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La Repubblica Rassegna Stampa
16.12.2010 Hezbollah si prepara alla guerra contro Israele
Cronaca di Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 16 dicembre 2010
Pagina: 42
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Hezbollah. Nel cuore del Potere svelato da WikiLeaks»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 16/12/2010, a pag. 42, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo "Hezbollah. Nel cuore del Potere svelato da WikiLeaks ".
L'aria di Beirut fa bene a Stabile, ce ne rallegriamo con lui ! Il suo pezzo ben documentato.


Hezbollah

Se c´è un luogo più lontano dall´idea di potenza che evoca la parola Hezbollah, questo è Dahyeh, la periferia Sud di Beirut dove i miliziani sciiti del Partito di Dio hanno la loro centrale politica e il loro quartier generale. Nei vecchi palazzi di metà ‘900, le mura annerite dallo smog e sbrecciate dalle schegge d´innumerevoli bombe, regna il sovraffollamento. Le strade sono in preda a un traffico caotico e senza respiro. A testimoniare lo stato penoso delle infrastrutture, un´inestricabile ragnatela di cavi elettrici corre fra una fila di edifici e l´altra. Eppure, su questa periferia degradata aleggia un mito di efficienza militare e di scaltrezza politica che, se era già noto dai tempi della guerra contro Israele del luglio-agosto 2006, oggi trova conferma nelle pagine inedite WikiLeaks, dove gli Hezbollah emergono dalle testimonianze dei loro avversari come la "minaccia" da estirpare, il nemico da annientare.
Non è una questione di contaminazione culturale. Nel Libano multietnico e multireligioso gli sciiti ci sono sempre stati, anche se concentrati soprattutto al Sud e nella Valle della Bekaa. Dunque, nessuno si stupisce delle snelle figure avvolte nel chador nero che scivolano sui marciapiedi di Dahyeh quasi sempre spingendo una carrozzella o tenendo un bambino per mano. È l´espansionismo iraniano che ha trovato qui terreno fertile e vi ha costruito una sua testa di ponte. Di conseguenza, nonostante il tentativo di presentarsi come una forza "nazionale", il Partito di Dio viene percepito dai suoi nemici come uno strumento nelle mani di Teheran per destabilizzare prima, e conquistare poi, il Libano.
Non a caso in una delle pagine più stupefacenti pubblicate da WikiLeaks, il grande avversario degli ayatollah, l´Arabia Saudita, propone agli americani di cominciare da qui, da Dahyeh, a «schiacciare la testa del serpente» iraniano. È il 14 maggio del 2008 e Beirut ha appena vissuto una settimana di sangue che ha rinfocolato il terrore di una nuova guerra civile, stavolta nella versione di una faida interna al mondo islamico: sciiti contro sunniti, vale a dire le milizie filoiraniane di Hezbollah contro le forze lealiste fedeli al governo Siniora e a Saad Hariri, il figlio dell´ex premier, Rafiq Hariri, ucciso da un´autobomba il 14 febbraio 2005.
Davanti all´efficienza militare degli Hezbollah, gli uomini assoldati da Hariri per difendere gli obiettivi strategici di Beirut Ovest, dove si concentrano molti dei suoi interessi, non resistettero neanche 24 ore. Vi furono una settantina di morti ed episodi, si dice, di brutale violenza. Gli Hezbollah dimostrarono di poter in qualsiasi momento imporre il loro dominio sulla città musulmana. Poi si ritirano a Dahyeh.
E allora ecco il ministro degli Esteri di Ryad, Saud el Feisal, implorare il consigliere speciale statunitense, David Satterfiled, di «distruggere Hezbollah». Come? Con una forza araba schierata a Beirut sotto le insegne dell´Onu e con la copertura navale e aerea degli Stati Uniti. Perché la vittoria di Hezbollah a Beirut, spiega il ministro, «significherebbe la conquista del Libano da parte dell´Iran».
Tutto possono gli Hezbollah, stando alle carte di WikiLeaks. Grazie anche alla debolezza degli avversari, possono mobilitare folle sterminate e indurre il governo, di cui fanno parte con un enorme potere di veto, alla paralisi. Come succede in questi giorni segnati dall´attesa delle conclusioni del Tribunale internazionale che indaga sui responsabili dell´attentato contro Rafiq Hariri. Indagini che, dopo aver puntato contro la Siria, coinvolgerebbero alcuni personaggi legati al Partito di Dio.
Uno "stato nello stato", s´è detto degli Hezbollah, ma a scorrere i cablogrammi della diplomazia americana si direbbe che i miliaziani sciiti sono ad un passo dal trasformarsi da "partito-stato" in "stato-nazione". Naturalmente con l´aiuto dell´Iran.
È il messaggio che il ministro delle telecomunicazioni del governo Siniora, Marwan Hamadeh, porta all´Amministrazione Usa incontrando, nell´aprile del 2008, l´Incaricato d´Affari americano Michele Sison. «La Telecom iraniana sta conquistando il Libano», esordice Hamadeh, e spiega che Hezbollah, con i soldi di Teheran, ha costruito all´insaputa del governo libanese un´intera rete di comunicazioni a fibra ottica. Hamadeh riferisce della missione di due alti ufficiali dell´esercito libanese, i generali Goerge Khoury e Ashraf Rifi, che incontrano, per avere un chiarimento, Wafiq Safa, l´ufficiale di collegamento di Hezbollah con l´intelligence Libanese. Per i due militari la partita è persa in partenza. Safa afferma senza mezzi termini che il network è «fuori discussione» perché è «parte integrante del sistema difensivo» della milizia sciita. E comunque la rete non viola i confini delle zone cristiane. Cosa che Hamadhe non crede. E non credono neanche i due ufficiali, che obiettano al rappresentante di Hezbollah che in certi villaggi la popolazione potrebbe non gradire l´intrusione del sistema e vi potrebbero essere proteste. «Non ce ne importa nulla; se sarà il caso accetteremo reazioni ostili», taglia coto Safa.
Non bastasse Hamadeh, è addirittura il ministro della Difesa, Elias Murr, che il 10 marzo del 2008 chiede all´inviato di Washington di distruggere Hezbollah tramite un nuovo intervento militare israeliano. Fornisce, il ministro, le mappe dei siti strategicamente più importanti. Promette che l´esercito libanese interverrà ma solo a missione compiuta. Naturalmente vuole assicurazioni che le due divisioni schierate nella Bekaa vengano risparmiate dai bombardamenti. Ad esse saranno forniti viveri e mezzi di sussistenza adeguati a sopravvivere per tre settimane. Poi saranno pronte a fare la loro parte.
L´offensiva politico-diplomatica contro Hezbollah rivelata da WikiLeaks coinvolge anche la Siria, il secondo grande sponsor della milizia sciita dopo Teheran. È grazie all´appoggio logistico e materiale siriano che, secondo israeliani e americani, l´esercito dell´Hezbollah oggi può contare su 50 mila missili, un centinaio dei quali capaci di raggiungere Tel Aviv. Una cifra impressionante, se si considera che alla vigilia della guerra del 2006, come proclamò lo stesso leader degli sciiti libanesi, Hassan Nasrallah, le sue milizie disponevano di 30 mila missili, parte dei quali vennero usati in quella guerra.
Ma tutto questo, paradossalmente, porta fama e prestigio nelle cascine di Hezbollah, oltre, naturalmente, ad una buona dose di timore reverenziale. «Non sono il poliziotto d´Israele», risponde il presidente siriano Bashar el Assad al vicesegretario di Stato Usa William Burns, quando questi gli comunica le preoccupazioni dei dirigenti dello Stato ebraico sul forte riarmo della milizia sciita.
Anche sul tema del Tribunale internazionale che dovrebbe far luce sull´omicidio Hariri, gli Hezbollah dimostrano di saper usare a loro vantaggio le rivelazioni di WikiLeaks. Per Nasrallah, il Tribunale non è altro che lo strumento di un complotto israelo-americano contro la Resistenza libanese. Avrà sicuramente il suo tornaconto, il leader sciita, nel mettere in cattiva luce il Tribunale, la cui istituzione aveva a suo tempo accettato. Ma dai cablo di WikiLeaks affiorano dettagli inquietanti, capaci di mettere in dubbio l´obiettività del Tribunale, come ad esempio la richiesta alla diplomazia americana di dati e analisi della Cia: «Voi siete i giocatori chiave - dice il procuratore Bellemare rivolto al suo interlocutore americano - se non ci aiutate voi, chi ci aiuta?».

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