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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.12.2010 La messinscena di un regime che irride l'Occidente
L'analisi di Bernard-Henri Lévy

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 dicembre 2010
Pagina: 18
Autore: Bernard-Henri Lévy
Titolo: «La messinscena di un regime che irride l'Occidente»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 11/12/2010, a pag. 18, con il titolo " La messinscena di un regime che irride l'Occidente ", Bernard-Henri Lévy analizza come l'Iran abbia preso in giro l'Occidente giocando sulla vita/morte di Sakineh.
Ecco l'articolo:

Non ci dilungheremo sulla pietà (per la vittima), sul dolore (dei suoi sostenitori), né sull’incredibile entusiasmo che ha fatto seguito alla falsa notizia della liberazione di Sakineh. A questo punto, è essenziale cercare di capire: sia quel che è realmente accaduto, sia le lezioni che è possibile, anzi necessario, trarne.

Prima lezione. L’insondabile crudeltà di chi governa l’Iran. Le povere fotografie di Sakineh e del figlio entrati (chissà sotto quale minaccia fuori campo, ma che è palese) in questa abbietta messa in scena. La piccola casa di famiglia dove sono stati fatti tornare, per qualche ora, per ricostruire un crimine di cui tutti (a cominciare dalla Giustizia iraniana che, quattro anni fa, concluse in questo senso) sanno che Sakineh non fu né l’autrice né la complice. La scena, che immaginiamo senza difficoltà, di una Sakineh allo stremo delle forze e pronta a tutte le confessioni che le si chiedono; di un Sajjad tagliato fuori dal mondo da settimane, che rivede la madre per la prima volta dopo mesi; e, per loro due, madre e figlio riuniti nella lugubre cerimonia dell’incontro, l’ingiunzione di interpretare il ruolo di normali individui vivi, liberi di andare, venire, scaldarsi al sole. Tortura morale. Tortura e basta. I nazisti organizzavano simulacri di esecuzioni. Gli iraniani sono più raffinati e producono simulacri di liberazione. È la stessa cosa.

Seconda lezione. Lo sputo in faccia all’Occidente. Il volgare gesto di derisione a tutti coloro che, nelle democrazie ma non solo, si sono mobilitati per questa donna e, attraverso di lei, per tutte le donne umiliate dell’Iran. Ah! Pretendete di impartirci lezioni di libertà e di diritti dell’uomo? Ebbene, ecco a voi. Ecco come vi trattiamo, e come in realtà voi siete. Vi tendiamo una trappola e voi ci cascate. Vi lanciamo un amo, e voi abboccate. La vostra verità non vale nulla. I vostri dirigenti sono dei pagliacci.

Terza lezione. L’abile arte della manipolazione, della guerra fatta attraverso immagini e parole, del raggiro delle opinioni pubbliche, che il potere iraniano stremato ha mostrato ancora una volta. Alla valanga delle nostre informazioni non ha mai smesso di rispondere con una contro-valanga di disinformazioni. Al flusso delle nostre indignazioni e delle nostre petizioni, il riflusso dei suoi ricatti e delle sue menzogne. Fino al 9 dicembre quando, lasciando filtrare qualche foto, annunciando un video, strumentalizzando forse tale o talaltro Comitato la cui sincerità è pari alla simpatica ingenuità, ha tentato di squalificare il movimento in favore di Sakineh nel suo insieme. I terroristi dell’11 settembre avevano plagiato i film dell’America che raccontano catastrofi. I terroristi che governano l’Iran hanno plagiato la nostra rete d’informazione rivolgendola contro se stessa. Questa volta, ancora, hanno fallito. Ma fino a quando? Come conoscono bene, a distanza, i meccanismi che reggono la fabbricazione delle nostre folle e della loro psicologia!

Quarto insegnamento. Il principio stesso della «ricostituzione del crimine». L’idea di sovra-dimostrare la responsabilità di Sakineh in un crimine da cui, ripeto, la giustizia, durante il processo, l’aveva assolta. E il ritratto che di lei stanno facendo — destinato soprattutto all’Occidente — presentandola come una criminale cinica e fredda, di cui noi faremmo, a torto, una madonna dei diritti dell’uomo. La menzogna è evidente. Ma la manovra è inquietante. Rivela che anche il regime ha fatto di Sakineh un simbolo sul quale cederanno, come sempre con i simboli, solo se costretti.

Infine, ultimo insegnamento. O piuttosto ultima ipotesi. Non escludo che, lasciando salire l’emozione in Occidente per dare una lavata di capo alla nostra credulità, giocando cioè con i nervi di un’opinione pubblica internazionale che, con la società civile, è il loro vero nemico, gli iraniani abbiano fatto un test. Ci tengono così tanto, alla loro Sakineh? E quale prezzo simbolico questa donna ha agli occhi delle democrazie fragili, incerte dei propri valori, timide? Da questo punto di vista, il regime iraniano è stato servito. Aveva fatto un primo test di questo genere un mese fa, al momento dell’arresto di Sajjad, lasciando il mondo intero di sasso. L’altra sera, ne ha fatto un secondo creando, poi lasciando correre la voce di una liberazione che, beninteso, non ha mai annunciato: il test, stavolta, è stato decisivo, poiché è la sfera mediatica nel suo insieme, sulla carta e sugli schermi televisivi, che si è veramente infiammata. È l’unico lato positivo di questa terribile e macabra sequenza. Ed è la ragione per cui non bisogna assolutamente smobilitarsi e perdere coraggio.

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