Non sono le costruzioni a intralciare i negoziati, se n'è accorto pure Obama Infatti il loro stop non è più una condizione necessaria. Commento di Angelo Pezzana
Testata: Libero Data: 09 dicembre 2010 Pagina: 21 Autore: Angelo Pezzana Titolo: «Gli Usa si piegano pure a Netanyahu»
E' ufficiale, gli Stati Uniti non ritengono più che il congelamento delle costruzioni sia una precondizione necessaria per i negoziati in Medio Oriente. Finalmente anche Obama s'è reso conto che non sono gli insediamenti a minare i negoziati, ma tutto il resto, il terrorismo palestinese, le divisioni fra le diverse fazioni palestinesi, il loro totale disinteresse a raggiungere un accordo con Israele. Francesco Battistini (Corriere della Sera), la redazione della Stampa, Fabio Scuto (La Repubblica), Mario Correnti (Il Manifesto), Roberto Bongiorni (Il Sole 24 Ore) sono concordi nel vedere in questa presa di posizione un fallimento di Obama. Più neutra la cronaca del Foglio. L'Unità e Il Giornale non hanno diffuso la notizia.
Riportiamo da LIBERO di oggi, 09/12/2010, a pag. 21, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Gli Usa si piegano pure a Netanyahu ".
Bibi Netanyahu con Barack Obama, Angelo Pezzana
Lo stop alle costruzioni nelle colonie per Obama non è più una precondizione alla ripresa dei colloqui israelo-palestinesi. Chissà, forse grazie anche alle rivelazioni di Wikileaks, l’Amministrazione americana non potrà più attribuire a Israele la responsabilità del fallimento dei colloqui di pace. Il nuovo stop di Obama alle costruzioni a Gerusalemme est e in Giudea e Samaria, formulato senza specificare in termini precisi dove e in che modo doveva essere applicato, non teneva conto del fatto che lo stesso Abu Mazen l’aveva totalmente ignorato quando invece Netanyahu l’aveva accolto, e che era rimasto in vigore per dieci mesi fino al 26 settembre scorso. Altro che congelamento delle costruzioni, senza contare che Gerusalemme non è una colonia ma la capitale dello stato ebraico, altri sono i fattori che hanno fatto capire al governo americano che non era l’intransigenza di Bibi a creare ostacoli alla ripresa dei negoziati. Anche in Cisgiordania, peraltro, le costruzioni sono riprese in quei territori che comunque entreranno a far parte di Israele in base all’accordo-scambio che pure l’Anp aveva approvato. Phlip J.Crowley, sottosegretario di Stato Usa, ha un bel dichiarare che “sul Medio Oriente gli Stati Uniti possono cambiare tattica, ma non strategia, e che adesso l’obiettivo sono i confini e la sicurezza “, una valutazione che non contiene nessun elemento di novità, essendo quei due parametri le vera preoccupazione degli stati musulmani della regione, non solo di Israele. I rapporti diplomatici diffusi da Wikileaks hanno rivelato all’opinione pubblica quali sono in realtà le vere priorità in Medio Oriente, non essendo il conflitto arabo-israeliano la maggiore, come scriviamo su queste colonne da anni. E’ la politica aggressiva dell’Iran che ha spinto l’Arabia Saudita a concedere a Israele l’uso del proprio spazio aereo nell’eventualità di un bombardamento dei siti atomici di Teheran, sono le richieste di intervento militare contro l’Iran da parte degli Emirati arabi, minacciati costantemente da Ahmadinejad entro i loro confini nazionali, sono le rivelazioni sugli enormi arsenali militari forniti dall’Iran che si stanno ammassando nel sud del Libano, dove Hezbollah non solo non è stato disarmato, come prevedeva la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, ma si calcola che sia in possesso di almeno 60.000 missili, in parte dotati di testate chimiche e batteriologiche, dislocati in abitazioni civili e in edifici pubblici al confine con Israele. Anche la Siria continua a ricevere armi da Teheran, malgrado abbia rifiutato una alleanza contro Israele nel caso di un attacco ai siti nucleari, secondo quando si è appreso da un documento dell'ambasciata americana a Damasco datato 20 dicembre 2009 e diffuso ieri da Wikileack. "L'Iran ce la fa benissimo da solo con le sue armi atomiche contro Israele, non ha bisogno della Siria, nè di Hamas o Hezbollah" avrebbe dichiarato la Siria. Una scelta tattica che però non ne diminuisce la responsabilità nel sostenere i movimenti terroristi. Iran,dunque, è questo il nome che appare in tutti i rapporti degli stati della regione rivelati da Wikileaks, ma questo sembra non essere sufficiente a far capire a Obama che è proprio la strategia che va cambiata. Le notizie in arrivo sono allarmanti, dittature e governi autoritari in Sud America hanno annunciato che riconosceranno lo stato di Palestina in caso di autoproclamazione, mentre una nuova flottilla, composta questa volta da più navi, salperà tra non molto verso Gaza con la benedizione dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti italiani, nella cui sede romana verrà presentato il 13 dicembre il progetto dei promotori italiani. Che il luogo non sia quello approppriato è evidente, ma è il segnale della deriva che colpisce anche il nostro paese.
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