Momento musicale Yehoshua Kenaz
Traduzione di Margherita Rapin Pesciallo
Giuntina Euro 13
Da un Paese pervaso da vibrazioni intense, creativo e proiettato al futuro quale è Israele, arriva in Italia l’ultimo libro di Yehoshua Kenaz, Momento musicale, edito dalla casa editrice Giuntina.
Una delle voci più alte della letteratura israeliana, classico lui stesso, è conosciuto per romanzi prestigiosi come Ripristinando antichi amori (Giuntina), Voci di muto amore (Giuntina), Cortocircuito (Nottetempo) e l’ultimo racconto lungo, Paesaggio con tre alberi (Nottetempo) premiato recentemente a Milano al premio letterario Adei Wizo.
Profondo conoscitore della cultura francese di cui ha tradotto i classici in ebraico, Stendhal, Mauriac e Balzac, Kenaz è nato nel 1937 a Petah Tikvà durante il mandato britannico, un periodo storico che ha avuto un grande significato nella sua vita; all’età di cinque anni la sua famiglia ha deciso di spostarsi dalla provincia rurale in quanto il padre durante la seconda guerra mondiale, a causa del blocco dell’esportazione di arance, aveva trovato lavoro in un campo inglese vicino al mare, a Haifa. Vivevano in un piccolo appartamento adiacente ai loro padroni di casa di origini egiziane, uno scenario che fa da sfondo al bel racconto Paesaggio con tre alberi.
Lo spazio intimo nei suoi romanzi diventa lo scenario di avventure e sentimenti e lo spunto autobiografico gli consente di essere un osservatore insieme partecipe e distaccato della realtà perché è convinto che “la dimensione artistica del racconto stia nella finzione, ossia nella capacità di costruire una struttura narrativa attorno ai nodi autobiografici”.
L’arte di cogliere i turbamenti dell’animo umano e di delineare con rara capacità introspettiva le inquietudini che agitano gli uomini si dispiegano anche in questa sua ultima opera. Momento musicale, pubblicato per la prima volta nel 1980, è una raccolta di quattro storie che trattano i temi del coraggio, dell’amicizia e della perdita dell’innocenza; due di questi racconti “Momento musicale” e “Fra la notte e l’alba”, magistralmente tradotti da Margherita Rapin Pesciallo, vengono ora riproposti da Giuntina.
Sullo sfondo della complessa situazione politica che caratterizza Israele negli anni precedenti all’Indipendenza, il giovane protagonista osserva con sguardo acuto e sensibile il mondo dei “grandi” che lo circonda e vive con profonda inquietudine il passaggio dall’infanzia alla maturità. Momento musicale, il primo di questi racconti, mette in scena un ragazzino alle soglie dell’adolescenza che a causa di un fastidioso tic agli occhi è costretto a sospendere le lezioni di violino. Ma un giorno, al ritorno da una visita alle zie tedesche, esprime ai genitori il desiderio di riprendere le lezioni di quello strumento che agli inizi aveva molto amato, ritrovando nella mente l’odore della colofonia, una resina che serve a conservare in buono stato l’archetto, un profumo che trasportava “la mia immaginazione verso spazi lontani e dava al mio cuore il gusto dell’avventura”. L’incontro con la prima insegnante di violino, la signora Hanina, una donna alta e massiccia dai bei capelli castani pettinati alla russa, che possedeva “un calore e un’intonazione dolce” è un momento sereno per il giovane che non tarda a fare progressi al punto che la stessa insegnante consiglia ai genitori il passaggio al Conservatorio. E’ questo un luogo estraneo e ostile per il ragazzino dove si sente abbandonato e tradito quando un giorno all’uscita non trova la madre ad attenderlo. Ma è l’ascolto di un violinista e di una pianista che suonano insieme in perfetta armonia a sconvolgere ancor più il suo animo delicato e inquieto. Al concerto di fine anno è proprio l’interpretazione di Uri e della sua accompagnatrice delle variazioni sulla “Follia” di Corelli ad emozionarlo ulteriormente (…..è una interpretazione di una purezza quasi spaventosa, provocante, impersonale…estatica al tempo stesso”) al termine della quale sarà presa la decisione, su consiglio anche di un medico psicologo, di interrompere le lezioni di violino, con la convinzione che proprio quelle fossero la causa del fastidioso tic che tanto imbarazzava i genitori. Con il ricordo di quanto gli aveva detto la maestra Hanina (….”La musica sarà sempre una consolazione per i tuoi dispiaceri”) e con la dolorosa consapevolezza di non ricordarsi più le note di Momento musicale di Schubert, l’ultimo pezzo che aveva suonato a Haifa, dopo qualche anno il giovane ricomincia le lezioni con il maestro Alfredi, “un buon insegnate e un uomo alquanto piacevole” che rimane però sconcertato dal fatto che il ragazzino abbia dimenticato tutto e occorra ripartire da zero. I progressi però sono rapidi e non si fanno attendere le soddisfazioni, soprattutto per la madre che è molto orgogliosa e ben presto anche le amicizie iniziano ad occupare un posto rilevante nella sua vita. L’incontro con Yoram e la sua difficile situazione famigliare - il padre vorrebbe farne un soldato e gli promette il distintivo del Palmach, la madre aspirerebbe a vederlo musicista – lo porta a riflettere con dolore e angoscia sulla condizione umana e anche il semplice ricordo che gli attraversa la mente, lo perseguita impedendogli di scrivere.
Molto complesso è anche il rapporto con un altro allievo del maestro di violino, Eytan, “il ragazzo con i capelli castani e gli occhi svegli” che cerca la sua amicizia in modo maldestro, un’amicizia dalla quale però il giovane si sottrae con un comportamento inspiegabile che gli procurerà molti sensi di colpa e un desiderio di riscatto.
Le inquietudini dell’adolescenza, l’atteggiamento spavaldo e ribelle, la ricerca dell’amore e i legami fra amici sono ancora al centro del bellissimo secondo racconto di Kenaz, “Fra la notte e l’alba”. La voce narrante che rimane sullo sfondo si rivela un osservatore arguto e sensibile che riesce a cogliere i sentimenti più reconditi che scuotono l’animo dei suoi amici: Arik, non bello fisicamente ma capace di lanciare una battuta scherzosa su tutto e tutti, Noemi, bassa e goffa, conscia della banalità del proprio fisico e segretamente innamorata di Eli Shapira, bello, aitante e ammirato fa coppia fissa con la ragazza più affascinante del gruppo Rahel ed infine Pessach, “dai lineamenti rozzi e informi che sembrano quelli di un gatto bagnato” è per molto tempo una sorta di emarginato nel gruppo: la madre è morta e ora vive con il padre e un fratello dal carattere difficile. L’aiuto che alcuni compagni gli offrono per consentirgli di superare gli esami non ottiene alcuna riconoscenza da parte sua.
Destinati a breve a difendere il loro paese questi giovani si trovano a trascorre insieme tre giorni per una missione prevista dal servizio nazionale delle future reclute. E in questo luogo sotto la guida dell’istruttore Yigal, un soldato magro con la kippà in testa che proviene dall’Istituto agricolo di Pardes Hana, hanno il compito piantare eucalipti, utili a nascondere il campo agli aerei nemici. L’aggregazione che inevitabilmente si crea anche con altri giovani non è scevra da conflitti, inimicizie e incomprensioni che come in qualsiasi società fanno parte del bagaglio di crescita di ogni giovane adolescente che si affaccia alla vita ma che certamente in un luogo come Israele ha ben altra pregnanza. Questo percorso di crescita comporta per i protagonisti del racconto alcune metamorfosi sconcertanti: la maturazione di Eli, la presa di coscienza di Arik, la rivelazione della sua femminilità per Noemi e una trasformazione sbalorditiva per Pessach che da giovane insignificante diventa oggetto di attrazione per molte ragazze fino ad un epilogo drammatico e inquietante.
Interprete magistrale dei moti dell’anima, con uno stile nitido e semplice, lo sguardo di Kenaz si posa con rara capacità introspettiva sul mondo degli adolescenti mettendone in rilievo le contraddizioni e inoltrandosi nelle loro difficoltà e nelle loro chiusure per mostrarci la generosità e le grandezze di cui sono capaci. Perché “ascoltare” e interpretare le inquietudini dei giovani è anche un modo per capire noi stessi.
Quest’ultima opera di Kenaz si legge d’un fiato, nonostante la prosa sia di tale ricchezza ed eleganza lessicale, tale minuzia nel descrivere la psicologia dei protagonisti, tale finezza descrittiva che non resta che rileggerlo per assaporare nuovamente pagina dopo pagina gli innumerevoli dettagli che lo rendono memorabile.
Si esce dalla lettura di questo libro ammaliati, colpiti nel profondo e decisamente arricchiti.
Giorgia Greco