Fabio Scuto sostituisce Alberto Stabile, ufficialmente. E questa è una buona notizia. Auguriamo a Scuto di tenere duro, finora i suoi articoli da inviato sono stati, sostanzialmente, equilibrati, speriamo continuino ad esserlo.
E' curioso il destino dei corrispondenti italiani in Israele. Alcuni arrivano già con il pregiudizio appresso, e su quelli c'è poco da fare, quel che scriveranno rifletterà sempre quello che già hanno deciso di scrivere.
Altri, ce ne sono, cominciano bene, curiosi, attenti, diciamo pure equilibrati, poi qualcosa cambia, e diventano simili a un Salerno qualunque.
Auguriamo a Scuto di continuare così come ha iniziato.
Ecco il suo pezzo sull' incendio del monte Carmel, oggi, 05/12/2010, su REPUBBLICA, a pag.20, dal titolo " Israele, dramma sul monte Carmelo, in azione anche i pompieri palestinesi"
Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la pagina di Deborah Fait su IC di oggi, + la cartolina da Eurabia, di Ugo Volli.
Sul MANIFESTO e l'UNITA', nemmeno una riga, ci pare giusto, oltre a tutto avrebbero dovuto informare i loro lettori della gara di solidarietà con Israele da parte dei vicini palestinesi, non sia mai !
dal nostro corrispondente
gerusalemme - Il mostro si sta mangiando quel che resta delle foreste del Monte Carmelo, nel più grave disastro ambientale della storia di Israele. Il gigantesco incendio continua a divorare ettari ed ettari di bosco, ne sono andati in fumo oltre 4mila e 4 milioni di alberi sono stati ridotti in cenere, a dispetto dell´incessante lavoro dei vigili del fuoco e dei bombardieri ad acqua inviati da molti Paesi dopo l´appello internazionale lanciato dal governo israeliano. «E´ chiaro a questo punto la lotta contro il fuoco verrà decisa in cielo», ha detto ieri il primo ministro Benjamin Netanyahu ad Haifa, la terza città di Israele, lambita dalle fiamme. La battaglia contro il rogo andrà avanti ancora per giorni, forse una settimana. «In questo momento siamo ancora lontani dall´aver domato l´incendio», ha riconosciuto Shimon Romah, il capo del servizio antincendio dell´area.
I roghi hanno causato finora 41 morti, costretto allo sgombero di 17mila persone con l´evacuazione di interi villaggi, messo in stato d´emergenza la città industriale di Haifa, con le sue industrie petrolchimiche, le raffinerie, i depositi di gas. Le fiamme non sarebbero di origine dolosa ma sarebbero stato causate dalla negligenza di alcuni escursionisti, che avrebbero acceso un fuoco per un picnic. La polizia israeliana ieri sera ha arrestato due fratelli sedicenni sospettati di aver provocato il primo focolaio. Nessun peso viene invece dato ad una sedicente rivendicazione di Al Qaeda arrivata via web.
Per tutta la giornata ieri una dozzina aerei provenienti da - Grecia, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Russia, Turchia - volavano sulle pendici del Carmelo scaricando acqua e liquido ritardante. È entrato in azione anche un aereo gigante russo, l´Iiushin 77, capace di rovesciare 42mila litri d´acqua ad ogni passaggio. E dagli Stati Uniti ieri notte è arrivato un altro gigante dei cieli: un 747, già impiegato l´anno scorso negli incendi in California, capace di oltre 95mila litri di carico.
Netanyahu ha rinnovato gli appelli a leader del mondo intero, ma ha anche cercato di tamponare le accuse di negligenza al suo governo. Israele sulla carta conta su 7mila pompieri ma in realtà sono 1.500 con mezzi obsoleti e ha nessun per la lotta agli incendi. Quanto basta per scatenare la stampa che ha definito la situazione «degna del Terzo mondo», in un Paese che vanta sistemi ultratecnologici, satelliti e capacità militari invidiate ovunque.
Decisivo, a questo punto, appare l´aiuto dei Paesi stranieri. L´Italia - a cui sono stati chiesti aerei per combattere le fiamme - ha risposto inviando schiuma anti-incendio; Giordania, Bulgaria e Anp non disponendo di Canadair hanno inviato team di pompieri. Il loro arrivo ha originato un raro contatto telefonico tra il presidente dell´Anp Abu Mazen e Netanyahu, che ha ringraziato il palestinese per l´aiuto. I due leader non si parlavano da settembre, le relazioni dopo il mancato congelamento della costruzione degli insediamenti nei Territori occupati sono molto tese.
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