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Shaul/Paolo, alcune opinioni 10/12/2010

Gentile Dott. Volli,
Le scrivo a nome della Chiesa evangelica di Civitanova Marche in merito al suo articolo "Il popolo ebraico non esiste: l'ultima bufala in fatto di delegittimazione"
(http://www.informazionecorretta.it/main.phpmediaId=115&sez=120&id=37379). Lei scrive: "Chi ha cercato delle scorciatoie per universalizzare il messaggio che la nostra tradizione ci ha affidato, combattendo in nome dell'universale il carattere nazionale dell'ebraismo, da Saul di Tarso a Karl Marx, è sempre finito molto lontano da noi, e presto le sue parole sono state usate come arma dai nostri persecutori."
A proposito, ci preme sottoporLe alcune osservazioni: Portare alla fede i popoli pagani è uno degli obiettivi più alti dell'attività redentrice di Dio espressa nella Torah. Saulo, teologo giudeo, fariseo figlio di farisei, discepolo di Rabban Gamaliel il Vecchio è stato l'araldo di questa attività. Il messaggio di Paolo deve essere interpretato nel contesto di una comunità mista, composta da ebrei e gentili, uniti nell'abbracciare la fede nell'unico Dio di Israele. Una vita come la sua era destinata a suscitare dibattito.
La sua vita non avrebbe deluso un giornalista alla ricerca di scoop religiosi o politici. Da teologo pioniere, Paolo ha creato dei problemi al suo popolo - gli ebrei - ma anche ai gentili. Aggiungo inoltre che che in molti passi del Nuovo Testamento, Saul di Tarso ricorda con enfasi la sua appartenenza giudaica, la sua osservanza della Torah e la sua certezza che il popolo di Israele non sarà mai rigettato da D-o.
Anzi, egli diffida i gentili dal manifestare un qualsiasi senso di superiorità nei confronti degli ebrei.
Confidando in una sua risposta, Le invio i nostri più cordiali saluti.
Cristiano Paolini

 

Gentile dottor Paolini,
in sostanza sono d'accordo con lei.
Saul di Tarso è certamente un grande teologo e un pensatore di prima grandezza, oltre che naturalmente una persona di fede.
Le sue scelte sono state però destinate a creare problemi al suo popolo.
Non dubito che volesse creare un'armoniosa "comunità mista"; insisto sul fatto che sia finito molto lontano dalla viva tradizione del suo popolo, lo volesse o meno.
E lei stesso riconosce che al suo popolo ha crato molti problemi.
Ovviamente i miei piccoli corsivi su questo sito non sono trattati di teologia né di storia, ma inviti a pensare attraverso lo specchio deformante dell'ironia. Io sono anche lontano dall'idea che fare storia significhi erigere un tribunale in cui assolvere o condannare le grandi figure del passato. Riconosco che il discorso su Saul/Paolo dovrebbe essere enormemente più ricco e complesso di quel che ho accennato in due righe.
Il mio punto era però un altro e ne sono convinto. Magari sarà provvidenziale che dalla tradizione nazionale ebraica nascano grande universalismi come quello cristiano, in fondo anche quello musulmano e quello socialista. Ma questi universalismi non esauriscono l'ebraismo e rischiano sempre di finire col considerarlo un'imbarazzante relitto del passato e col cercare di liberarsene, con la conversione o in maniera più sbrigativa.
Cordialmente,
 Ugo Volli 

 


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