Sulla REPUBBLICA di oggi, 22/12/2010, a pag. 43, con il titolo " Betlemme, il Natale senza cristiani nella 'casa' di Gesù", il commento di Fabio Scuto.
Scuto descrive correttamente come Hamas governi di fatto la città, come i cristiani siano ormani una infima minoranza, ma poi sembra quasi attribuirne la colpa al muro che separa Betlemme dal territorio israeliano. Mentre la realtà è un'altra, i cristiani se ne sono andati da Betlemme ben prima della costruzione del muro, indispensabile per impedire che i terrorissti suicidi entrassero a seminare morte in Israele. Un paese, invece, dove la minoranza araba non ha mai smesso di crescere. Queste bugie omissive, il non raccontare tutto, impedisce al lettore di capire la reale condizione dei cristiani sotto regime musulmano. L'ipocrisia delle autorita religiose cattoliche fa poi il resto.
Scuto ha iniziato da poco il lavoro di corrispondente, certo, scrive su REPUBBLICA, dove le bugie omissive su Israele sono di casa, da parte nostra gli auguriamo di farne uso il meno possibile. E' stato a Betlemme, di sicuro si sarà reso conto che quel muro, per quanto brutto, è indispensabile. Vorremmo dire anche alla sua sicurezza. E si è anche reso conto del pericolo che Hamas rappresenta per la creazione di un futuro stato palestinese. Ne tenga conto quando scrive.
Ecco il pezzo:
DAL NOSTRO INVIATO
La percezione di un fondamentalismo islamico strisciante si insinua quando si arriva nel centro di Betlemme, sulla sommità della collina dove sorge la Basilica della Natività. Una moschea scintillante nel riverbero della luce sulla pietra bianca si trova sulla Piazza della Mangiatoia direttamente di fronte alla Basilica della Natività, la chiesa simbolo del cristianesimo. A confronto dell´alto minareto dove il muezzin chiama alla preghiera con una forza di migliaia di decibel, il rintocco delle campane della Chiesa a mezzogiorno sembrano un timido e sommesso appello, un Sos che si perde nei mille rumori che invadono la piazza, i clacson dei furgoncini, la polizia palestinese che si affanna nel vano tentativo di regolare la circolazione. In questi giorni di fine dicembre girando per le stradine del centro ci sono i negozi che vendono abiti di Babbo Natale, le statuette madre-perla della Vergine Maria, i presepi scolpiti nel legno d´ulivo, ma come non notare che hanno le saracinesche dipinte di un verde ormai sbiancato dal sole, il colore dell´Islam. Una piccola stella cometa al neon è pronta per essere accesa sul tetto della Chiesa. Ma è tutto, nessun addobbo per le strade, niente luci colorate. Nessun segnale che annuncia che qui 2010 anni fa accadde qualcosa, qualcosa destinato a cambiare la storia dell´Uomo.
Benvenuti nella terra del Natale dove il Natale non c´è, o meglio, vive angustiato, minacciato, compresso e quasi nascosto. Questo luogo a cui tutti i cristiani rivolgono un pensiero la notte del 25 dicembre non è quel che si crede. Il consiglio comunale della città è dominato da Hamas, il sindaco è cristiano solo perché Arafat lo impose per legge, ma la comunità ogni giorno si assottiglia, le case si vendono, si svendono e addio per sempre. I betlemiti cristiani sono precipitati negli ultimi 30 anni da una maggioranza schiacciante a una modesta minoranza. L´ultimo censimento demografico conferma il crollo della popolazione cristiana, meno del 12 per cento dei 60 mila abitanti della città. Chi può scappa, fugge, emigra. Tagliati fuori economicamente dal Muro - che avvolge del tutto la città e la separa dai campi un tempo coltivati - i concittadini di Dio vivono solo dei souvenir che vendono nelle botteghe sulla Piazza della mangiatoia. E le gang di ragazzetti islamici riempiono la piccola comunità di angherie, minacce, piccole violenze. Un disagio del vivere che ti entra dentro silenzioso come un virus. La paura ha spinto molte famiglie cristiane ad emigrare, a chiedere accoglienza verso altre comunità cattoliche quasi sempre oltre Oceano, negli Stati Uniti, in Canada, e negli ultimi 5 anni moltissimi vanno in Cile.
I rapporti fra le due comunità sono indubbiamente un po´ difficili ammette padre Severino, frate francescano che gestisce per la Custodia di Terrasanta l´ostello per i pellegrini a fianco della Natività. «Indubbiamente la popolazione cristiana in questi anni è crollata». «E´ la visione del futuro che non c´è che uccide la speranza, la vita si vive giorno per giorno, poi basta una notizia sui giornali, alla tv, per vedere scendere vertiginosamente il numero dei turisti e l´economia della città si ferma».
Il senso di isolamento è certamente aumentato da quando Betlemme si è trovata circondata dal Muro di sicurezza costruito da Israele. I turisti che cercano di raggiungere la città sono costretti a code di ore ai check-point per il controllo dei documenti, mentre gli abitanti di Betlemme che vanno in senso contrario devono ora richiedere un permesso speciale, raramente concesso, per andare a Gerusalemme, che dista appena dieci minuti di auto. La città ha perso gran parte del suo territorio grazie agli insediamenti israeliani, dei terreni un tempo proprietà di famiglie cristiane della città ne restano solo il 12 per cento. Due terzi del Governatorato di Betlemme è stata dichiarata zona militare off-limits per i palestinesi. Tagliata fuori dalle terre coltivate a nord e a ovest dal Muro, a sud e ad est dalle strade che solo i coloni israeliani hanno il diritto di percorrere, la città è diventata un ghetto. Il Muro pieno di torri di guardia è dentro la città ed è visibile ovunque, ha trasformato il luogo in cui Dio è entrato silenziosamente nel mondo in un prigione a cielo aperto. Il simbolo di tutto ciò che è sbagliato nel cuore dell´uomo, lo ha definito l´Arcivescovo di Canterbury durante la sua visita alla Basilica.
Vista la situazione forse la meraviglia non è che i cristiani stanno andandosene da Betlemme, ma che qualcuno scelga di rimanere. Forse ciò che conta è che una delle più antiche popolazioni cristiane del mondo sopravvive qui, con la sua cultura distintiva e la sua costante testimonianza. È importante perché i cristiani in Terrasanta sono il ponte tra due popoli impegnati in una guerra fratricida da sessant´anni. Senza di loro il ciclo di annessione israeliana e la violenza palestinese possono solo peggiorare. Finché ci sono arabi cristiani in Palestina e in Israele, l´identificazione tra Stato e religione non può essere totale.
I cristiani di Betlemme hanno bisogno di aiuto, non solo di quello materiale. Hanno bisogno di non sentirsi soli e isolati. Implorare la pace non è sufficiente. Il silenzio è come una pistola, non spara ma può uccidere - lentamente - in una città prigione chiamata Betlemme. Buon Natale.
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