Mordechai Vanunu viene persino premiato per aver venduto segreti vitali per la sicurezza del proprio paese. Cronaca di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 03 dicembre 2010 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Vanunu, eroe dei diritti umani per aver venduto i leaks nucleari d’Israele»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 03/12/2010, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Vanunu, eroe dei diritti umani per aver venduto i leaks nucleari d’Israele".
Giulio Meotti Mordechai Vanunu
Roma. L’International League for Human Rights, una delle vecchie glorie del pacifismo europeo, ha assegnato a Mordechai Vanunu la medaglia che porta il nome di Carl von Ossietzky, il giornalista tedesco morto in carcere durante il regime nazista. Il ragionamento alla base del premio è semplice: così come Ossietzky pagò per i propri articoli sul riarmo tedesco da parte di Hitler, così Vanunu, svelando al mondo i segreti della bomba atomica israeliana, ha reso un onorevole servizio alla pace. L’affaire Vanunu è iniziato venticinque anni fa, a Londra, quando Vanunu, giovane tecnico del reattore nucleare israeliano di Dimona, vende (forse per denaro, certo per ideologia) i segreti del suo lavoro, insieme a sessanta preziosissime fotografie, al giornale Sunday Times. Vanunu mise in pericolo la sicurezza e la segretezza dell’unica democrazia del medio oriente sotto assedio prenucleare e militare. A differenza che nel resto del medio oriente, dove le spie vengono giustiziate in piazza e spesso in diretta tv, Vanunu si è fatto vent’anni durissimi di carcere, e oggi è un uomo libero a Gerusalemme. La sua salute mentale, secondo quanto si dice, avrebbe sofferto per l’isolamento. “Si tratta di un uomo molto cattivo, traditore dei suoi e di stesso, catalizzatore dell’odio contro Israele”, aveva detto il ministro della Giustizia israeliano Tommy Lapid. Le condizioni imposte all’epoca del rilascio di Vanunu, nel 2004, comportano la stretta interdizione di lasciare Israele. E’ facile ricordarsi Vanunu il 30 settembre 1986 a Roma, mentre mostra il palmo della mano su cui ha scritto in inglese: “Sono stato rapito”, e il servizio segreto d’Israele lo stava portando via dalla stanza di albergo dove era finito in compagnia di una bionda che lo aveva concupito e poi tradito, perché a sua volta lui aveva tradito il suo paese e rivelato al mondo il segreto delle testate nucleari nascoste sotto il deserto del Negev. Drogato, Vanunu fu trasportato nottetempo a La Spezia, e da lì imbarcato su un cargo che lo trasportò in Israele. Il suo palmo di mano si trasformò nel simbolo delle lotte “No nukes”, la versione anni Ottanta del pacifismo universale. Il 70 per cento degli israeliani non l’avrebbe mai fatto uscire di galera. Specie se avessero saputo che Vanunu sarebbe poi diventato una star dei diritti umani e riverito a Gerusalemme dai corrispondenti stranieri. Persino un pluri candidato per il Nobel della pace. A favore della consegna a Vanunu del premio Ossietzky si sono espressi molti premi Nobel, come lo scrittore Günther Grass, il chimico Harold Kroto e il fisico Jack Steinberger, che hanno paragonato il veto d’Israele sul viaggio di Vanunu in Germania all’interdizione dalla cerimonia del premio Nobel del polacco Lech Walesa e dello scrittore sovietico Boris Pasternak. A favore di Vanunu, che nel frattempo ha auspicato lo smantellamento d’Israele, si sono espresse anche un gruppo di donne vincitrici del premio Nobel per la pace. Sono guidate dall’irlandese Mairead Maguire, che non a caso ha paragonato l’atomica israeliana rivelata al mondo da Vanunu a una “camera a gas”. Maguire è stata premiata recentemente dal capo terrorista di Hamas, Ismail Haniyeh: nella targa in suo onore, Israele è cancellato dalla carta geografica. Nel comitato c’è anche la Nobel kenyota Wangari Maathai, nota per aver detto che l’Aids è un’arma inventata in laboratorio per sterminare i neri. E non poteva mancare l’iraniana Shirin Ebadi. Mordechai Vanunu è dunque l’unica spia al mondo che ha venduto per denaro segreti vitali per la sicurezza del proprio paese e che per questo viene insignorito con medaglie intitolate a leggendari resistenti antinazisti. Così va nell’industria dei diritti umani.
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