notizia a boutade, un’analisi più accurata suggerisce che l’articolo è parte di una guerra eterna fra Pentagono e Cia, fra la comunità dell’intelligence e la gerarchia militare, fra due filosofie antagoniste nell’approccio al terrorismo. L’articolo è scritto a quattro mani da Dexter Filkins e Mark Mazzetti, rispettivamente il giornalista più quotato in fatto di Afghanistan (il suo libro “The Forever War” è tuttora uno dei racconti più brillanti e accurati della guerra afghana) e il giornalista più quotato in fatto di intelligence e sicurezza nazionale. Entrambi i mostri sacri hanno una vastissima rete di contatti benedetta dall’ineffabile brand del New York Times. Spesso i loro articoli coincidono con scoop che in un’ora fanno il giro del mondo. Altrettanto spesso i lettori più attenti riconoscono che le fonti – tipicamente anonime in questa materia così sensibile – non hanno particolare simpatia per le operazioni del Pentagono: Mazzetti e Filkins – e più in generale il New York Times – hanno pubblicato “leak” scomodi per il segretario della Difesa, Bob Gates, hanno messo il pubblico a parte dell’attivismo del generale David Petraeus, hanno messo in imbarazzo i militari anticipando rapporti che dovrebbero rimanere confidenziali. Da ultimo il quotidiano ha pubblicato la sostanza del National Intelligence Estimate, il documento di bilancio redatto da sedici agenzie d’intelligence, in cui si dice che la situazione in Afghanistan non sta migliorando e che così sarà finché il Pakistan non farà la sua parte di alleato fedele; conclusione in contrasto con la review fatta dal Pentagono e presentata da Obama. La via delle operazioni clandestine Il pezzo che ieri ha allarmato Islamabad è in continuità con i segnali che arrivano dal New York Times in materia di sicurezza nazionale: il Pentagono si è allarmato per la fuga di notizie e ha lasciato che fossero le forze Isaf a smentire duramente le voci di una offensiva di terra in un paese alleato, ipotesi estrema e anche legalmente complessa, visto che richiederebbe la firma del presidente e l’approvazione del Congresso. Per contrasto si deduce che la via delle operazioni clandestine della Cia è l’unica praticabile, e che la guerra fra i militari e l’intelligence non è un fenomeno che si è estinto con l’era Bush.

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