ringrazio per la risposta e mi permetto d'argomentare brevemente il mio punto di vista. Quando uno stato (Israele) è minacciato costantemente dalla sua nascita da un ideologia religiosa la guerra in nome della religione è di fatto in atto. Quando lo stato israeliano è costretto quotidianamente a sacrificare risorse e vite umane nella difesa della propria esistenza, è di fatto la sua cultura e la sua antropologia religiosa ad essere ingaggiate direttamente nel contrasto all'Islam. Sbaglio? E quando in Africa ed in Asia i conflitti locali e regionali sono costantemente caratterizzati da divisioni religiose non esiste di fatto una guerriglia religiosa a livello globale? Quando il terrorismo di matrice islamica determina scelte politiche ed economiche dei governi di tutto il mondo non ci si trova di fatto in uno stato permamente di guerra fredda accettato dai governi? A mio modesto avviso per uscire da questo impasse sanguinario e belligerante un passo decisivo deve scaturire dall'azione quotidiana e capillare di tutti coloro che non accettano questo stato delle cose, a prescindere dalle decisioni statuali che sono costantemente legate alle stesse motivazioni che hanno condotto il consorzio umano nell'attuale situazione. Contrastare l'Islam non significa armare legioni e proclamare guerre (vedi Irak od Afghanistan), bensí agire sui meccanismi di produzione dell'ideologia e delle prassi antropologiche. In concreto significa confutare le basi ideologiche e teologiche di una fede (nella quale credere in Allah è di fatto solo un nominalismo), sfidando chi se ne fa portavoce a dare risposte concrete ai popoli che aderiscono ad essa. Ma anche rompere tutti i meccanismi di reciproco vantaggio (economici in primis ma non solo) tra i belligeranti nel proseguire il conflitto latente. Se l'Islam attuale tiene in stato d'indigenza centinaia di milioni di esseri umani si vorrà smascherare l'inganno che mantiene al potere governi corrotti e sanguinari sorretti da pletore di funzionari dediti all'assoggettamento della popolazione ad essi. Israele è, suo malgrado, in prima linea in questo contesto e rappresenta l'unica concreta alternativa esistente. Se l'Islam si secolarizza l'area cristiana dovrà immancabilmente fare i conti fino in fondo con la propria storia antigiudaica. Oggi il fondamentalismo islamico è il miglior alleato di un sistema di relazioni internazionali dove l'unico stato democratico e prospero del medio e vicino oriente funge da capro espiatorio sia per l'area islamica, sia per l'area cristiana per impedire un evoluzione democratica e laica delle nazioni dell'area. Proporre Israele come modello ai popoli degli Stati confinanti e non significherebbe uscire da questo ruolo storico ed entrare in una fase nuova e donare ai popoli oppressi un alternativa reale. Per questo ho scritto che l'ebraismo dovrebbe contrastare l'Islam. Mi rendo conto di esprimere una visione che appare utopica ma anche Israele fino alla sua nascita era solo un utopia. Grazie per l'attenzione Cordialmente Rocco Santoro