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Il Giornale Rassegna Stampa
14.12.2010 Iran, via Muttaki arriva Alì Akbar Salehi, l'uomo del nucleare
La cronaca di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 14 dicembre 2010
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Svolta 'atomica' dell'Iran, via il ministro moderato arriva l'uomo del nucleare»

Ahmadinejad silura il Ministro degli Esteri Manucher Mottaki.  Al suo posto va il capo dell'Agenzia che costruisce le contrali nucleari. Riprendiamo la cronaca del GIORNALE  di oggi, 14/12/2010, a pag.14, dal titolo " Svolta 'atomica' dell'Iran, via il ministro moderato arriva l'uomo del nucleare ". E dire che noi non ci eravamo mai accorti del 'moderatismo' dell'ex ministro...
Ecco il pezzo:


Manucher Mottaki, l'ex                   Ali Akbar Salehi

Silurato, rimpiazzato, umiliato. Tutto in un solo col­po. Tutto mentre è in visita uf­ficiale in Senegal. A Manou­chehr Mottaki il benservito arriva così, recapitato senza preavviso mentre il ministro degli Esteri iraniano è nel mezzo di una visita ufficiale all’estero.Un siluro manovra­to da Mahmoud Ahmadi­nejad, ma benedetto dalla Su­prema Guida Alì Khamenei e innescato dal potente partito dei Pasdaran. Quel siluro ri­schia però di far crollare an­che l’ultimo fragile paraven­to dietro a cui si cela la spieta­ta lotta per il potere in corso a Teheran. Quella lotta minac­cia di travolgere le istituzioni, spianare il complesso siste­ma di contrappesi studiato a suo tempo dal grande archi­tetto Ruhollah Khomeini e trasformare la Repubblica Islamica in una dispotica e in­controllabile dittatura nelle mani delle fazioni più fanati­che ed intransigenti.
La rimozione di Manoucher Mottaki, sostituito Ali Akbar Salehi, un vice presidente re­sponsabile anche dell’Orga­nizzazione per l’Energia Ato­mica, è solo la prima conse­guenza delle sorde battaglie che da mesi contrappongo­no lo schieramento neo­
inte­gralista guidato da Ahmadi­nejad alle cosiddette fazioni “razionali”, i moderati dello spiegamento conservatore al­lineati con il presidente del Parlamento Alì Larijani. Una guerra combattuta sia nel­l’aula parlamentare sia in quelle stanze del ministero degli Esteri dove da un anno gli uomini vicini al presiden­te studiano la rimozione di Mottaki. La battaglia in corso al Majlis, il Parlamento irania­no, non è neppure così segre­ta. Da settimane un gruppo di conservatori guidati dal de­putato Ali Mottahari briga per raccogliere le 72 firme ne­cessarie a convocare in aula il presidente e costringerlo a ri­spondere a una serie d’inter­rogazi­oni sui milioni di dolla­ri spesi all’insaputa del Parla­mento, sui contributi e sussi­di a pioggia garantiti alle pro­vincie controllate dai suoi uo­mini e sul misterioso proget­to ch­e prevede il trasferimen­to di cinque milioni di abitan­ti dalla poco controllabile Teheran alle devote zone ru­rali. Per tutta risposta Ahma­dinejad ha smesso di firmare le leggi emanate dal Majlis, svuotandolo di ogni potere. E lo scorso 29 novembre s’è spinto più in là, arrivando ad attribuirsi pubblicamente il ruolo di seconda carica dello Stato. «In quanto presidente – dichiara in una conferenza stampa - guido il potere ese­cutivo, vengo subito dopo la “Suprema Guida”e ho il com­pito di realizzare il mandato costituzionale». Parole im­pronunciabili senza l’appog­gio o almeno il consenso del­l’Ayatollah Alì Khamenei.
La drastica scelta di campo della Suprema Guida, la sua rinuncia al tradizionale ruo­lo di ago della bilancia, è tutta
legata al futuro del figlio Mojtaba, un esponente cleri­cale ultra integralista consi­derato il burattinaio della pri­ma elezione a presidente di Ahmadinejad e della sua con­­testata rielezione. Deciso a succedere al genitore nono­stante le insufficienti qualifi­che religiose, Mojtaba può però contare sulle milizie ba­siji, già impiegate a suo tem­po per reprimere e arrestare i riformatori, e sul pieno ap­poggio dei più importanti ge­nerali dei pasdaran. La vera arma segreta di quest’oscuro e temuto 41enne cresciuto al­l’o­mbra degli ayatollah più ra­dicali e dei servizi di sicurez­za è la sua capacità di condi­zionare le scelte paterne. Die­tro suo suggerimento il vec­chio e malato Khamenei avrebbe concesso mano libe­ra ad Ahmadinejad e il presi­dente ne avrebbe immediata­mente approfittato per apri­re la stagione delle purghe e togliersi dai piedi il detestato Mottaki.
Un anno fa il ministro degli esteri - considerato un fede­lissimo di Larijani - aveva bloccato la nomina di sei in­viati nominati dal presidente allo scopo di sottrargli com­petenze in alcune aree chia­ve della politica iraniana co­me l’Afghanistan, il Medio Oriente e Mar Caspio. A quel tempo il “niet”di Mottaki-ga­rantito dall’appoggio della Suprema Guida - aveva co­stretto Ahmadinejad a nomi­nare dei semplici consiglieri. La recente scelta di campo di Khamenei ha però tolto ogni protezione a Mottaki, rega­lando ad Ahmadinejad l’oc­casione per un’immediata e
oltraggiosa vendetta.

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