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La Stampa Rassegna Stampa
20.12.2010 Benedetto XVI come Amnesty, attacca l'Occidente e tace con le dittature islamiche
Lo strano sistema scelto dal Vaticano per difendere i cristiani dai loro persecutori

Testata: La Stampa
Data: 20 dicembre 2010
Pagina: 19
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «La Chiesa modello Amnesty: Niente sconti alle dittature»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 20/12/2010, a pag. 19, l'articolo di Giacomo Galeazzi dal titolo " La Chiesa modello Amnesty: Niente sconti alle dittature".


Benedetto XVI, in un momento di scarsa visibilità

Di fronte al massacro quotidiano di cristiani nei Paesi islamici, ecco la reazione del Vaticano : "  Il primo gennaio il Pontefice rivolgerà un appello all’Asia e al Medio Oriente ma anche all’Europa, stigmatizzando il laicismo e il secolarismo, che «fomentano l’odio» contro i cristiani anche in Occidente.". Benedetto XVI attacca gli unici Paesi, quelli laici (non laicisti, parola che il papa usa impropriamente) che garantiscono la libertà ai cristiani invece di condannare le dittature islamiche responsabili del massacro dei cristiani. Non è una novità.
Il titolo del pezzo è azzecatissimo, il Vaticano, proprio come Amnesty, difende le dittature islamiche invece dell'Occidente.
Ecco il pezzo:

Santa Sede modello-Amnesty International. Il duro messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace, il monito a Pechino per la violazione della libertà religiosa, il trasferimento da Mosca a Londra del nunzio Antonello Mennini, ex confessore di Moro, in risposta alle gravi tensioni con gli anglicani (confermate da Wikileaks) per le «conversioni» di vescovi e fedeli al cattolicesimo. «È una scelta di grande rilievo - commenta il cardinale Achille Silvestrini, ex ministro degli Esteri -. Nel Regno Unito si gioca una partita fondamentale ed è giusto schierare uno dei migliori diplomatici».

La Santa Sede ha protestato per l’assemblea imposta a Pechino ai cattolici cinesi e per il «secolarismo aggressivo» nell’Ue. Nei fronti caldi il Pontefice e il segretario di Stato Bertone varano un «piano d’attacco» chiamando «le cose con il loro nome», sintetizzano in Curia. «Il Papa difende il diritto delle libertà di coscienza per tutti, anche nei confronti di potenze emergenti come la Cina, dove cristiani e buddisti sono oppressi insieme - puntualizza il teologo Gianni Gennari -. È un annuncio rivolto a Pechino, Teheran e agli Stati in cui le minoranze religiose, non solo cristiane, sono discriminate e perseguitate. Non è "meno diplomazia" bensì autentica memoria di quel Gesù che ha rifiutato ogni potere mondano e ogni scelta violenta e oppressiva».

Un «balzo in avanti» coerente con il Concilio e la sua dottrina della libertà religiosa. Si tratta, sostiene Gennari, non di «un discepolato verso entità umanitarie rispettabili, ma moderne» ma di «una Chiesa che afferma l’essenzialità di fede e libertà: qualsiasi fede religiosa non libera è una vera e proprio assurdità umana, ma una fede cristiana non libera, cioè non liberamente annunciata e liberamente accolta è una bestemmia cristiana. I santi veri come il martire don Santoro hanno annunciato il Vangelo e non se stessi».

Un «colpo di timone» nella diplomazia del Papa, dunque. «Nel caso cinese si è visto con molta evidenza il cambiamento avvenuto nella seconda sezione della Segreteria di Stato: lo stile è quello della difesa pronta e decisa della libertà religiosa e del confronto diretto con i governi - spiega uno stretto collaboratore di Benedetto XVI-. E la stessa linea inaugurata in Europa contro il laicismo viene applicata alla Cina. La reazione al governo di Pechino è stata molto netta». Il primo gennaio il Pontefice rivolgerà un appello all’Asia e al Medio Oriente ma anche all’Europa, stigmatizzando il laicismo e il secolarismo, che «fomentano l’odio» contro i cristiani anche in Occidente.

«C’è una differenza rispetto al passato, nella fermezza della denuncia: non si tratta di meno diplomazia, ma di una diplomazia esercitata in modo diverso - osserva lo scrittore cattolico Andrea Tornielli, direttore del quotidiano online La Bussola -. Staremo a vedere quali risultati otterrà questo nuovo atteggiamento, evidente in ciò che è accaduto in Cina». Il governo cinese sapeva che una simile politica (e la scelta dell’intransigente Ma Yinglin a capo della conferenza della Chiesa cattolica in Cina) avrebbe congelato i rapporti con il Vaticano. Adesso nei Sacri Palazzi la linea ecclesiastica che puntava a un confronto «soft» con Pechino, consapevole che la Cina può concedere libertà civili solo gradualmente, ha ceduto il passo a quella dura che intende rispondere punto per punto alle provocazioni cinesi.

«Nell’attirare l’attenzione sulle persecuzioni subìte cristiani, la Chiesa chiede il rispetto della libertà religiosa per tutti, in ogni situazione - sottolinea Tornielli -. Questo ruolo di “global player” emerge piuttosto chiaramente dai file di Wikileaks».

Questo cambio di passo «ha un che profetico», evidenzia padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews , l’agenzia stampa del Pontificio istituto missioni estere: «Ormai nella comunità internazionale solo il Vaticano ha il coraggio di criticare la Cina». E, aggiunge, «in questo dramma fra il Davide-Vaticano e il Golia-Cina si sta consumando una profezia sul Regno di mezzo», perché «dopo aver rigettato la memoria di Mao e delle Guardie rosse, la Cina si trova ancora una volta davanti al bivio: scegliere di procedere verso una maggiore libertà o, per paura, rinchiudersi in una dittatura senza respiro». Dietro l’escalation diplomatica d’Oltretevere c’è la rottura delle trattative riservate che vanno avanti da anni.

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